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INTORNO ALLA FORMA DEL GLOBO TERRACQUEO,
ED AL LUOGO RESPETTIVAMENTE OCCUPATO

DALL' ACQUA E DALLA TERRA,

QUISTIONE

TRATTATA IN VERONA

DA

DANTE ALLIGHIERI

IL DÌ 20 GENNAJO MCCCXX.

PROEM I 0.

Outre a ciò ch' io esposi nella Prefazione (§. XXII) riguardo a quest' opuscolo del nostro Autore, credo conveniente di soggiunger qui, siccome luogo più opportuno, alcune particolarità, la cui conoscenza non giungerà forse sgradita ai lettori. E prima di tutte sia il farli consapevoli, che quanto nel rarissimo libretto della primitiva stampa veneta (1508) è compreso che a Dante concerne, tutto si è trasfuso in questa novella impressione, non essendosi omessi che alcuni accessorii affatto estranei, dai quali nessuna notizia o schiarimento ritraesi utile all'oggetto della trattazione. Di fatti la non breve dedicatoria del primo editore P. Moncetti al Cardinale Ippolito I d'Este contenendo nella massima parte una serie di adulazioni cortigianesche, avvisai ben fatto conservare di essa unicamente quel passo verso il fine, in cui è discorso di Dante e della di lui Dissertazione, ed un tetrastico in sua lode che a quella lettera precede. E così pur feci dell' altra dal P. Gavardi d' Asola al Moncetti diretta, in cui l' affetto e la riconoscenza del discepolo si diffonde in parole d' encomio al precettore; ristringendomi per ciò a serbar quello soltanto che al nostro scopo importava, tralasciata ogni episodica circostanza; come sarebbe stala superflua la riproduzione dei versi latini, in cui tanto l'uno che l'altro a vicenda cantarono in ossequio al Cardinale, e di quelli singolarmente che il Gavardo intitolò al suo maestro, ad alcuni principi, fra i quali la famosa Lucrezia Borgia, e ad altri ragguardevoli personaggi di quella età, senza che siavi, non che nominato, nè manco un' allusione all' Autore del libro. Nondimeno, volendo appagare la giusta curiosità dei bibliofili intorno ad un cimelio tipografico, di cui rimase finora incerta e da taluni venne perfino negata l'esistenza, riguardatolo come una impostura *), ho pensato di porgerne una mi

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si è il Foscolo citato in nota al Secolo di D. (edizione compendiata di Firenze 1832 vol. 2.o, pag. 308), e nel suo Discorso sul testo della Com. (Londra 1842, vol. I, pag. 130); ma non adducendo ragioni, e dicendolo impostura indegna d' esame. Sicchè gli oppositori non pronunziati sarebbero due, ed uno solo deciso, a fronte dei tanti altri letterati illustri che l' ammettono senza ombra di esitanza. Vedi nota III) in seguito alla mia Prefazione.

nuta descrizione, che si vedrà qui appresso col titolo Bibliografia ecc. ( pag. 166-7), premessavi una erudita Notizia, che il già ricordato Dottore dell' Ambrosiana Ab. Mazzuchelli scrisse di sua mano in fine del forse unico esemplare che finora si conosca, almeno in Italia, della edizione principe, posseduto, come si disse, dall' egr. marchese Trivulzio. A questa per altro volli che precedesse la dedicatoria, con che il secondo editore napoletano Francesco Storella presentò la sua ristampa (1576) al dotto Tarquinio Malignano. E siccome nella detta impressione, calcata in tutto sul modello della veneziana in quanto al testo, giacchè ivi pure venne esclusa assolutamente ogni altra cosa, furono aggiunte alcune postille marginali, che servono a guidare l'attenzione del leggente; così non mancai di profittarne, riproducendole al luogo loro; oltrechè m'ha essa giovato a rettificare in più luoghi la lezione della prima, e quindi anche il volgarizzamento di cui parlerò più sotto, fatto su quella.

Giovi ora dire alcunchè della traduzione contrapposta all' originale. A chi conosce qualche poco lo stile e le frasi usate dall' Allighieri nelle altre sue opere latine, e lo avrà particolarmente osservato con qualche attenzione nelle precedenti Epistole, si sarà accorto con quante difficoltà abbian dovuto i diversi volgarizzatori combattere per vincerle, e renderne il senso del testo, costringendo egli in certa guisa la lingua ad esprimere in modo caratteristico affatto suo le proprie idee; oltrechè le scolastiche forme, al suo tempo in uso, sono in tutto avverse ad ogni maniera di eleganza, massime in una materia cotanto arida per sua natura. E nondimeno tanta è la destrezza, la lucidità, la forza con che questo scientifico argomento è discusso, che nella sua stessa matematica trattazione trascina l'animo ad ammirare gl' ingegnosi trovati, con cui l' Autore s'incammina alle propostesi dimostrazioni. Io dunque m' era posto e già avviato alquanto nell'opera del tradurre, quando il mio buon amico Prof. Longhena, dal quale, come già accennai nelle note alla Prefazione, riconosco principalmente tanta letteraria dovizia, mi fu cortese dell' inaspettato dono d'una sua versione del trattatello in discorso; la quale venne molto in acconcio a sollevarmi d' una briga, che se non del tutto ingrata, toglievami però alle cure che di continuo mi richiamano ad applicare sopra una od altra delle opere destinate a far parte della intrapresa edizioE tengo per fermo, che non meno di me vorrà essergli riconoscente il pubblico per siffatto lavoro, nel quale riportandosi l'espressione sincera del testo di non troppo gradevole lettura, può a molti renderne men necessario il riscontro, onde seguire il filo de' pensieri e dei ragionamenti pei quali procedesi alla soluzione dell' assunto problema ed al termine della disputa. Lasciando pertanto ai dotti di professione il giudicare se abbia l'Autore raggiunto lo scopo suo, e raffermate le teorie scientifiche qua e là da lui enunciate nel corso del maraviglioso Poema, l' emporio di tutte le cognizioni che le precedenti età avean tramandate alla sua; passerò a dare il titolo originale come sta in fronte alla prima stampa della Dissertazione, la quale sussegue fedelmente riprodotta; tranne che si corressero alcuni evidenti errori tipografici, e sì l'ortografia che la punteggiatura fu rettificata come si conveniva, esscndosi anche poste per esteso le non scarse parole ivi abbreviate secondo l'uso frequente delle stampe e dei MSS. al principio del XVI secolo. Aggiungerò inoltre, che la divisione in paragrafi, mancante nell'originale che va tutto di séguito, fu da me adottata a comodo di chi legge, suggeritami appunto dalle surriferite postille marginali dell' impressione napoletana, le quali posi a modo di rubriche, ove si richiedeva; e che alcune poche parole in corsivo credei bene di sostituire a quelle che parvermi sbagliate nella stampa del che mi feci debito di dare le necessarie giustificazioni in apposite nole.

ne.

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ALESSANDRO TORRI.

QUAESTIO

FLORULENTA AC PERUTILIS

DE DUOBUS ELEMENTIS
AQUAE ET TERRAE TRACTANS
NUPER REPERTA,

QUAE OLIM MANTUAE AUSPICATA
VERONAE VERO DISPUTATA ET DECISA,
AC MANU PROPRIA SCRIPTA

A DANTE FLORENTINO POETA CLARISSIMO,

QUAE DILIGENTER ET ACCURATE CORRECTA FUIT
PER REVERENDUM MAGISTRUM

JOANNEM BENEDICTUM MONCETTUM
DE CASTILIONE ARRETINO

REGENTEM PATAVINUM,

ORDINIS EREMITARUM DIVI AUGUSTINI

SACRAEQUE THEOLOGIAE

DOCTOREM EXCELLENTISSIMUM.

Dante, Dissertazione.

24

TETRA STICHOS

EJUSDEM MAG. JOAN. BENEDICTI
AD DANTEM

Naturam, Logicam cognovit, Jura, Tonantem,

Sydereos cursus, Pieridesque Deas.

Currite, Phoebeae matres, per littora nostra Italice doctae: Dicit Apollo Deus.

Ex Epistolá nuncupatoriá ad Cardinalem Hyppolitum Estensem Magistri Joan. Benedicti de Castil. Arret.

Quamobren

uamobrem hanc quaestionem penè divinam a Dante Florentino, Poetâ clarissimo, olim decisam, disputatam et manu propriâ exaratam, Celsitudini tuae dedicavi: in quâ duo elementa Aquae et Terrae describit, qualemcumque eminentiorem locum contineant. Qua de re mihi visum fuit, ne tam erudita, perutilis ac famigerata quaestio periret; conatus sum ut in lucem prodeat, et ne ipsius Dantis ingenium, ac speculatio a) astronomicae artis delitescat. Igitur agnoscere poteris benevolentiam, amicitiam, quam erga Celsitudinem tuam, Sororemque tuam illustrissimam habeo. Haec quaestio quippe Mantuae fuit auspicata, quam magis deamo quàm patriam meam. Ideo tuam Celsitudinem quaeso, quòd serenâ facie mellifluoque eloquio eam perlegere velit; quoniam tempore proximo majora etiam opera tuae Dominationi dedicabo, cui plurimùm cliens tuus se b) commendat. Vale ».

a) Impr. speculationem, contra sintaxim. * b) Pronomen se addidimus. *

Ex epistolá fratris Hieronymi Gavardi de Asuld ordinis Eremitarum Ad Rev. Magist. Joan. Benedictum de Castilione etc.

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Est

famigerata Platonis sententia, mi reverende ac perhumane Praeceptor, omnia quae in terris gignuntur, ad usum hominum omnia creari. Homines autem hominum causâ esse generatos, ut inter se aliis alii prodesse possint. Platonem divinum es aemulatus, qui posteris praeclara monumenta reliquit. Animae eorum sunt felices, quae ingenio astronomicam disciplinam pernoscere voluerunt. Profectò ipse Dantes philosophantium omnium lumen corruscans, rerum causas, polorum motus, Phoebi cursum, Lunae circulationes, Tauri, Arietis physin mente philosophicâ indagari voluit.... Dautes illecebras hujus orbis lutulenti aufugit, quae saepenumero animos gliricos faciunt. Non fuit philosomatos, ut non ulli ventricolae Minervam flocifacientes: nec philocrimatos, ut plerique in hoc saeculo sunt, qui illam monedulam avem imitantur; sed potiùs philotimos appellandus est. Hic posteritati famam inextinctam dedit. Florentiam, illam civitatem philosophicis artibus refertam, rerumque omnium uberrimam, irradiavit. Alagheriam familiam immortalem reddidit. Jam multae olympiades praeteriêre, quòd haec quaestio florulenta in scriniis quiescebat. Mediusfidius, mi Praeceptor candidissime, hoc opusculum penè divinum.... Dantis Poetae Florentini plurimis locis adulterinum, lucubrationibus minervâ tuâ laevigatum effecisti, ut in lucem exiliret. O floridum, doctiferum opusculum! Philomusii, Dialectici, Geometrae, Physici, Astronomi, denique omnes philosophantes ineffabilem doctrinam decerpent; proptereà quòd, mi clementissime Praeceptor, te quaeso et exhortor, ut in lucem prodire facias, ne sis jactura hujus opusculi tam praeclari ». etc.

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