Dolce e chiara è la notte, e senza vento, E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti Posa la luna, e di lontan rivela Serena ogni montagna. O donna mia, Già tace ogni sentiero, e pei balconi Rara traluce la notturna lampa : Tu dormi, che t' accolse agevol sonno Nelle tue chete stanze; e non ti morde Cura nessuna; e già non sai nè pensi Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto. Tu dormi io questo ciel, che si benigno Appare in vista, a salutar m'affaccio, E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. Questo di fu solenne: or da' trastulli Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti Piacquero a te non io, non già ch'io speri; Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo Quanto a viver mi resti, e qui per terra Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
Odo non lunge il solitario canto
Dell' artigian, che riede a tarda notte, Dopo i solazzi, al suo povero ostello; E fieramente mi si stringe il core, A pensar come tutto al mondo passa, E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito Il di festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo Ogni umano accidente. Or dov'è il suono Di que' popoli antichi? or dov'è il grido De' nostri avi famosi, e il grande impero Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio Che n' andò per la terra e l'oceàno? Tutto è pace e silenzio, e tutto posa Il mondo, e più di lor non si ragiona. Nella mia prima età, quando s'aspetta Bramosamente il di festivo, or poscia Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia, Premea le piume; ed alla tarda notte Un canto che s'udia per li sentieri Lontanando morire a poco a poco, Già similmente mi stringeva il core.
O graziosa luna, io mi rammento Che, or volge l'anno, sovra questo colle Io venía pien d'angoscia a rimirarti: E tu pendevi allor su quella selva Siccome or fai; che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto Che mi sorgeva sul ciglio, alle mie luci Il tuo volto apparia, che travagliosa Era mia vita; ed è, nè cangia stile, O mia diletta luna. E pur mi giova La ricordanza, e il noverar l'etate Del mio dolore. Oh come grato occorre Nel tempo giovanil, quando ancor lungo La speme e breve ha la memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l'affanno duri!
Era il mattino, e tra le chiuse imposte Per lo balcone insinuava il sole
Nella mia cieca stanza il primo albore; Quando in sul tempo che più lieve il sonno E più soave le pupille adombra, Stettemi allato e riguardommi in viso
Il simulacro di colei che amore
Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto. Morta non mi parea, ma trista e quale Degl' infelici è la sembianza. Al capo Appressommi la destra, e sospirando, Vivi mi disse, e ricordanza alcuna Serbi di noi? Donde, risposi, e come Vieni, o cara beltà? Quanto, deh quanto Di te mi dolse e duol: nè mi credea Che risaper tu lo dovessi; e questo Facea più sconsolato il dolor mio. Ma sei tu per lasciarmi un'altra volta?
lo n' ho gran tema. Or dimmi, e che t'avvenne, Sei tu quella di prima? E che ti strugge Internamente? Oblivione ingombra
Disse colei. Son morta, e mi vedesti L'ultima volta, or son più lune. Immensa Doglia m'oppresse a queste voci il petto. Ella segui: nel fior degli anni estinta, Quand'è il viver più dolce, e pria che il core Certo si renda com'è tutta indarno L'umana speme. A desïar colei
Che d'ogni affanno il tragge; ha poco andare L'egro mortal; ma sconsolata arriva
La morte ai giovanetti, e duro è il fato Di quella speme che sotterra è spenta. Vano è saper quel che natura asconde Agl'inesperti della vita, e molto All' immatura sapïenza il cieco
Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara, Taci, taci, diss' io, che tu mi schianti Con questi detti il cor. Dunque sei morta, O mia diletta, ed io son vivo, ed era Pur fisso in ciel che quei sudori estremi Cotesta cara e tenerella salma
Provar dovesse, a me restasse intera Questa misera spoglia? Oh quante volte In ripensar che più non vivi, e mai Non avverrà che io ti ritrovi al mondo, Creder nol posso! Ahi ahi, che cosa è questa Che morte s'addimanda? Oggi per prova Intenderlo potessi, e il capo inerme Agli atroci del fato odii sottrarre ! Giovane son, ma si consuma e perde La giovanezza mia come vecchiezza; La qual pavento, e pur m'è lunge assai.
« ÖncekiDevam » |