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Quant' invidia a quell' anime che 'n sorte
Hann' or sua santa e dolce compagnia;
La qual io cercai sempre con tal brama!
Quanta a la dispietata e dura morte;

Ch' avendo spento in lei la vita mia,
Stassi ne' suoi begli occhi, e me non chiama!

IL LUOGO.

SONETTO.

VALLE che de' lamenti miei se' piena;
Fiume che spesso del mio pianger cresci;
Fere silvestri, vaghi augelli e pesci
Che l'una e l' altra verde riva affrena;
Aria de' miei sospir calda e serena;
Dolce sentier, che sì amaro riesci;
Colle, che mi piacesti or mi rincresci,
Ov' ancor per usanza Amor mi mena;
Ben riconosco in voi l' usate forme,
Non, lasso! in me; chè da sì lieta vita
Son fatto albergo d' infinita doglia.
Quinci vedea 'l mio bene; e per quest' orme
Torno a veder ond' al ciel nuda è gita,
Lasciando in terra la sua bella spoglia.

VISIONE.

SONETTO.

LEVOMMI il mio pensiero in parte ov' era Quella ch' io cerco e non ritrovo in terra: Ivi fra lor che 'l terzo cerchio serra

La rividi più bella e meno altera.

Per man mi prese, e disse: in questa spera
Sarai ancor meco se 'l desir non erra:
I' son colei che ti diè tanta guerra,
E compie' mia giornata innanzi sera.
Mio ben non cape in intelletto umano:

Te solo aspetto; e quel che tanto amasti,
E là giuso è rimaso, il mio bel velo.
Deh, perchè tacque ed allargò la mano?
Ch' al suon de' detti sì pietosi e casti
Poco mancò ch' io non rimasi in cielo.

ALLO SPIRITO DI M. LAURA.

SONETTO.

ANIMA bella, da quel nodo sciolta

Che più bel mai non seppe ordir natura, Pon dal ciel mente a la mia vita oscura Da sì lieti pensieri a pianger volta. La falsa opiníon dal cor s' è tolta, Che mi fece alcun tempo acerba e dura Tua dolce vista: omai tutta secura Volgi a me gli occhi e miei sospiri ascolta.

Mira 'l gran sasso donde Sorga nasce,

E vedra'vi un che sol tra l' erbe e l' acque Di tua memoria e di dolor si pasce. Ove giace 'I tuo albergo e dove nacque Il nostro amor, vo' ch'abbandoni e lasce, Per non veder ne' tuoi quel ch'a te spiace.

IL ROSIGNUOLO.

SONETTO.

QUEL rosignuol che sì soave piagne
Forse suoi figli o sua cara consorte,
Di dolcezza empie il cielo e le campagne
Con tante note sì pietose e scorte:
E tutta notte par che m' accompagne,
E mi rammenti la mia dura sorte,

Ch' altri che me non ho di cui mi lagne;
Che 'n Dee non credev' io regnasse Morte.
Oh che lieve è ingannar chi s'assecura!
Que' duo bei lumi assai più che 'l sol chiari
Chi pensò mai veder far terra oscura!
Or conosco io che mia fera ventura
Vuol che vivendo e lagrimando impari,
Come nulla qua giù diletta e dura.

LA MORTE DI LAURA.

SONETTO.

GLI angeli eletti, e l' anime beate
Cittadine del cielo, il primo giorno
Che madonna passò, le fur intorno
Piene di meraviglia e di pietate.
Che luce è questa, e qual nova beltate?
Dicean tra lor; perch' abito sì adorno
Dal mondo errante a quest' alto soggiorno
Non salì mai in tutta questa etate.
Ella contenta aver cangiato albergo
Si paragona pur coi più perfetti;

E parte ad or ad or si volge a tergo,
Mirando s' io la seguo, e par ch' aspetti:

Ond' io voglie e pensier tutti al ciel ergo; Perch' io l' odo pregar pur ch' i' m' affretti.

IL PENTIMENTO.

SONETTO.

I VO' piangendo i miei passati tempi,
I quai posi in amar cosa mortale
Senza levarmi a volo, avend' io l'ale,
Per dar forse di me non bassi esempi.
Tu, che vedi i miei mali indegni ed empi,
Re del cielo invisibile immortale,
Soccorri a l'alma disviata e frale,

E'l suo difetto di tua grazia adempi.

Sì che s' io vissi in guerra ed in tempesta,
Mora in pace ed in porto; e se la stanza
Fu vana, almen sia la partita onesta.
A quel poco di viver che m' avanza,

Ed al morir degni esser tua man presta:
Tu sai ben che 'n altrui non ho speranza,

AD UN AUGELLETTO.

SONETTO.

VAGO augelletto che cantando vai,
Ovver piangendo il tuo tempo passato,
Vedendoti la notte e 'l verno a lato,
E'l dì dopo le spalle e i mesi gai;
Se come i tuoi gravosi affanni sai,
Così sapessi il mio simile stato;
Verresti in grembo a questo sconsolato
A partir seco i dolorosi guai.

I' non so se le parti sarian pari;

Chè quella cui tu piangi è forse in vita,

Di che a me morte, e 'l ciel son tanto avari:

Ma la stagione e l' ora men gradita,

Col membrar de' dolci anni e de gli amari, A parlar teco con pietà m' invita.

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