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Umile vo con pene e con omei
Sperando pur, ch' alli tormenti miei
Divegna pia, ch' hanno l' alma conquisa
Come che sia, io ti ringrazio
Amore
Che servo fatto m' hai di cosa tale :
E sempre l'amerò con fermo core,
Se fermo core a niuno amante vale;
Che suo sono
d'altro non mi cale
Fin che l'alma dal corpo sia divisa ..

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Col cuor mi fugge, e con gli occhi mi prende.
Vaga della mia pena.

Ognor si fa; perchè con dolce sguardo
Al suo desio mi mena "

Mostrando darmi quel che sempre è tardo
Così consumo ed ardo

Seguendo chi mi guarda, e chi m' offende.

XII.

Se ferma stesse giovanezza e tempo, Donna, dagli occhi miei il tuo fuggire Non mi faria la mente si languire

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Ma perchè sento ch' ogni beltà perde
Sua vaga vista, e più che 'l tempo passa;
Languisco immaginando che tua verde
Stagion nascondi alla mia luce lassa.
In alta età se' or; ma fosse in bassa
Là dove nessun ben si può sentire
Ricorderai il mio pel tuo martire .

CANZONI.

I.

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Lasso ch' a morte pur mi mena il tempo, E giovenezza con amor trapasso,

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Donna, e da te ver me pietà non sento
I cominciai tuo servo sì per tempo,
Che per null' altra avea ma' mosso passo
Quando nel cor m' entrasti a dar tormento :
E di tal doglia ancora non mi pento,
Pensando quanto Amor m' ha fatto altero
Per farmi servo alla tua signoria :

E 'n ciò aver tal pena non porria,
Che 'n tal pensier da me po' non si snodi
Ma quel, per ch' io mi muovo, e che mi strugge,
È che dagli occhi miei tua biltà fugge.

1

Lasso, ch' Amor ver te pur mi conduce Timido sì, ch' a me di me n' incresce Si mi vien meno il core a cotal punto; E come il tuo bel viso a me riluce Con lo splendore in te crudeltà cresce, Fuggendo per lasciarmi sì compunto, Che fai di me un spiritel defunto Rimaso si, che 'n se forza non trova Com' uom, che 'n se non sente caldo sangue. Così per te di se mia mente langue Che tu pur fera a lei umil ti mostri Tanto che qui morrebbe disperata, Se non che pensa alla vita beata

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Lasso che ciascun ha per un sentiero
A mortal fin perdendo sua bellezza
Po' ch'è perduta, Donna, chi la mira
Se non alcun che vide il viso altero

Bb a

Adorno addrieto nella giovenezza

Ed a vederlo maraviglia il tira?

Deh,
, qual è maggior don, che lo ciel spira,
Se non far donna tanto in grazia degna,
Che sia regina degli umani cori?
Non sono al mondo si grandi segnori,
Che reggan altrui cor, ma genti molte
Adunque pensa al tempo, poichè l'hai
E forse te a me più mostrerai

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Lasso! Non è ben folle chi nasconde La sua gradita vista all' altrui luce, Se fama acquista, quando mostra quella ? Però che la sua vita allora infonde Ch' altro non è , se non quel che riluce Dietro alla morte nell' altrui favella . Della Regina Greca esser sì bella Dicesi per nasconder il suo volto ? O di qual fu giammai più vaga donna Lucrezia, e Pulissena esser colonna D' ogni onestà la fama ancor le conta Non già per lor nasconder, nè per sdegno, Ma per mostrar onesto e vago segno

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Lasso ch' io non mi sento in tanto grado, Che da morte o da te fuggire i' possa, Se già l'un d' esti due l'altro non caccia Morte fuggir non posso mal mio grado: E tu fuggendo me prendi mia possa, E daila a morte, che spesso l'abbraccia Adunque, Donna vedi quel che 'mpaccia Il viver che per te sempre a me piacque Quando dagli occhi il bel viso abbandoni Piccioli a te domando a me gran doni Pur ch' io non senta per merito pena ; Perchè non può aver maggior dolore

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Chi serve,
Lasso,

che servir crudel signore Canzon, ch' a pena so com' ia Mandur ti possa, sicchè sie udita

Da questa,

e che tu torni con salute.

Se senti o vedi in te tanta vertute

Che facci sì, ch' ella ascoltar ti voglia,
Torna a levar della mia mente doglia,
E partiti da lei con atto pio.

II.

ma foggie ed atti assai Fiorenza

Poca vertù •
I' veggio ogn' ora in te
Perchè vana apparenza

" vaga

Mutano i nati tuoi di giorno in giorno
Da quella madre antica non ritrai

Ch' al mondo dimostrò la sua potenza :
Ciò n' appruovi l'essenza,

Ch' ancor risuona del famoso corno.
Non so guardar tanto i tuo' figli attorno,
Che io conosca qual sia di tue gesta;
Nè con armata vesta

Veggio nessun seguire il tuo vessillo
A 4 ciaschedun parendo esser Cammillo.
Se le confuse lingue della Torre
Fosson in lor, che son settantadue
Le portature sue

Tutte ci sono, ed ancor più ben cento.
Non studian altro, che levare o porre,
Or giù or su ed ora meno or piue :
Or formica ed or bue

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Voglion parer nel lor dimostramento.
Non si trova nessuno esser contento
Se l'un l'altro con foggia non avanza .

Tant' è la lor costanza,

Che in un sol dì voglion parer di mille
Provincie, e terre, e d'oltramonti ville
Cominciando dal capo, quanto è nova
Cosa a veder la notturna berretta
Esser di di costretta

Sovra 'l cappuccio frastagliato stare,
Dove d' intorno al volto fatti in prova
Stanno moscon di panno, una righetta,
Che ciaschedun si getta

A dar negli occhi

e 'l naso a tempestare Sanza che io veggio gole abbottonare

E

gozzi strigner più che con randello

A rischio no' il cervello ↑

E gli occhi che non escan della fronte,
Per farsi d'acqua uccelli, e non di monte.
Quanti uncini e raffi alle lor spalle
Portano e corde chi gli mira il vede :
Una nave possede

Talora men di lor canapi e sarte

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Più allacciati son, che strette balle
Cominciando dal capo insino al piede'.
Nessun quasi non sede

Che non rompa il legame, o tutto o parte ·
Lasciato hanno le gonne, e tolta l'arte
De' farsettoni all' Unghera maniera :
E stretti in tal matera

Vanno nel corpo sì
રે che 'l ventre torna
Nel grosso petto, ove ciascun s' adorna
Maniche e manicon tanti e diversi

Veggio, ch' a pena io contar li posso :
Non è corpo sì grosso,
રે

Che non entrasse ov' alcun braccio posa .
Con cioppe e con gabbani di più versi,

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