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I Dì miei più leggier che nessun cervo

Fuggir com ombras e non vider più bene, Ch'un batter d'occhio e poche ore, serene, Ch' amare e dolci ne la mente servo.

douts O Misero mondo instabile e protervo, V Del tutto è cieco chi'n te pon sua spene: Che'n te mi fu'l cor tolto; ed or sel tiene Tal ch'è già terra, e non giunge osso a nervo.

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l'alto, cielo coqi&

Ma la forma miglior che vive ancorach
E vivrà
sempre su ne
Di sue bellezze ognor più m'innamora.

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E vo sol in pensar cangiando. 1, pelo

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Qual' ella è oggi e in qual parte dimora; Qual a vedere il suo leggiadro velo.

SONETTO LIL

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SEnto l'aura

mia antica; i, dolci colli Veggio apparir onde 'l bel lume nacque Che tenne gli occhi miei, mentr' al ciel piacque, Bramosi e Heti; or of gli tien tristi e molli.

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O caduche speranze o pensier folli!

Vedove l'erbe e torbide son P acque;
E voto e freddo 'l nido in ch' ella giacque,
Nel qual io vivo e morto giacer volli,

3

Sperando al fin da le soavi piante,

E da' begli occhi suoi chel cor m ann" arse,
Riposo alcun de le fatiche tante.

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Ho servito a signor crudele e scarso:
Ch' arstu
quanto mio foco ebbi davante;
Orvo piangendo il suo cenere sparso.

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SONETTO LIII.

Ε

Questo 'l nido in che la mia Fenice
Mise l'aurate e le purpuree penné ;
Che sotto le sue ali il mio cor tenne;
E parole e sospiri anco ne elice?

O del dole mio mal prima radice,

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Ov'è'l bel viso onde quel lume venne
Che vivo e lieto ardendo mi mantenne?
Sola eri in sterta, or se'nel ciel felice;

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Veggendo a' colli oscura notte intornointe
Onde prendesti al ciel l'ultimo volo, -`
E dove gli occhj tuoi solean far giorno

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SONET TO LIV.

MAi. non vedranno le mie luci asciutte

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Con le parti de, l' animo tranquille
Quelle note ov' amor par che sfaville,
E pietà di sua man l'abbia costrutte;

Spirto già invitto à le terrene lutte,
Ch'or su dal ciel tanta dolcezza stille
Ch' a lo stil onde morte dipartille,
Le disviate rime hai ricondutte;

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Di mie tenere frondi altro lavoroots.
Credea mostrarte: e qual fero pianeta
Ne'nvidio insieme?o mio nobil tesoro,

Ch' innanzi tempo mi t'asconde e vierasy Che col conveggio, e con la lingua›onoro ? En te dolce sospir, alma s'acqueta.

Queste sei visioni al Signor mio

An fatto

un dolce di morir desio.

CANZONE III.

STandomi

Tandomi un giorno solo a la finestra,

Onde cose vedea tante e sì nove,

Ch' era sol di mirar quasi già stanco;

Una fera m'apparve da man destra
Con fronte umana da far arder Giove,
Cacciata da duo veltri, un nero, un bianco;
Che l'uno e l'altro fianco

De la fera gentil mordean sì forte,

Ch' in poco tempo la menaro al passo

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