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Vi facea un incognito e indistinto. Salve Regina in sul verde e in su i fiori 82 Quivi seder cantando anime vidi, Che per la valle non parean di fuori : Prima che il poco sole omai s' annidi,' 85 Cominciò il Mantovan che ci avea volti,

'Tra costor non vogliate ch' io vi guidi. Di questo balzo meglio gli atti e i volti 88 Conoscerete voi di tutti e quanti, Che nella lama giù tra essi accolti. Colui che più sied' alto, e fa sembianti 91 D'aver negletto ciò che far dovea,

E che non move bocca agli altrui canti, Ridolfo imperador fu, che potea

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Era già l' ora che volge il disio

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Ai naviganti e intenerisce il core, Lo di ch' han detto ai dolci amici addio; E che lo nuovo peregrin d' amore Punge, se ode squilla di lontano, Che paia il giorno pianger che si more : Quand' io incominciai a render vano 7 L'udire, ed a mirare una dell' alme Surta, che l'ascoltar chiedea con mano. Ella giunse e levò ambo le palme,

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Ficcando gli occhi verso l' oriente, Come dicesse a Dio: 'D' altro non calme.' Te lucis ante si devotamente

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Le uscì di bocca, e con si dolci note, Che fece me a me uscir di mente.

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E l' altre poi dolcemente e devote Seguitar lei per tutto l' inno intero, Avendo gli occhi alle superne rote. Aguzza qui, Lettor, ben gli occhi al vero, Chè il velo è ora ben tanto sottile, Certo, che il trapassar dentro è leggiero. Io vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in sue, Quasi aspettando pallido ed umile : E vidi uscir dell' alto e scender giue Due angeli con due spade affocate, Tronche e private delle punte sue. Verdi, come fogliette pur mo nate,

Erano in veste, che da verdi penne Percosse traean dietro e ventilate. L'un poco sopra noi a star si venne,

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E l'altro scese in l' opposita sponda,
Si che la gente in mezzo si contenne.
Ben discerneva in lor la testa bionda ; 34
Ma nelle faccie l'occhio si smarria,
Come virtù che al troppo si confonda.
'Ambo vegnon del grembo di Maria,' 37
Disse Sordello, 'a guardia della valle,
Per lo serpente che verrà via via.'
Ond' io che non sapeva per qual calle, 40
Mi volsi intorno, e stretto m' accostai
Tutto gelato alle fidate spalle.

E Sordello anco: 'Ora avvalliamo omai 43
Tra le grandi ombre, e parleremo ad esse:
Grazioso fia lor vedervi assai.'
Solo tre passi credo ch' io scendesse,

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Pur là dove le stelle son più tarde, Si come rota più presso allo stelo. Eil Duca mio: 'Figliuol, che lassù guarde?' Ed io a lui: 'A quelle tre facelle, 89 Di che il polo di qua tutto quanto arde.' Ed egli a me : 'Le quattro chiare stelle 91 Che vedevi staman, son di là basse, E queste son salite ov' eran quelle.' Com' ei parlava, e Sordello a sè il trasse 94 Dicendo: Vedi là il nostro avversaro ;' E drizzò il dito, perchè in là guardasse. Da quella parte, onde non ha riparo La picciola vallea, era una biscia, Forse qual diede ad Eva il cibo amaro. Tra l'erba e i fior venia la mala striscia, ¦ Volgendo ad or ad or la testa al dosso, Leccando come bestia che si liscia. Io non vidi, e però dicer non posso, Come mosser gli astor celestiali, Ma vidi bene l' uno e l' altro mosso. Sentendo fender l' aere alle verdi ali, 106 Fuggi 'l serpente, e gli angeli dier volta Suso alle poste rivolando eguali. L'ombra che s' era al Giudice raccolta, 109 Quando chiamò, per tutto quell' assalto Punto non fu da me guardare sciolta. 'Se la lucerna che ti mena in alto Trovi nel tuo arbitrio tanta cera, Quant'è mestiero infino al sommo smalto,'

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In sogno mi parea veder sospesa
Un' aquila nel ciel con penne d' oro,
Con l' ali aperte, ed a calare intesa :
Ed esser mi parea là dove foro
Abbandonati i suoi da Ganimede,
Quando fu ratto al sommo consistoro.
Fra me pensava: 'Forse questa fiede
Pur qui per uso, e forse d' altro loco
Disdegna di portarne suso in piede.'
Poi mi parea che roteata un poco,
Terribil come folgor discendesse,
E me rapisse suso infino al foco.
Ivi pareva ch' ella ed io ardesse,
E si l'incendio immaginato cosse,
Che convenne che il sonno si rom-
pesse.

Non altrimenti Achille si riscosse,

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E il sole er' alto già più che due ore, E il viso m' era alla marina torto. 'Non aver tema,' disse il mio Signore : 46 'Fatti sicur, chè noi siamo a buon punto :

Non stringer, ma rallarga ogni vigore. Tu se' omai al Purgatorio giunto:

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Vedi là il balzo che il chiude d'intorno; Vedi l'entrata là 've par disgiunto. Dianzi, nell' alba che precede al giorno, 52 Quando l'anima tua dentro dormia Sopra li fiori, onde laggiù è adorno, Venne una donna, e disse: "Io son Lucia: 55 Lasciatemi pigliar costui che dorme,

Si l'agevolerò per la sua via." Sordel rimase, e l' altre gentil forme: 58 Ella ti tolse, e come il dì fu chiaro, Sen venne suso, ed io per le sue orme. Qui ti posò e pria mi dimostraro

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Gli occhi suoi belli quell' entrata aperta; Poi ella e il sonno ad una se n'andaro.' A guisa d' uom che in dubbio si raccerta, E che muta in conforto sua paura, 65 Poi che la verità gli è discoperta,

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Cominciò egli a dire : 'ov'è la scorta? Guardate che il venir su non vi noi !' 'Donna del ciel, di queste cose accorta,' 88 Rispose il mio Maestro a lui, 'pur dianzi Ne disse: "Andate là, quivi è la porta." 'Ed ella i passi vostri in bene avanzi,' 91 Ricominciò il cortese portinaio: 'Venite dunque a' nostri gradi innanzi.' Là 've venimmo, allo scaglion primaio, 94 Bianco marmo era si pulito e terso, Ch' io mi specchiai in esso quale io paio. Era il secondo, tinto più che perso, D'una petrina ruvida ed arsiccia, Crepata per lo lungo e per traverso. Lo terzo, che di sopra s' ammassiccia, 100 Porfido mi parea sì fiammeggiante, Come sangue che fuor di vena spiccia. Sopra questo teneva ambo le piante

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L'una era d'oro e l'altra era d'argento: 118
Pria con la bianca, e poscia con la gialla
Fece alla porta si ch' io fui contento.
'Quandunque l'una d'este chiavi falla, 121
Che non si volga dritta per la toppa,'
Diss' egli a noi, 'non s' apre questa calla.
Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa 124
D'arte e d'ingegno avanti che disserri,
Perch'ell' è quella che il nodo disgroppa.
Da Pier le tengo; e dissemi, ch'io erri 127
Anzi ad aprir, che a tenerla serrata,
Pur che la gente a' piedi mi s' atterri.'
Poi pinse l'uscio alla porta sacrata,

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Dicendo: Entrate; ma facciovi accorti Che di fuor torna chi 'ndietro si guata.' E quando fur ne' cardini distorti Gli spigoli di quella regge sacra, Che di metallo son sonanti e forti, Non rugghiò sì, nè si mostrò si acra Tarpeia, come tolto le fu il buono Metello, per che poi rimase macra. Io mi rivolsi attento al primo tuono, 139 E Te Deum laudamus mi parea Udir in voce mista al dolce suono. Tale imagine appunto mi rendea

Ciò ch' io udiva, qual prender si suole Quando a cantar con organi si stea: Che or sì or no s' intendon le parole. 145

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Di nostra via, ristemmo su in un piano Solingo più che strade per diserti. Dalla sua sponda, ove confina il vano, 22 Al piè dell' alta ripa, che pur sale, Misurrebbe in tre volte un corpo umano: E quanto l'occhio mio potea trar d' ale 25 Or dal sinistro ed or dal destro fianco, Questa cornice mi parea cotale. Lassù non eran mossi i piè nostri anco, 28 Quand' io conobbi quella ripa intorno, Che, dritta, di salita aveva manco, Esser di marmo candido, e adorno

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Quivi intagliato in un atto soave, Che non sembiava imagine che tace. Giurato si saria ch' ei dicesse: Ave; 40 Perocchè ivi era immaginata quella, Che ad aprir l' alto amor volse la chiave. Ed avea in atto impressa esta favella, 43 Ecce ancilla Dei, propriamente Come figura in cera si suggella. 'Non tener pure ad un loco la mente,' 46 Disse il dolce Maestro, che m' avea Da quella parte onde il core ha la gente: Perch' io mi mossi col viso, e vedea 49 Diretro da Maria, da quella costa Onde m' era colui che mi movea, Un'altra storia nella roccia imposta: Perch' io varcai Virgilio, e femmi presso, Acciocchè fosse agli occhi miei disposta. Era intagliato lì nel marmo stesso

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Lo carro e i buoi traendo l' arca santa, Per che si teme offizio non commesso. Dinanzi parea gente; e tutta e quanta 58 Partita in sette cori, a' due miei sensi Faceva dir l' un 'No,' l' altro 'Sì, canta.' Similemente al fummo degl' incensi 61 Che v' era immaginato, gli occhi e il naso Ed al si ed al no discordi fensi. Li precedeva al benedetto vaso,

Trescando alzato, l' umile Salmista, E più e men che re era in quel caso. D' incontra effigiata ad una vista D'un gran palazzo Micol ammirava, Si come donna dispettosa e trista.

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Ed una vedovella gli era al freno, Di lagrime atteggiata e di dolore. Intorno a lui parea calcato e pieno Di cavalieri, e l' aquile nell' oro Sopr' esso in vista al vento si movieno. La miserella intra tutti costoro

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Parea dicer: 'Signor, fammi vendetta Di mio figliuol ch'è morto, ond' io m' accoro.'

Ed egli a lei rispondere: 'Ora aspetta 85 Tanto ch' io torni.' E quella: 'Signor mio,'

Come persona in cui dolor s' affretta, Se tu non torni?' Ed ei: 'Chi fia dov' io La ti farà.' E quella: 'L' altrui bene 89 A te che fia, se il tuo metti in obblio?' Ond' egli: 'Or ti conforta, chè conviene 91

Ch' io solva il mio dovere, anzi ch' io

mova:

Giustizia vuole, e pietà mi ritiene.' Colui, che mai non vide cosa nuova, 94 Produsse esto visibile parlare,

Novello a noi, perchè qui non si trova. Mentr' io mi dilettava di guardare Le imagini di tante umilitadi,

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E lo fabbro loro a veder care; per 'Ecco di qua, ma fanno i passi radi,' 100 Mormorava il Poeta, molte genti: Questi ne invieranno agli alti gradi.' Gli occhi miei ch' a mirar eran intenti, 103 Per veder novitadi, onde son vaghi, Volgendosi ver lui non furon lenti. Non vo' però, Lettor, che tu ti smaghi Di buon proponimento, per udire Come Dio vuol che il debito si paghi, Non attender la forma del martire: Pensa la succession; pensa che, a peggio, Oltre la gran sentenza non può ire. 111 Io cominciai: 'Maestro, quel ch' io veggio Mover a noi, non mi sembran persone, E non so che, si nel veder vaneggio.' Ed egli a me: 'La grave condizione 115 Di lor tormento a terra li rannicchia, Si che i miei occhi pria n' ebber tenzone.

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