SONETTO XIL MAi Ai non fu' in parte ove si chiar vedessi Nè già mai vidi valle aver sì spessi L'acque patlan d'amore e l'óra e i rami, Ma tu ben nata, che dal ciel mi chiami SONETTO XIII. Quante Uante fiate al mio dolce ricetto Fuggendo altrui, e, s'esser può, me stesso, Vo con gli occhi bagnando l'erba e'l petto; Rompendo co' sospir l'aere da presso: Quante fiate sol pien di sospetto Per luoghi ombrosi e foschi mi son messo Cercando col pensier l'alto diletto Che morte ha tolto; ond' io la chiamo spesso: Or in forma di Ninfa o d'altra Diva, Or l'ho veduta su per l'erba fresca Mostrando in vista che di me le 'ncresca. SONET TO XIV. Alma Lma felice, che sovente torni A consolar le mie notti dolenti Con gli occhj tuoi, che morte non ha spenti, Ma sovral mortal modo fatti adorni; Quanto gradisco ch' i miei tristi giorni Là've cantando andai di te molt' anni, Sol un riposo trovo in molti affanni; SONET TO XV. Discolorate Iscolorato hai, morte, il più bel volto Che mai si vide; ei più begli occhj spenti, Spirto più acceso di virtuti ardenti Del più leggiadro e più bel nodo hai sciolto. In un momento ogni mio ben m' hai tolto: Ben torna a consolar tanto dolore Madonna, ove pietà la riconduce; E se com ella parla e come luce Non dirò d'uom, un cor di tigre o d'osso. SONET TO XVI. St breve è 'l tenipo, e 'l pensier sì veloce Che mi rendon madonna così morta; Amor che m'ha legato e tiemmi in croce; Come donna in suo albergo altera viene L'alma che tanta luce non sostiene, |