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luogo e campi d' intorno ove fu la città edificata, sempre nascono fiori e gigli. Poi la maggior parte degli abitanti furono consenzienti di chiamarla Floria, siccome fosse in fiori edificata, cioè con molte delizie; e di certo così fu, perocchè ella fu popolata della miglior gente di Roma, e di più sufficienti, mandate per li senatori di ciascun rione di Roma per rata, come toccò per sorte che l' abitassero; ed accolsero con loro que' Fiesolani che vi voľlero abitare; ma poi per lo lungo uso del volgare fu nominata Fiorenza, cioè s' interpreta spada; e troviamo ch' ella fu edificata anni 682. dopo 1' edificazione di Roma, ed anni 70. anzi la natività del nostro Signore Gesù Cristo. nota, perchè i Fiorentini sono sempre in guerra. e divisione tra loro, che non è da maravigliare, essendo stratti e nati di due popoli così ora contrari e nimici, e diversi di costumi, come furono i nobili Romani vertudiosi, e i Fiesolani crudi ed aspri in guerra.

E

POETI.

A FRANCESCO PETRARCA,

Di FRANCO SACCHETTI. V. p. I.

SONETTO.

SECCHE eran l' erbe, gli arboscelli, e i fiori,

E sparsi i dolci frutti di Parnaso,

E d' Elicona era rotto ogni vaso,
Che dava l'acqua a chi bramava onori.

E morti i Fiorentin coltivatori,

Sul monte alcun non era più rimaso,
Se non che soccorrendo a questo caso
Veniste a rinnuovar le piagge fuori.

E là mostraste chi con virtù visse,

Acciocchè ciaschedun nobil ingegno
Se vuol salir segua chi meglio scrisse,

Sotto quel lauro antico verde e degno;
Che come vide voi par che fiorisse
Per farvi delle frondi adorno segno,

LA SCONFITTA DELLE AMAZZONI.

Tratto dal Poema intitolato La Teseide di GIOVANNI BOCCACCIO (v. p. 71.) il quale perfezionò l' Ottava Rima, scivendo il Poema suddetto.

L'Autore parla di Teseo, che nella battaglia colle Amazzioni era dapprima stato co' suoi Greci.

E Detto questo, sotto l' arma chiuso

Tirar fe la sua nave inver lo lito,
E senza scala por ne saltò giuso,
Nè si curò perchè e' fosse ferito
Da molte parti; sì come molto usó
Di tal mestier più si mostrava ardito
Di sopra riparandosi e d' intorno,
E fuor dell' acque uscì senza soggiorno.
Non altrimenti gettansi nel mare

Li marina', che il legno lor già rotto
Per la fortuna sentano affondare;
Chi più può senza fare agli altri motto,
Briga nuotando di voler campare;
Che i Greci si gittar tutti di botto
Dietro a Teseo nell' acqua lui veggendo,
Nè ben, nè male al suo dir rispondendo.
E sì gli avea vergogna speronati

Per le parole dette da Teseo,

Ch' elli eran tutti arditi diventati ;

Perchè ciascun com' più tosto poteo,

E così come tutti eran bagnati, E tal ferito, al duca suo si feo Vicino, e fero in sul lito una schiera Subitamente assai possente e fiera. Fatta la schiera tal quale poteano Nel marin lito, ov' essi eran discesi, Però che bene i lochi non sapeano, Nè seco avean tutti i loro arnesi, A lor poter le donne sosteneano Con gli animi di gran vigore accesi Disposti a far gran cose in poco d' ora Purchè le Donne faccian lì dimora. Le Donne in su cavalli forti e snelli Givano armate in abiti dispari Correndo quanto volano gli uccelli, Facendo spesso li lor colpi amari Sentire a' Greci, che ne' campi belli Eran discesi a piè non era guari, Or qua or là correndo e ritornando, E spesso e rado i Greci molestando. Pugnavan sì alla morte di costoro, Poichè potuto non avean la scesa Con le lor forze vietare a coloro, Li qua' sentendo ognor crescer l'offesa Chieser di poter gir senza dimoro Al Duca lor contra esse in lor difesa, E poi a piè dentro alle Donne entraro, Ed a combatter fieri incominciaro.

E ferivano quelle arditamente,

Come color che ben lo sapean fare,
Ed alli colpi lor volea niente
Di quelle Donne il saggio riparare,

E se non fosse, ch' era poca gente,
A rispetto di lor moltiplicare,
Tosto dal pian l' arebbono cacciate,
O morte tutte, oppur prese e legate.
Ma 'l numero di lor ch' era infinito
Ognora la battaglia rinfrescava,
Questo contra Teseo fiero ed ardito
Il campo lungamente sostentava
Esso senza riposo ed ispedito
Ferendo or qua or là correndo andava,
Ed ammirar di se ciascun faceva
Che in quello stormo lui mirar poteva.
Non altrimente infra le pecorelle

Si ficca il lupo per digiun rabbioso
Col morso strangolando or queste or quelle
Finchè ha saziato il suo disio goloso,
Che Teseo facea fra le Donzelle
A piè con la sua spada furioso,
Coperto dello scudo ognor ferendo,
Or questa or quella misera uccidendo.
Or così Teseo fieramente andando

Co' suoi compagni fralle Donne ardite
Molte ne gìa per terra scavalcando,
E morte quelle, e quelle altre ferite
Lasciando per lo campo; indi montando
Sopra cava', che a redine sbandite,
Le lor Donne lasciate, discorreano
Così or qua or là come poteano.
E già molti di loro eran montati
Per tal procaccio sopra i buon destrieri,
E tutti in ciò di se riconfortati

Contro color serian volentieri,

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