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13

16

Da oggi a noi la cotidiana manna,
Senza la qual per questo aspro diserto
A retro va chi più di gir s' affanna.
E come noi lo mal che avem sofferto
Perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
Benigno, e non guardar lo nostro merto.
Nostra virtù, che di leggier s'adona, 19
Non spermentar con l' antico avversaro,
Ma libera da lui, che si la sprona.
Quest' ultima preghiera, Signor caro,
Già non si fa per noi, chè non bisogna,
Ma per color che dietro a noi restaro.'

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Così a sè e noi buona ramogna Quell' ombre orando, andavan sotto il pondo,

Simile a quel che talvolta si sogna, Disparmente angosciate tutte a tondo, 28 E lasse su per la prima cornice, Purgando le caligini del mondo. Se di là sempre ben per noi si dice, Di qua che dire e far per lor si puote Da quei, ch' hanno al voler buona radice? Ben si dee loro aitar lavar le note, 34

31

Che portar quinci, sì che mondi e lievi Possano uscire alle stellate rote. 'Deh! se giustizia e pietà vi disgrevi 37 Tosto, si che possiate mover l' ala, Che secondo il disio vostro vi levi, Mostrate da qual mano in ver la scala 40 Si va più corto; e se c'è più d' un varco,

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Quel ne insegnate che men erto cala : Chè questi che vien meco, per l' incarco 43 Della carne d' Adamo, ond' ei si veste, Al montar su, contra sua voglia, è parco.' Le lor parole, che rendero a queste, Che dette avea colui cu' io seguiva, Non fur da cui venisser manifeste; Ma fu detto: A man destra 6 per la riva 49 Con noi venite, e troverete il passo Possibile a salir persona viva.

52

E s' io non fossi impedito dal sasso,
Che la cervice mia superba doma,
Onde portar convienmi il viso basso,
Cotesti che ancor vive, e non si noma, 55
Guardare' io, per veder s' io 'l conosco,
E per farlo pietoso a questa soma.
Io fui Latino, e nato d' un gran Tosco: 58
Guglielmo Aldobrandesco fu mio padre:
Non so se il nome suo giammai fu

VOSCO,

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L'antico sangue e l' opere leggiadre
De' miei maggior mi fer si arrogante,
Che non pensando alla comune madre,
Ogni uomo ebbi in dispetto tanto avante 64
Ch' io ne mori'; come i Sanesi sanno,
E sallo in Campagnatico ogni fante.
Io sono Omberto: e non pure a me danno
Superbia fa, chè tutti i miei consorti 68
Ha ella tratti seco nel malanno.

E qui convien ch' io questo peso porti 70
Per lei, tanto che a Dio si satisfaccia,
Poi ch' io nol fei tra' vivi, qui tra' morti,'

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Poi che morì: cotal moneta rende A satisfar chi è di là tropp' oso.' Ed io: 'Se quello spirito che attende, 127 Pria che si penta, l'orlo della vita, Laggiù dimora, e quassù non ascende, Se buona orazion lui non aita, Prima che passi tempo quanto visse, Come fu la venuta a lui largita?' 'Quando vivea più glorioso,' disse, 'Liberamente nel campo di Siena, Ogni vergogna deposta, s'affisse : E lì, per trar l'amico suo di pena Che sostenea nella prigion di Carlo, Si condusse a tremar per ogni vena. Più non dirò, e scuro so che parlo; Ma poco tempo andrà che i tuoi vicini Faranno sì, che tu potrai chiosarlo. Quest' opera gli tolse quei confini,'

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corto

E muta nome, perchè muta lato. Che voce avrai tu più, se vecchia scindi 103 Da te la carne, che se fossi morto Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi, Pria che passin mill' anni? ch'è più 106 Spazio all' eterno, che un mover di ciglia Al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui, che del cammin sì poco piglia 109 Dinanzi a me, Toscana sonò tutta, Ed ora a pena in Siena sen pispiglia, Ond' era sire, quando fu distrutta La rabbia fiorentina, che superba Fu a quel tempo, sì com' ora è putta. La vostra nominanza è color d'erba, 115 Che viene e va, e quei la discolora, Per cui ell' esce della terra acerba.' Ed io a lui: 'Lo tuo ver dir m' incora 118 Buona umiltà, e gran tumor m'appiani : Ma chi è quei di cui tu parlavi ora?'

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Con la persona, avvegna che i pensieri Mi rimanessero e chinati e scemi. Io m' era mosso, e seguia volentieri Del mio Maestro i passi, ed ambo e due Già mostravam come eravam leggieri, Quando mi disse: 'Volgi gli occhi in giue: Buon ti sarà, per tranquillar la via, 14 Veder lo letto delle piante tue.' Come, perchè di lor memoria sia, Sopra i sepolti le tombe terragne Portan segnato quel ch' elli eran pria : Onde li molte volte se ne piagne

.

16

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Per la puntura della rimembranza, Che solo ai pii dà delle calcagne : Si vid' io lì, ma di miglior sembianza, 22 Secondo l' artificio, figurato

Quanto per via di fuor dal monte avanza.

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Celestial, giacer dall' altra parte, Grave alla terra per lo mortal gelo. Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte, 31 Armati ancora, intorno al padre loro, Mirar le membra de' Giganti sparte. Vedea Nembrot appiè del gran lavoro, 34 Quasi smarrito, e riguardar le genti Che in Sennaar con lui superbi foro. O Niobè, con che occhi dolenti

Vedeva io te segnata in sulla strada Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! O Saul, come in sulla propria spada Quivi parevi morto in Gelboè,

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Più era già per noi del monte volto,
E del cammin del sole assai più speso,
Che non stimava l' animo non sciolto:
Quando colui che sempre innanzi atteso 76
Andava, incominciò: 'Drizza la testa;
Non è più tempo da gir sì sospeso.
Vedi colà un Angel che s' appresta
Per venir verso noi : vedi che torna
Dal servigio del di l' ancella sesta.
Di riverenza gli atti e il viso adorna,
Si che i diletti lo inviarci in suso:
Pensa che questo di mai non raggiorna.'
Io era ben del suo ammonir uso,
Pur di non perder tempo, sì che in quella
Materia non potea parlarmi chiuso.
A noi venia la creatura bella
Bianco vestita, e nella faccia quale
Par tremolando mattutina stella.
Le braccia aperse, ed indi aperse l'ale: 91
Disse Venite; qui son presso i gradi,
Ed agevolemente omai si sale.

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A questo annunzio vengon molto radi. 94
O gente umana, per volar su nata,
Perchè a poco vento così cadi?'
Menocci ove la roccia era tagliata:
Quivi mi battèo l' ali per la fronte,
Poi mi promise sicura l' andata.
Come a man destra, per salire al monte, 100
Dove siede la Chiesa che soggioga
La ben guidata sopra Rubaconte,
Si rompe del montar l' ardita foga,
Per le scalee che si fero ad etade
Ch' era sicuro il quaderno e la doga;
Così s' allenta la ripa che cade

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Quivi ben ratta dall' altro girone : Ma quinci e quindi l' alta pietra rade. Noi volgendo ivi le nostre persone, Beati pauperes spiritu, voci Cantaron si che nol diria sermone. Ahi! quanto son diverse quelle foci Dalle infernali; chè quivi per canti S'entra, e laggiù per lamenti feroci. Già montavam su per li scaglion santi, 115 Ed esser mi parea troppo più lieve, Che per lo pian non mi parea davanti : Ond' io: 'Maestro, di', qual cosa greve 118 Levata s'è da me, che nulla quasi Per me fatica andando si riceve ?' Rispose: 'Quando i P che son rimasi Ancor nel volto tuo presso ch' estinti, Saranno, come l' un, del tutto rasi,

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Noi eravamo al sommo della scala

Ove secondamente si risega

Lo monte che salendo altrui dismala : Ivi così una cornice lega

Dintorno il poggio, come la primaia, Se non che l' arco suo più tosto piega. Ombra non gli è, nè segno che si paia; 7 Par si la ripa, e par sì la via schietta Col livido color della petraia. 'Se qui per domandar gente s' aspetta,' 10 Ragionava il Poeta, 'io temo forse Che troppo avrà d'indugio nostra eletta.' Poi fisamente al sole gli occhi porse;

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Fece del destro lato al mover centro, E la sinistra parte di sè torse. 'O dolce lume, a cui fidanza i' entro

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Stanno ai perdoni a chieder lor bisogna, E l'uno il capo sopra l' altro avvalla, Perchè in altrui pietà tosto si pogna, Non pur per lo sonar delle parole, Ma per la vista che non meno agogna. E come agli orbi non approda il sole, Così all' ombre, là v' io parlav' ora, Luce del ciel di sè largir non vuole ; Chè a tutte un fil di ferro il ciglio fora, 70 E cuce sì, come a sparvier selvaggio Si fa, però che queto non dimora. A me pareva andando fare oltraggio, Veggendo altrui, non essendo veduto: Perch'io mi volsi al mio consiglio saggio. Ben sapev' ei che volea dir lo muto; E però non attese mia domanda ; Ma disse: Parla, e sii breve ed arguto.' Virgilio mi venia da quella banda

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Della cornice, onde cader si puote, Perchè da nulla sponda s' inghirlanda

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Dall' altra parte m' eran le devote
Ombre, che per l' orribile costura
Premevan si che bagnavan le gote.
Volsimi a loro, ed: O gente sicura,'
Incominciai, 'di veder l' alto lume
Che il disio vostro solo ha in sua cura;
Se tosto grazia risolva le schiume
Di vostra coscienza, sì che chiaro
Per essa scenda della mente il fiume,
Ditemi (chè mi fia grazioso e caro) 91
S'anima è qui tra voi che sia latina;
E forse a lei sarà buon, s' io l' apparo.'
'O frate mio, ciascuna è cittadina

D' una vera città; ma tu vuoi dire,
Che vivesse in Italia peregrina.'
Questo mi parve per risposta udire

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Più là alquanto che là dov' io stava; Ond' io mi feci ancor più là sentire. Tra l'altre vidi un'ombra che aspettava 100 In vista; e se volesse alcun dir: 'Come?' Lo mento, a guisa d' orbo, in su levava. 'Spirto,' diss' io, che per salir ti dome, 103 Se tu se' quelli che mi rispondesti, Fammiti conto o per loco o per nome.' 'I' fui Sanese,' rispose, 'e con questi 106 Altri rimondo qui la vita ria, Lagrimando a colui, che sè ne presti. Savia non fui, avvegna che Sapia Fossi chiamata, e fui degli altrui danni Più lieta assai, che di ventura mia.

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In campo giunti coi loro avversari, Ed io pregai Iddio di quel ch' ei volle. Rotti fur quivi, e volti negli amari Passi di fuga, e veggendo la caccia, Letizia presi a tutte altre dispari : Tanto ch' io volsi in su l' ardita faccia, 121 Gridando a Dio: "Omai più non ti temo;" Come fa il merlo per poca bonaccia. Pace volli con Dio in sull' estremo Della mia vita; ed ancor non sarebbe Lo mio dover per penitenza scemo, Se ciò non fosse che a memoria m' ebbe 127 Pier Pettinagno in sue sante orazioni, A cui di me per caritate increbbe. Ma tu chi se', che nostre condizioni

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Vai domandando, e porti gli occhi sciolti, Si come io credo, e spirando ragioni?'

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E vivo sono; e però mi richiedi,
Spirito eletto, se tu vuoi ch' io mova
Di là per te ancor li mortai piedi.'
'O questa è ad udir si cosa nuova,'
Rispose, che gran segno è che Dio t'ami;
Però col prego tuo talor mi giova.
E chieggioti per quel che tu più brami, 148
Se mai calchi la terra di Toscana,
Che a' miei propinqui tu ben mi rinfami.
Tu li vedrai tra quella gente vana 151

Che spera in Talamone, e perderagli Più di speranza, che a trovar la Diana; Ma più vi metteranno gli ammiragli,' 154

CANTO DECIMOQUARTO.

'Chi è costui che il nostro monte cerchia, Prima che morte gli abbia dato il volo, Ed apre gli occhi a sua voglia e coperchia ?'

ΙΟ

'Non so chi sia; ma so ch' ei non è solo : 4
Domandal tu che più gli t' avvicini,
E dolcemente, si che parli, acco' lo.'
Così due spirti, l' uno all' altro chini,
Ragionavan di me ivi a man dritta ;
Poi fer li visi, per dirmi, supini:
E disse l'uno: 'O anima, che fitta
Nel corpo ancora in ver lo ciel ten vai,
Per carità ne consola, e ne ditta
Onde vieni, e chi sei; chè tu ne fai
Tanto maravigliar della tua grazia,
Quanto vuol cosa che non fu più mai.'
Ed io: 'Per mezza Toscana si spazia 16
Un fiumicel che nasce in Falterona,
E cento miglia di corso nol sazia.
Di sopr' esso rech' io questa persona : 19
Dirvi ch' io sia, saria parlare indarno;
Chè il nome mio ancor molto non suona.'

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