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rissime penitenze andò domando le sue passioni giovanili, talchè in seguito libero da ogni impedimento interno potea recare ad effetto quel che a lui sembrava espresso voler di Dio, posponendo tutti i rispetti umani, che da ciò lo ritardassero. Ne' molti viaggi intrapresi per ordine dell' abbate ebbe bastevole occasione d'osservare i costumi degli uomini, e imparò l'arte di maneggiarne gli animi a suo piaci

mento.

Ritornato che fu in Italia, colla sua destrezza giunse a diriger l'elezione di cinque papi successivi, dal primo de' quali Leone IX. fu fatto cardinale arcidiacono (1054). Per ben venti anni fu poi l'anima di quanto facevasi a Roma, sicchè i pontefici per lo più non erano che semplici di lui stromenti. Quindi S. Pier Damiano, gran teologo di que' tempi ed oracolo del volgo, ma uomo assai semplice e ognor tremante amico d'Ildebrando, cui solea nominare il santo suo satanasso, che l'accarezzava con ischiaffi, e con unghie d'aquila lo solleticava, meritamente potè dire :

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Vivere vis Roma? clara depromito voce:

Plus domino Papa quam Domno parco Pape."

Se per tanto tempo Ildebrando tacitamente e col mezzo altrui andava preparando l'esecuzione delle vaste sue mire, all'occasion della morte di Alessandro II. avvenuta nel 1073, tutt' ad un tratto si vide collocato in luogo, dove in propria persona le potea condurre a fine, Imperocchè nelle colui esequie il popolo radunato nel duomo di S. Pietro improvvisamente si levò a romore gridando: »Ildebrando arcidiacono lo elegge papa S. Pietro.< Calmato alquanto il tumulto da Ildebrando, Ugo Candido e gli altri car

dinali, esercitando il diritto accordato loro da Nicolao II. (1059) per opera d'Ildebrando medesimo, procederono ad una elezione più regolare. Vestitolo dunque d'un ammanto di porpora, e postagli in capo lạ mitra, in mezzo alla chiesa lo collocarono sulla cattedra di S. Pietro. Lessesi dipoi una formola piena di magnifici elogi delle di lui virtù, la quale terminava con queste parole indirizzate al popolo: »Noi vogliamo ch' egli col nome di Gregorio sia papa, e come tale lo confermiamo. Vi piace ?« »Piace< fu la ri>Vogliamo.<<

sposta del popolo. Lo lodatc?

Lo volete?

>>Lodiamo.<<<

Mostrò egli esser tutto afflitto dal peso addossatogli, forse perchè già gli s' affacciava alla mente il pensiero della difficil gara, in cui stava per entrare, talchè, dicesi, spedì tosto i suoi nunzj in Germania onde pregare Arrigo IV. di non prestare assenso alla sua elezione, aggiugnendovi, che qualora non aderisse a tal richiesta, egli per certo non avrebbe lasciato impuniti i gravi di lui errori.

Arrigo però, benchè nudrisse de' sospetti contro il nuovo pontefice, non potè fare a meno di riconoscerlo come legittimo papa. Allora Gregorio senz' altro indugio si diede a palesare il fermo imperturbabil disegno di rendere il sacerdozio affatto indipendente da qualunque potestà secolare, inculcando a tutti la persuasione essere la chiesa di gran lunga superiore all' impero.

>>Il mondo, diss' egli nelle sue lettere, con le quali seppe far tanta impressione sovra gli animi, vien retto da due gran luminarj, cioè dal sole e dalla luna. Così pure il genere umano: rassomigliasi l'autorità

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apostolica al sole, l'imperiale alla luna. Or siccome questa riceve la luce da quello, similmente gl' imperatori, i re, i principi non sussistono che per mezzo del papa, giacchè questi è istituito da Dio medesimo, e conferisce a quelli l'essere loro. Tutti i regni debbon rimanere in possesso della propria libertà, nè essere sottoposti ad altri, fuorchè alla santa ed universal madre, la chiesa Romana, la quale tratta i suoi sudditi non come servi, ma come figli. Per autorità di Cristo tocca al successor di S. Pietro l'ammaestrare, l'ammonire, il punire, il giudicare i fedeli e il decidere ogni lite fra essi insorta. In virtù del sommo poter delle chiavi egli istituisce e depone i re; e qualunque sia la resistenza, che gli si opponga, ei debbe lottare con essa, perseverare e soffrire al par di Cristo, combattere e distruggere il male, stabilire la pace e l'ordine in mezzo a questo secolo di ferro, secolo pieno d'iniquità. Chiunque minaccia la chiesa e la perseguita, dev'essere rimosso dal di lei grembo e da ogni commercio umano. Conviene adunque che libera sia la chiesa, ed ella il sarà: imperocchè non mai sopra di noi verrà la minaccia del profeta, che dice Maladetto colui, che ritiene la sua spada dal sangue !<< *)

Con quale disprezzo poi Gregorio riguardasse ogni autorità secolare, si potrà inferire dal seguente squarcio d'una sua lettera diretta ad Ermanno, vescovo di Metz. >>Una dignità inventata da uomini mondani e privi della cognizion di Dio, non avrà forse ad esser so'toposta a quella dignità che la provvidenza di Dio onnipossente istituì in suo onore, a quella dignita

*) Geremia 48. 10.

che per misericordia egli stabilì nel mondo? Quanto non dispregiava l'uom- dio il regno temporale, spontaneamente accostandosi al sacerdozio della croce? Laddove chi ignora l'origine de' re e principi? I quali, lontani sempre da Dio, con orgoglio, rapine, perfidie, omicidj, in somma con tutte quasi le scelleraggini per cieca cupidigia, per intollerabil presunzione, e per istigazione del diavolo s'arrogarono il dominio degli uomini loro pari? Perciò, a chi meglio ponno esser paragonati sennon a colui che è capo di tutti i figli della superbia?« Ora per giungere al suo intento facea d'uopo, che ponesse fine alla simonia, ossia alle vendite e compre di dignità ecclesiastiche; all' investitura, che in segno di vassallaggio i principi coll'anello e col pastorale soleano dare a' prelati, mentre i secolari erano investiti colla spada, e colla bandiera; e finalmente al matrimonio de' sacerdoti, sin al- --lora tollerato anche ne' regni occidentali; tutti e tre mezzi efficacissimi *) per distaccar del tutto gl' interessi del clero da quelli de' laici.

Non si può già dire che Пldebrando con ciò abbia messo in campo delle idee nuove, poichè altro non fece che pronunziar con linguaggio più preciso ed autorevole quello che era stato il sistema de' suoi predecessori, dacchè aveano cominciato ad aspirare al supremo dominio della cristianità; ma egli debb' essere annoverato fra gli uomini veramente grandi per la incredibil fermezza con cui l'andò sostenendo, mentre lontano da ogni avarizia, fu severissimo a se

*) Vennero essi da S. Pier Damiano compresi in questi versi: „Ad hæc Simonis leprosam Exsecrate hæresim, Sacerdotum simul atque Scelus adulterii; Laicorum dominatus Cedat ab ecclesiis."

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stesso, nemico del lusso, e dello sfoggio, e si temperante, che di nissuna colpa in tai risguardi lo sapeano convincere i più accaniti suoi detrattori. Amico della franchezza, com' era, sdegnò egli sempre l'astuzia, i mezzi termiņi, e l'impostura, nè mai lordossi le mani di sangue innocente.

La prima prova della sua autorità Gregorio la diede alla Spagna, scrivendo ai grandi di quel regno allor non troppo possente: >>Senza dubbio voi saprete, che fin da' tempi antichi il regno di Spagna di ragione aspettasi a S. Pietro, e benchè gran parte ne sia occupata dagli infedeli, il diritto del possesso non è perciò abolito, anzi a tenor delle leggi esso non appartiene a niun mortale, ma alla sede Apostolica soltanto.<<

Questo parlare imperibso talmente impose agli Spagnuoli, che almeno non osarono dire di no. Similmente in varie epoche Gregorio necessitò Ferdinando I. di Castiglia (1055) a rinunziare al titolo d'imperadore di Spagna, non potendo, diceva, esservi che un imperador solo; s'arrogò il dominio delle isole di Sardegna e di Corsica, istituì un re di Dalmazia, depose quel di Polonia, e quando il duca di Boemia gli chiese la licenza di potere come per lo innanzi s'era fatto, celebrare in lingua volgare il divino uffizio, ei gli rispose: »Non posso in niun modo accordare la tua petizione, imperocchè convinto mi sono, non senza cagione essere piaciuto all' onnipossente, che in alcuni luoghi resti occulta la sacra scrittura, affinchè non si disprezzi per sembrare troppo chiara, oppure essendo mal intesa, non induca in errore gl'intelletti mediocri. Così in diversi modi, ma tutti autorevoli

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