13 16 Da oggi a noi la cotidiana manna, 22 25 Così a sè e noi buona ramogna Quell' ombre orando, andavan sotto il pondo, Simile a quel che talvolta si sogna, Disparmente angosciate tutte a tondo, 28 E lasse su per la prima cornice, Purgando le caligini del mondo. Se di là sempre ben per noi si dice, Di qua che dire e far per lor si puote Da quei, ch' hanno al voler buona radice? Ben si dee loro aitar lavar le note, 34 31 Che portar quinci, sì che mondi e lievi Possano uscire alle stellate rote. 'Deh! se giustizia e pietà vi disgrevi 37 Tosto, si che possiate mover l' ala, Che secondo il disio vostro vi levi, Mostrate da qual mano in ver la scala 40 Si va più corto; e se c'è più d' un varco, 46 Quel ne insegnate che men erto cala : Chè questi che vien meco, per l' incarco 43 Della carne d' Adamo, ond' ei si veste, Al montar su, contra sua voglia, è parco.' Le lor parole, che rendero a queste, Che dette avea colui cu' io seguiva, Non fur da cui venisser manifeste; Ma fu detto: A man destra 6 per la riva 49 Con noi venite, e troverete il passo Possibile a salir persona viva. 52 E s' io non fossi impedito dal sasso, VOSCO, 61 L'antico sangue e l' opere leggiadre E qui convien ch' io questo peso porti 70 130 133 Poi che morì: cotal moneta rende A satisfar chi è di là tropp' oso.' Ed io: 'Se quello spirito che attende, 127 Pria che si penta, l'orlo della vita, Laggiù dimora, e quassù non ascende, Se buona orazion lui non aita, Prima che passi tempo quanto visse, Come fu la venuta a lui largita?' 'Quando vivea più glorioso,' disse, 'Liberamente nel campo di Siena, Ogni vergogna deposta, s'affisse : E lì, per trar l'amico suo di pena Che sostenea nella prigion di Carlo, Si condusse a tremar per ogni vena. Più non dirò, e scuro so che parlo; Ma poco tempo andrà che i tuoi vicini Faranno sì, che tu potrai chiosarlo. Quest' opera gli tolse quei confini,' 136 139 142 94 corto E muta nome, perchè muta lato. Che voce avrai tu più, se vecchia scindi 103 Da te la carne, che se fossi morto Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi, Pria che passin mill' anni? ch'è più 106 Spazio all' eterno, che un mover di ciglia Al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui, che del cammin sì poco piglia 109 Dinanzi a me, Toscana sonò tutta, Ed ora a pena in Siena sen pispiglia, Ond' era sire, quando fu distrutta La rabbia fiorentina, che superba Fu a quel tempo, sì com' ora è putta. La vostra nominanza è color d'erba, 115 Che viene e va, e quei la discolora, Per cui ell' esce della terra acerba.' Ed io a lui: 'Lo tuo ver dir m' incora 118 Buona umiltà, e gran tumor m'appiani : Ma chi è quei di cui tu parlavi ora?' 112 Con la persona, avvegna che i pensieri Mi rimanessero e chinati e scemi. Io m' era mosso, e seguia volentieri Del mio Maestro i passi, ed ambo e due Già mostravam come eravam leggieri, Quando mi disse: 'Volgi gli occhi in giue: Buon ti sarà, per tranquillar la via, 14 Veder lo letto delle piante tue.' Come, perchè di lor memoria sia, Sopra i sepolti le tombe terragne Portan segnato quel ch' elli eran pria : Onde li molte volte se ne piagne . 16 19 Per la puntura della rimembranza, Che solo ai pii dà delle calcagne : Si vid' io lì, ma di miglior sembianza, 22 Secondo l' artificio, figurato Quanto per via di fuor dal monte avanza. Celestial, giacer dall' altra parte, Grave alla terra per lo mortal gelo. Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte, 31 Armati ancora, intorno al padre loro, Mirar le membra de' Giganti sparte. Vedea Nembrot appiè del gran lavoro, 34 Quasi smarrito, e riguardar le genti Che in Sennaar con lui superbi foro. O Niobè, con che occhi dolenti Vedeva io te segnata in sulla strada Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! O Saul, come in sulla propria spada Quivi parevi morto in Gelboè, 37 40 73 79 82 Più era già per noi del monte volto, 85 88 97 A questo annunzio vengon molto radi. 94 103 106 109 112 Quivi ben ratta dall' altro girone : Ma quinci e quindi l' alta pietra rade. Noi volgendo ivi le nostre persone, Beati pauperes spiritu, voci Cantaron si che nol diria sermone. Ahi! quanto son diverse quelle foci Dalle infernali; chè quivi per canti S'entra, e laggiù per lamenti feroci. Già montavam su per li scaglion santi, 115 Ed esser mi parea troppo più lieve, Che per lo pian non mi parea davanti : Ond' io: 'Maestro, di', qual cosa greve 118 Levata s'è da me, che nulla quasi Per me fatica andando si riceve ?' Rispose: 'Quando i P che son rimasi Ancor nel volto tuo presso ch' estinti, Saranno, come l' un, del tutto rasi, 121 Noi eravamo al sommo della scala Ove secondamente si risega Lo monte che salendo altrui dismala : Ivi così una cornice lega Dintorno il poggio, come la primaia, Se non che l' arco suo più tosto piega. Ombra non gli è, nè segno che si paia; 7 Par si la ripa, e par sì la via schietta Col livido color della petraia. 'Se qui per domandar gente s' aspetta,' 10 Ragionava il Poeta, 'io temo forse Che troppo avrà d'indugio nostra eletta.' Poi fisamente al sole gli occhi porse; 13 Fece del destro lato al mover centro, E la sinistra parte di sè torse. 'O dolce lume, a cui fidanza i' entro 16 Stanno ai perdoni a chieder lor bisogna, E l'uno il capo sopra l' altro avvalla, Perchè in altrui pietà tosto si pogna, Non pur per lo sonar delle parole, Ma per la vista che non meno agogna. E come agli orbi non approda il sole, Così all' ombre, là v' io parlav' ora, Luce del ciel di sè largir non vuole ; Chè a tutte un fil di ferro il ciglio fora, 70 E cuce sì, come a sparvier selvaggio Si fa, però che queto non dimora. A me pareva andando fare oltraggio, Veggendo altrui, non essendo veduto: Perch'io mi volsi al mio consiglio saggio. Ben sapev' ei che volea dir lo muto; E però non attese mia domanda ; Ma disse: Parla, e sii breve ed arguto.' Virgilio mi venia da quella banda 64 67 73 76 79 Della cornice, onde cader si puote, Perchè da nulla sponda s' inghirlanda 82 85 88 Dall' altra parte m' eran le devote D' una vera città; ma tu vuoi dire, 6 94 97 Più là alquanto che là dov' io stava; Ond' io mi feci ancor più là sentire. Tra l'altre vidi un'ombra che aspettava 100 In vista; e se volesse alcun dir: 'Come?' Lo mento, a guisa d' orbo, in su levava. 'Spirto,' diss' io, che per salir ti dome, 103 Se tu se' quelli che mi rispondesti, Fammiti conto o per loco o per nome.' 'I' fui Sanese,' rispose, 'e con questi 106 Altri rimondo qui la vita ria, Lagrimando a colui, che sè ne presti. Savia non fui, avvegna che Sapia Fossi chiamata, e fui degli altrui danni Più lieta assai, che di ventura mia. 109 118 In campo giunti coi loro avversari, Ed io pregai Iddio di quel ch' ei volle. Rotti fur quivi, e volti negli amari Passi di fuga, e veggendo la caccia, Letizia presi a tutte altre dispari : Tanto ch' io volsi in su l' ardita faccia, 121 Gridando a Dio: "Omai più non ti temo;" Come fa il merlo per poca bonaccia. Pace volli con Dio in sull' estremo Della mia vita; ed ancor non sarebbe Lo mio dover per penitenza scemo, Se ciò non fosse che a memoria m' ebbe 127 Pier Pettinagno in sue sante orazioni, A cui di me per caritate increbbe. Ma tu chi se', che nostre condizioni 124 130 Vai domandando, e porti gli occhi sciolti, Si come io credo, e spirando ragioni?' 142 145 E vivo sono; e però mi richiedi, Che spera in Talamone, e perderagli Più di speranza, che a trovar la Diana; Ma più vi metteranno gli ammiragli,' 154 CANTO DECIMOQUARTO. 'Chi è costui che il nostro monte cerchia, Prima che morte gli abbia dato il volo, Ed apre gli occhi a sua voglia e coperchia ?' ΙΟ 'Non so chi sia; ma so ch' ei non è solo : 4 13 |