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S'appressa la città che ha nome Dite, 68 Co' gravi cittadin, col grande stuolo.' Ed io: Maestro, già le sue meschite 70 Là entro certo nella valle cerno Vermiglie, come se di foco uscite Fossero.' Ed ei mi disse: 'Il foco eterno Ch' entro l' affoca, le dimostra rosse, 74 Come tu vedi in questo basso inferno.' Noi pur giugnemmo dentro all' alte fosse, Che vallan quella terra sconsolata: 77 Le mura mi parean che ferro fosse. Non senza prima far grande aggirata, 79 Venimmo in parte dove il nocchier forte 'Uscite,' ci gridò, 'qui è l' entrata.'

Va

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Io vidi più di mille in sulle porte
Da' ciel piovuti, che stizzosamente
Dicean Chi è costui, che senza morte
per lo regno della morta gente?'
E il savio mio Maestro fece segno
Di voler lor parlar segretamente.
Allor chiusero un poco il gran disdegno, 88
E disser: 'Vien tu solo, e quei sen vada,
Che si ardito entrò per questo regno.
Sol si ritorni per la folle strada:
Provi se sa; chè tu qui rimarrai
Che gli hai scorta sì buia contrada.'
Pensa, Lettor, se io mi sconfortai

Nel suon delle parole maledette : Ch' io non credetti ritornarci mai. 'O caro duca mio, che più di sette

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Volte m' hai sicurtà renduta, e tratto D'alto periglio che incontra mi stette, Non mi lasciar,' diss' io, 'così disfatto: 100 E se 'l passar più oltre c' è negato, Ritroviam l'orme nostre insieme ratto.' E quel signor che li m' avea menato

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Udir non pote' quel ch' a lor si porse: 112
Ma ei non stette là con essi guari,
Che ciascun dentro a prova si ricorse.
Chiuser le porte que' nostri avversari 115
Nel petto al mio signor che fuor rimase,
E rivolsesi a me con passi rari. 117
Gli occhi alla terra, e le ciglia avea rase
D'ogni baldanza, e dicea ne' sospiri :
'Chi m' ha negate le dolenti case?'
Ed a me disse: 'Tu, perch' io m'adiri, 121
Non sbigottir, ch' io vincerò la prova,
Qual ch' alla difension dentro s' aggiri.
Questa lor tracotanza non è nuova, 124

Chè già l'usaro a men segreta porta,
La qual senza serrame ancor si trova.
Sopr' essa vedestù la scritta morta : 127
E già di qua da lei discende l' erta,
Passando per li cerchi senza scorta,
Tal che per lui ne fia la terra aperta.' 130

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Lo cominciar con l' altro che poi venne, Che fur parole alle prime diverse. Ma nondimen paura il suo dir dienne, 13 Perch' io traeva la parola tronca Forse a peggior sentenza ch'ei non tenne. 'In questo fondo della trista conca Discende mai alcun del primo grado, Che sol per pena ha la speranza cionca?' Questa question fec' io; e quei: 'Di rado Incontra,' mi rispose, che di nui Faccia il cammino alcun per quale io vado.

Ver' è ch' altra fiata quaggiù fui, Congiurato da quella Eriton cruda Che richiamava l' ombre a' corpi sui.

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Di poco era di me la carne nuda, Ch' ella mi fece entrar dentro a quel muro,

Pertrarne un spirto del cerchio di Giuda. Quell' è il più basso loco e il più oscuro, 28 E il più lontan dal ciel che tutto gira: Ben so il cammin: però ti fa sicuro. Questa palude che il gran puzzo spira, 31 Cinge d' intorno la città dolente, U' non potemo entrare omai senz' ira.' Ed altro disse, ma non l' ho a mente; 34 Perrochè l' occhio m' avea tutto tratto Ver l'alta torre alla cima rovente, Dove in un punto furon dritte ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili aveano ed atto, E con idre verdissime eran cinte : Serpentelli ceraste avean per crine Onde le fiere tempie eran avvinte. E quei che ben conobbe le meschine Della regina dell' eterno pianto : 'Guarda,' mi disse, 'le feroci Erine. Questa è Megera dal sinistro canto :

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Gli occhi mi sciolse, e disse: Or drizza il nerbo

ין

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Del viso su per quella schiuma antica, Per indi ove quel fummo è più acerbo.' Come le rane innanzi alla nimica 76 Biscia per acqua si dileguan tutte, Fin che alla terra ciascuna s' abbica; Vid' io più di mille anime distrutte 79 Fuggir così dinanzi ad un che al passo Passava Stige colle piante asciutte. Dal volto rimovea quell' aer grasso, Menando la sinistra innanzi spesso; E sol di quell' angoscia parea lasso. Ben m' accors' io ch' egli era del ciel messo, 85 E volsimi al Maestro: e quei fe' segno, Ch'io stessi cheto, ed inchinassi ad esso, Ahi quanto mi parea pien di disdegno! 88 Venne alla porta, e con una verghetta L'aperse, che non ebbe alcun ritegno. 'O cacciati del cicl, gente dispetta,' Comincià egli in su l' orribil soglia, 'Ond' esta oltracotanza in voi s' alletta? Perchè ricalcitrate a quella voglia,

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E non fe' motto a noi: ma fe' sembiante D'uomo cui altra cura stringa e morda, Che quella di colui che gli è davante. 103 E noi movemmo i piedi in ver la terra, Sicuri appresso le parole sante. Dentro v' entrammo senza alcuna guerra: Ed io, ch' avea di riguardar disio 107 La condizion che tal fortezza serra, Com' io fui dentro, l' occhio intorno invio; E veggio ad ogni man grande campagna Piena di duolo e di tormento rio. Si come ad Arli, ove Rodano stagna, 112 Si com' a Pola presso del Quarnaro, Che Italia chiude e suoi termini bagna, Fanno i sepolcri tutto il loco varo : Così facevan quivi d' ogni parte, Salvo che il modo v' era più amaro;

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Chè tra gli avelli fiamme erano sparte, 118 Per le quali eran sì del tutto accesi, Che ferro più non chiede verun' arte.

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Ora sen va per un secreto calle

Tra il muro della terra e li martiri Lo mio Maestro, ed io dopo le spalle. 'O virtù somma, che per gli empi giri 4 Mi volvi,' cominciai, 'com' a te piace Parlami, e satisfammi a' miei desiri. La gente che per li sepolcri giace Potrebbesi veder? già son levati Tutti i coperchi, e nessun guardia face.' Ed egli a me: Tutti saran serrati,

Quando di Josaffàt qui torneranno Coi corpi che lassù hanno lasciati. Suo cimitero da questa parte hanno Con Epicuro tutti i suoi seguaci, Che l' anima col corpo morta fanno. Però alla dimanda che mi faci

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ΙΟ

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Un'ombra lungo questa infino al mento: Credo che s' era in ginocchie levata. 'D' intorno mi guardò, come talento Avesse di veder s' altri era meco; Ma poi che il suspicar fu tutto spento, Piangendo disse: 'Se per questo cieco 58 Carcere vai per altezza d' ingegno, Mio figlio ov'è, e perchè non è teco?' Ed io a lui: 'Da me stesso non vegno: 61 Colui, che attende là, per qui mi mena, Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.' Le sue parole e il modo della pena 64 M'avevan di costui già letto il nome : Però fu la risposta così piena. Di subito drizzato gridò: 'Come Dicesti: "egli ebbe?" non viv' egli ancora?

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La tua loquela ti fa manifesto

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appresa,

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Vedi là Farinata che s' è dritto:

Dalla cintola in su tutto il vedrai.'

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Nulla sapem di vostro stato umano. Però comprender puoi che tutta morta 106 Fia nostra conoscenza da quel punto Che del futuro fia chiusa la porta.' Allor, come di mia colpa compunto, Dissi: Or direte dunque a quel caduto Che il suo nato è co' vivi ancor congiunto.

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E s' io fui innanzi alla risposta muto, 112
Fat' ei saper che il fei, perchè pensava
Già nell' error che m' avete soluto.'
E già il Maestro mio mi richiamava: 115
Perch' io pregai lo spirto più avaccio
Che mi dicesse chi con lui si stava.
Dissemi: 'Qui con più di mille giaccio: 118
Qua dentro è lo secondo Federico,
E il Cardinale, e degli altri mi taccio.'
Indi s'ascose: ed io in ver l'antico

Poeta volsi i passi, ripensando

A quel parlar che mi parea nimico. Egli si mosse; e poi cosi andando,

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Mi disse: 'Perchè sei tu si smarrito ?' Ed io li satisfeci al suo dimando. 'La mente tua conservi quel ch' udito 127 Hai contra te,' mi comandò quel Saggio, 6 Ed ora attendi qui:' e drizzò il dito.

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Del puzzo, che il profondo abisso gitta, Ci raccostammo dietro ad un coperchio D'un grande avello, ov' io vidi una scritta Che diceva: 'Anastasio papa guardo, 8 Lo qual trasse Fotin della via dritta.' 'Lo nostro scender conviene esser tardo, 10 Si che s' ausi un poco prima il senso Al tristo fiato, e poi non fia riguardo.' 12 Così il Maestro; ed io: 'Alcun compenso,' Dissi lui, trova, che il tempo non passi Perduto;' ed egli: 'Vedi che a ciò penso. Figliuol mio, dentro da cotesti sassi,' Cominciò poi a dir, 'son tre cerchietti Di grado in grado, come quei che lassi. Tutti son pien di spirti maledetti: 19

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Ma perchè poi ti basti pur la vista, Intendi come e perchè son costretti. D' ogni malizia ch' odio in cielo acquista, Ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale O con forza o con frode altrui contrista. Ma perchè frode è dell' uom proprio male, Più spiace a Dio; e però stan di sutto 26 Gli frodolenti, e più dolor gli assale. De' violenti il primo cerchio è tutto : 28 Ma perchè si fa forza a tre persone, In tre gironi è distinto e costrutto. A Dio, a sè, al prossimo si puone Far forza, dico in loro ed in lor cose, Come udirai con aperta ragione.

Morte per forza e ferute dogliose

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Nel prossimo si danno, e nel suo avere Ruine, incendi e tollette dannose: Onde omicide e ciascun che mal fiere, 37 Guastatori e predon, tutti tormenta Lo giron primo per diverse schiere.

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Pur lo vinco d' amor che fa natura; Onde nel cerchio secondo s' annida Ipocrisia, lusinghe e chi affattura, Falsità, ladroneccio e simonia, Ruffian, baratti e simile lordura. Per l'altro modo quell' amor s' obblia 61 Che fa natura, e quel ch'è poi aggiunto, Di che la fede spezial si cria : Onde nel cerchio minore, ov'è il punto 64 Dell' universo, in su che Dite siede, Qualunque trade in eterno è consunto.' Ed io Maestro, assai chiaro procede 67 La tua ragione, ed assai ben distingue Questo baratro e il popol che il possiede. Ma dimmi: Quei della palude pingue, 70 Che mena il vento, e che batte la pioggia, E che s' incontran con si aspre lingue, Perchè non dentro dalla città roggia Son ei puniti, se Dio gli ha in ira? E se non gli ha, perchè sono a tal foggia?'

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Ed egli a me: Perchè tanto delira,'

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Diss' io, là dove di' che usura offende La divina bontade, e il groppo solvi.' 'Filosofia,' mi disse, 'a chi la intende, 97 Nota non pure in una sola parte Come natura lo suo corso prende Dal divino intelletto e da sua arte; E se tu ben la tua Fisica note, Tu troverai non dopo molte carte Che l'arte vostra quella, quanto puote, 103 Segue, come il maestro fa il discente, Si che vostr' arte a Dio quasi è nipote. Da queste due, se tu ti rechi a mente 106 Lo Genesi dal principio, conviene Prender sua vita ed avanzar la gente. E perchè l'usuriere altra via tiene, Per sè natura, e per la sua seguace Dispregia, poichè in altro pon la spene. Ma seguimi oramai, chè il gir mi piace: 112 Chè i Pesci guizzan su per l'orizzonta, E il Carro tutto sopra il Coro giace, E il balzo via là oltra si dismonta.'

CANTO DECIMOSECONDO.

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Era lo loco, ove a scender la riva Venimmo, alpestro, e per quel ch' ivi er' anco,

Tal ch' ogni vista ne sarebbe schiva. Qual è quella ruina che nel fianco Di qua da Trento l' Adice percosse, O per tremuoto o per sostegno manco, Chè da cima del monte, onde si mosse, Al piano è sì la roccia discoscesa, Ch' alcuna via darebbe a chi su fosse ; Cotal di quel burrato era la scesa : E in su la punta della rotta lacca L'infamia di Creti era distesa,

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IO

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Che fu concetta nella falsa vacca :
E quando vide noi, sè stesso morse
Si come quei cui l' ira dentro fiacca.
Lo savio mio inver lui gridò: Forse 16
Tu credi che qui sia il duca d' Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse?

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