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esser venuti, la morte aspettassero, non d'aiutare i futuri frutti delle bestie, e delle terre, e delle loro passate fatiche, ma di consumare quegli, che si trovavano presenti, si sforzavano con ogni. ingegno. Perchè addivenne i buoi, gli asini, le pecore, le capre, i porci, i polli, ed i cani medesimi fedelissimi agli uomini, fuori delle propie case cacciati, per li campi, dove ancora le biade abbandonate erano sanza essere non che raccolte, ma pur segate, come meglio piaceva loro se n' andavano. E molti quasi come razionali, poichè pasciuti erano bene il giorno, la notte alle lor case, senza alcuno correggimento di pastore, si tornavano satolli. Che più si può dire, lasciando stare il contado, ed alla città ritornando, se non che tanta, e tal fu la crudeltà del cielo, e forse in parte quella degli uomini, che infra 'l Marzo, ed il prossimo Luglio vegnente, tra per la forza della pestifera infermità, e per l'esser molti infermi mal serviti, o abbandonati ne' lor bisogni per la paura ch' avevano i sani, oltre a cento milia creature umane, si crede per certo, dentro alle mura della città di Firenze essere stati di vita tolti, che forse anzi l'accidente mortifero non si saria estimato tanti avervene dentro avuti? Oh quanti gran palagi, quante belle case, quanti nobili abituri, per addietro di famiglie pieni, di Signori, e di Donne, infino al menomo fante rimaser vuoti! O quante memorabili schiatte, quante amplissime eredità, quante famose ricchezze si videro senza suc

cessor debito rimanere! Quanti valorosi uomini, quante belle donne, quanti leggiadri giovani, li quali non che altri, ma Galieno, Ippocrate, o Esculapio avrieno giudicati sanissimi, la mattina desinarono co' loro parenti, compagni, ed amici, che poi la sera vegnente appresso nell' altro mondo cenarono colli loro passati!

Dell' origine della Città di Firenze, tratto dalla Cronica di GIOVANNI VILLANI di Firenze. La sua storia è scritta con molta semplicità. Fu mercante di professione, e morì nel 1348. Matteo suo figlio, e Filippo suo nipote furono parimente storici, e si continovano nei tempi, dando molte belle notizie del secolo in cui vissero.

DISTRUTTA la città di Fiesole (per aver ricettato e protetto Catilina) Cesare con sua oste discese al piano presso alla riva del fiume Arno. Là dove Fiorino (Pretore) fu morto dai Fiesolani, e in quello luogo, fece cominciare a edificare una città, acciocchè mai Fiesole non si rifacesse; e rimanendo i cavalieri latini, i quali seco avea, arricchiti delle ricchezze de' Fiesolani, i quali Latini Tuderini erano appellati. Cesare adunque compreso lo edificio della città, e messevi dentro due ville dette Camarti, e Villa Arnina, voleva quella per suo nome appellare Cesaria; il Senato, sentendolo, non sofferse che Cesare per lo suo nome la nominasse, ma feciono decreto, e ordinarono, che quegli maggiori signori ch' erano stati alla guerra di Fiesole, e allo assedio, dovessero andare a fare edificare con Cesare insieme, e popolare la detta città, e qualunche di loro soprastesse a lavorio, cioè facesse più tosto il suo

edificio, appellasse la città di suo nome, o come a lui piacesse. Allora Macrino, Albino, Gneo Pompeo, Marzio apparecchiati di fornimenti e di maestri vennero da Roma alla città che Cesare edificava, e insieme con Cesare lo edificio incominciarono in questo modo: che Albino prese a smaltare tutta la città, che fu un nobile lavoro, e bellezza, e nettezza della città; ed ancora oggi del detto smalto si trova cavando, massimamente nel Sesto di San Piero Scheraggio, e in porta San Piero, e in Porta del Duomo, ove mostra che fosse l'antica città. Macrino fece fare il condotto delle acque in Arcora facendole venire da lungi alla città per sette miglia, acciocchè la città avesse abbondanza di buona acqua da bere, e per lavare la città; e questo condotto si mosse infino dal fiume detto la Marina a piè di Monte Morello, raccogliendo in se tutte quelle fontane sopra Sesto, Quinto, e Colonnata. Ed in Firenze facieno capo le dette fontane ad un gran palagio' che si chiamava termine caput aquae, ma poi in nostro volgare si chiamò capaccio, che ancora oggi in termine si vede l'anticaglia. E nota, che per gli antichi, per sanità usavano di bere acque di fontane menate per condotti, e perchè erano più sottili e più sane che quelle de' pozzi, perocchè pochi, anzi pochissimi beveano vino, anzi acqua beveano di fontane per sanità, menate per condotti; e pochissime vigne erano ancora. Gneo Pompeo fece fare le mura della città di mattoni cotti, e sopra le mura della città edificò torri ritonde, molto spesse, per

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ispazio da una torre all' altra di venti cubiti, sicchè le torri erano di gran bellezza e fortezza: e del compreso e giro della città quanto fosse non troviamo cronica che ne faccia menzione; se non che quando Totile flagellum Dei la distrusse fanno le istorie menzione ch'era grandissima. Marzio l' altro signore Romano fece fare il Campidoglio al modo di Roma, cioè palagio, ovvero la mastra fortezza della città, e quello fu di maravigliosa bellezza; nel quale acqua del fiume d' Arno per gora e concavata fogna venia, e sotto volte, e in Arno sotto terra si ritrovava; e la città per ciascuna festa dallo sgorgamento di essa era lavata. Questo Campidoglio fu dove è oggi la piazza di mercato vecchio, di sotto alla chiesa che si chiama ora santa Maria in Campidoglio; e questo pare più certo. Alcuni dicono che fu dove oggi si chiama il Guardingo, di costa alla piazza del palazzo del popolo, e de' Priori, la quale era un' altra fortezza. Guardingo fu poi nomata l'anticaglia de' muri e volte che rimasero disfatte dopo la destruzione di Totile; e poi vi stavano le meretrici. I detti signori l' uno per avanzare lo edificio dell' altro con molta sollicitudine si studiavano, ma in un medesimo tempo fu compito; sicchè nessuno di loro ebbe acquistata la grazia di nominare la città per lo suo nome a volontà. Onde fu al cominciamento chiamata la picciola Roma: altri l' appellavano Floria, perchè Fiorino fu quivi morto, che fu il primo edificatore di quel luogo; e fu opera d'arme e di cavalleria fiore; ed in quel

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