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D' ogni eloquenza

come fama sona;

E ben veduto ciò che il Mondo dona E quanto è corto e stretto il nostro ponte, Fermando all' occidente l'orizzonte, Fuggito avete laurea corona :

E per veder più su che' sette Cieli Compreso di ciascun, che scrisse il vero Avete preso Certosana vesta ;

La mente contemplando al sommo impero, Acciocchè gloria da voi non si celi : Così virtù nel fin vi manifesta .

XXVI.

A GIAN COLONNA,

Ferma Colonna, di virtù sostegno,
Io mi vergogno d'esser tanto stato
Ch' al vostro addomandar non abbia dato
Quel che per vöi mi faceva degno

Solo pensando al materiale 'ngegno
De' grossi versi, ed al rozzo dettato
Ed alla fama indegna d' ogni lato
Mostrar non m' affidava tal disegno

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Ora vel mando e facciovi una scusa Fate ragion ch' io sia un vil drappiero Che nuovi panni e grossi vender usa .

Qual sia la cosa, presto e volentiero Ogni mio senso, con la mente infusa, placer vostri s' offera maniero .

XXVII.

Nasi cornuti, e visi digrignati, Nibbi, arzagoghi, e balle di sermenti Cercavan d' Ipocrasse gli argumenti Per mettere in molticcio trenta frati Mostravasi la luna a' tralunati

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Che strusse già due cavalier Godenti
Di Truffia in Bruffia, e venian da Sorenti
Lanterne e gufi, con fruson castrati ;
Quando mi misi a navicar montagne,
Passando Como e Bergamo e 'l mar Rosso
Dove Ercole ed Anteo ancor ne piagne :
Allor trovai a Fiesole Minosso

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Con pale con marroni, e con castagne
Che fuor d' Abruzzi rimondava il fosso.
Quando Cario-dosso

Gridava forte O Gian de' Repetissi,
Ritrova Bacco coll' Apocalissi .

XXVIII.

Quando rimembro che il sole ha volto Già volte sei con venti ne' suoi segni, Ch' Amor ver me dispose i suo' ingegni Nel duro nodo ch' ancor non m' ha sciolto ; Dove ho perduto il tempo, o chi'l m'ha tolto Pensando e descrivendo gli atti degni ? Ed or che trovo più alteri sdegni,

Che quando nel principio fui avvolto; o sospir, o anni avversi

O pensier,

Come mi conducete a mortal' arca

Senza veder mai ora da pentersi ?

E quando io penso al mio signor Petrarca
Vol. IV.

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Quel ch' acquistò in Laura pe' suoi versi, scrivo in ghiaccio

Misero

e 'l tempo varca .

XXIX.

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A MAESTRO BERNARDO .

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Maestro ciò che dite io acconsento
D'esser sopra la rota stato in cima
Delle tre mie consorti come stima
Vostro sonetto a dirmi 'l suo talento;
E con lor visso son sanza pavento
Di morbo o di infermità sublima;
Ma altro caso è quel che 'l cor delima
Che non è a seguir di donna attento.

Or del sesto scaglione avendo netto
Il segno, dove la virtù s'accende,
Veggio ben che non è sanza sospetto

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Ma se ben stimo quel che 'l mondo rende,
Non so s' egli è da seguir Gulieno
O con si dolce morte venir meno

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SOPRA LA CORONA DEL LIONE DAVANTI IL PALAZZO VECCHI0 •

Corona porto per la patria degna 'Acciocchè Libertà ciascun mantegna

MADRIGALI.

I.

Di poggio in poggio, e di selva in foresta, Come falcon, che da signor villano

Di man si leva, e fugge di lontano

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olto

Lasso men vo bench' io non sia disciolto
Donne, partir volendo da colui
Chi vi dà forza sovra i cori altrui

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Ma quando pellegrina esser più crede Da lui mia vita, più presa si vede

II.

Fortuna avversa del mio amor nimica

Che poss' io più ? che dietro a lungo affanno, Sperando aver riposo, ho doppio danno

Quando la

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che m' accese

D'oscuro mar m' avea tratto e scorto

Con una navicella presso a porto,

.

Vento si volse, e 'n parte m' ha condotto Ch'i' son gittato a' scogli, ed ella ha rotto.

III.

Come selvaggia fiera fra le fronde
Nasconde se per spaventevol grido

Del cacciator, quand' è presso al suo nido;
Così il piacer, in cui mia mente guido
Tosto ciascun mio senso fe' gir, onde
Donna senti' fra spine e verdi fronde
Amor e me fuggir; ov' io vedea

Tal prun,

che più di lei mio cuor pungea •

IV.

Sovra la riva d'un corrente fiume Amor m' indusse, ove cantar sentía Senza sapere, onde tal voce uscia.

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A a 2

La qual tanta vaghezza al mio cuor dava Che in verso il mio signor mi mossi a dire Da cui nascesse si dolce desire

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Ed egli a me, come pietoso Sire,
La luce volse, e dimostrommi a dito
Donna cantando, che sedea sul lito ;
Dicendo: Ella è una ninfa di Diana
Venuta qui d' una foresta strana .

BALLATE.

I.

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O vaghe Montanine pastorelle Donde venite sì leggiadre e belle ? Qual è 'l paese, dove nate sete, Che si bel frutto, più che gli altri adduce ? Creature d'Amor vo' mi parete, Tanto la vostra vista adorna luce Nè oro nè argento in voi riluce E mal vestite parete Angiolelle.

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Noi stiamo in Alpe presso ad un boschetto : Povera capannetta è 'l nostro sito,

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Col padre e con la madre in picciol letto.
Torniam la sera dal prato fiorito,
Dove Natura ci ha sempre nodrito
Guardando il dì le nostre pecorelle

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Assai si de doler vostra bellezza
Quando tra monti e valli la mostrate;
Che non è terra di sì grande altezza
Dove non foste degne ed onorate.
Deh ditemi se voi vi contentate
Di star ne' boschi così poverelle ?

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Più si contenta ciascuna di noi

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