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Allorchè furono cambiate nel 1848 le condizioni politiche del Piemonte colla pubblicazione dello statuto, non potea dubitarsi che i diritti della Chiesa di Gesù Cristo dovessero esservi rispettati, tanto più che era stata proclamata nello statuto medesimo la Religione cattolica come la sola religione dello Stato. Ma il fatto non corrispose alla espettazione, giacchè non si tardò a vedere violati i sacri diritti della Chiesa e fatta ingiuria alla religione. È vero, che si sono dal governo di S. M. Sarda in più tempi inviati rappresentanti presso la santa Sede coll'incarico di concludere nuovi trattati colla medesima: ma non perciò si è potuto sin quì dopo lo spazio di oltre a sei anni giungere ad alcuna utile conclusione; imperocchè quel governo ha proseguito a battere la via graduata di nuove violazioni dei venerandi diritti della Chiesa, ed il sapersi generalmente esservi delle trattative tra il governo stesso e la s. Sede diminui va in qualche modo l'odiosa opinione che sarebbe ad esso derivata da tal condotta. La presente narrazione col corredo dei relativi documenti ufficiali metterà in tutta luce questo interessante argomento. 2 E già alcun tempo prima della pubblicazione dello statuto cominciarono a vedersi i gravi mali cagionati dalla legge sulla stampa sancita ai 10 di ottobre e dalla succeduta circolare dei 7 di dicembre 1847 spedita dalla regia commissione superiore di revisione della stampa ai presidenti delle regie commissioni provinciali. Con queste ordinazioni dell'autorità civile, e con altre posteriori inviate ai

vescovi del regno sullo stesso argomento erano sottratti dalla preventiva approvazione ecclesiastica i libri, che sarebbero introdotti dall'estero (Docum. n. I): ed inoltre l'esame delle opere e dei giornali da stamparsi era esclusivamente affidato ad apposite commissioni governative, alle quali di più sono in fatto assoggettate le stesse pubblicazioni dei vescovi. Apparve bentosto come siffatte ordinazioni sarebbero feconde di perniciosissimi effetti. In previsione dei quali ed in appoggio dei reclami de' vescovi, Sua SANTITA' si era proposto d'impegnare con sua lettera la Maestà del Re Carlo Alberto, affinchè volesse rendere piena ragione ai giustissimi reclami dei vescovi stessi ma si astenne allora dal dar corso a tali ufficî il SoMMO PONTEFICE, poichè poteva sperarsi, che la libertà della stampa sarebbe alquanto repressa nei suoi eccessi colla legge, che poco dopo fu pubblicata.

8 Ma poi crebbe la ingiuria che si recava alla Chiesa, quando pubblicata appena la costituzione, fu emanata ai 25 di aprile un'altra legge, colla quale era decretato il così detto regio exequatur sulle provi sioni di Roma, riferendolo a termini dei concordati ed usi vigenti ( Docum. n. II. ). Ma gli usi vigenti, o per dir meglio gli abusi dell' autorità laica su questo particolare sono stati sempre e replicatamente condannati dalla suprema autorità della Chiesa, e sono per se stessi nulli. Infatti anche ai 20 di giugno 1719 il senato torinese pubblicò un editto quasi simile a questa legge, recato per disteso nel bre ve di Clemente XI che incomincia « Ad Apostolatus nostri notitiam » dei 18 agosto di quell'anno 1719: ed in questo breve quell' editto non lo fu condannato, ma fu dichiarato nullo per se medesimo (Docum. n. III.). Ed in ordine ai concordati è poi noto che il Pontefice Benedetto XIV. nella sua istruzione dei 6 di gennaio 1742 data dipendentemente dal concordato di Benedetto XIII. per la immunità ed esercizio della giurisdizione ecclesiastica dichiarò di tollerare la semplice visura ene assegnò chiaramente i limiti, ( Docum. n. IV.)

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i quali nella legge dei 25 aprile 1848 vennero eccessivamente trascorsi.

4 E quasi queste leggi non offendessero la religione, la Chiesa e la santa Sede, il governo Sardo si fece ad invocare il concorso dell'autorità del SOMMO PONTEFICE, affine di ottenere novelle derogazioni alle leggi della Chiesa medesima, senza dar segno di volere riparare le ingiurie, che colle anzidette leggi le aveva arrecate. Infatti con nota ufficiale (Docum. n. V.) dei 16 giugno 1848 inviata dal ministro plenipotenziario in Roma sig. marchese Pareto al'Emo sig. Cardinale Segretario di stato, propose di voler tenere trattato colla santa Sede sull' abolizione di tutti i privilegî del foro sì civile che criminale esistenti tuttora in favore degli ecclesiastici in quei regii stati. E poichè assegnava per ragione di siffatta domanda la necessità di coordinare lo sviluppo delle leggi a quello della società, l'Emo sig. Cardinale Giovanni Soglia, allora Segretario di stato, con nota ufficiale (Docum. n.VI.) dei 27 dello stesso mese gli faceva riflettere, come l'ordinamento della disciplina ecclesiastica e delle leggi che la riguardano è del tutto indipendente dalle innovazioni politiche di uno stato, e come sul proposito della immunità, già larghe e recenti concessioni erano state date al Piemonte. dai romani Pontefici. Non pertanto nell'augusto nome di PAPA PIO IX gli significava avere SUA SANTITA' condisceso che si tenessero i richiesti trattati affine di conoscere, se, e quale altra facilitazione potesse farsi dalla santa Sede sul punto dell'immunità ecclesiastica, ed a tale effetto avere destinato plenipotenziario per parte della medesima santa Sede I'Emo sig. Cardinale Giacomo Antonelli.

5 In seguito di ciò il predetto ministro signor marchese Pareto ai 14 del succeduto settembre con altra sua nota ufficiale (Docum. n. VII. ) diretta al Cardinale plenipotenziario pontificio, notifico ch'egli insieme col signor ab. Antonio Rosmini erano stati deputati per plenipotenziari del suo governo, a nome del quale presentò un progetto di concordato con alcune succinte nozioni di fatto

sullo stato attuale della giurisdizione ecclesiastica negli antichi regî dominî di terraferma. (Docum. lett. A.) La scelta dei plenipotenziari Sardi non riuscì disaggradita alla SANTITA' DI NOSTRO SIGNORE, come è manifesto dalla nota, con cui il Cardinale plenipotenziario ai 16 dello stesso mese accusò ricevimento delle comunicazioni fattegli dal ministro Sardo (Docum. n. VIII. ). Fu però bentosto riconosciuto quanto fossero inopportune ed esagerate le inchieste o piuttosto le pretensioni di quel Governo contenute nel suo progetto (Docum. Lett.A.) e come fossero fondate su falsi principî. Ed infatti l'abate Rosmini, dopochè le ebbe udite, rifiutò di prestare l'opera sua affine di sostenerle al cospetto della santa Sede. Il SANTO PADRE intanto si degnò di ordinare al Cardinale suo plenipotenziario di fermare invece, tranne le particolarità proprie a ciascun luogo, come basi del richiesto concordato quegli articoli che erano stati riconosciuti poco prima dal Governo granducale di Toscana per fondamento d'una convenzione (Docum. n. IX). 6 Ma quando il signor Cardinale Antonelli in esecuzione dei comandi del SANTO PADRE incominciava le sue conferenze col ministro Sardo, allora il sacro Collegio dei Cardinali e lo stesso romano Pontefice fu necessitato ad allontanarsi da Roma: e per tal ragione fu allora intermesso ogni trattato. 7 Non fu però intermessa la violazione delle preroga. tive della Chiesa nei dominî di S. M. Sarda. Irrompeva ogni giorno più contro alla religione ed alla morale la sfrenata licenza della stampa ; e la legge menzionata di sopra e pubblicata dal Governo per comprimerne gli eccessi restava inefficace; ed altri progetti di legge più vigorose proposti alle camere legislative erano rigettati, ed i reclami promossi dall'autorità ecclesiastica tornavano vani, ed intanto veniano pubblicati oltraggi ed ingiurie alle persone più cospicue ed intemerate, segnatamente del ceto ecclesiastico e perfino al Vicario di Gesù Cristo. Ora tutti questi mali cagionati dalla legge, che avea resa libera la stampa, furono accresciuti da una seguente legge promulgata ai 4 ottobre dello

stesso anno in cui è disconosciuta la sorveglianza dei sacri pastori nelle università ed in tutte le scuole si pubbliche che private, il cui governo è commesso ai consigli di pubblica istruzione eziandio in ciò, che si attiene all'insegnamento del catechismo ed ai maestri e direttori di spirito. (Docum. n. X.) E fu in seguito introdotta pure la pratica di sostituire alla formola stabilita da Pio IV il simbolo apostolico nell' emettere la professione di fede, la quale ora vien fatta in mano dei rettori laici delle università dai professori, dottori, licenziati e maestri, quando pure questi fossero sacerdoti. I reclami promossi a tal uopo da alcuni vescovi non furono ascoltati, che anzi fu spedita agli 8 dicembre dello stesso anno 1848, una circolare (Docum. n. XI) del presidente del consiglio universitario ai presidi e vicepresidi delle facoltà, con cui viene interdetto di potere in avvenire rassegnare ai vescovi le tesi da sostenersi nei pubblici esami. Quindi è poi derivata quella colluvie di tesi erronee divulgate colla stampa e sostenute nei pubblici esami: tesi enunciate in gran parte nell'opera che fu poi condannata di Giovanni Nepomuceno Nuytz, professore nella regia università di Torino, intitolala « Tractationes in jus ecclesiasticum universum. 8 Nè le ingiurie recate alla Chiesa in quel tempo si limitarono a queste ordinazioni: ma neppure rispar miarono le persone ed i beni degli ecclesiastici, nè la veneranda dignità dei vescovi. È noto come i padri della benemerita Compagnia di Gesù cacciati da prima violentemente da Genova furono poi obbligati nel marzo del 1848 a chiudere tutte le case e collegi posti in que'reali domini: ed una tale arbitraria violenza fu quindi appresso sancita con decreto dei 25 agosto 1848 (Docum. n. XII), col quale tanto i gesuiti, quanto le dame del sacro cuore furono definitivamente espulsi, e tutti i beni sì mobili che immobili, fabbricati, redditi e crediti appartenenti ai religiosi e dame suddette, furono attribuiti al pubblico erario e consegnati in amministrazione all'azienda generale delle finanze. Nè

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