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LETTERA

DI SUA SANTITÀ PAPA LEONE XIII

Al Sig. Card. MONACO LA VALLETTA

VICARIO GENERALE DI ROMA.

Signor Cardinale,

In mezzo alle ragioni di letizia e di conforto che fino dai primordi del nostro Pontificato avemmo in gran numero, per le non dubbie significazioni di riverenza e di affetto che Ci giunsero da ogni parte del mondo, non Ci mancarono gravi amarezze per le condizioni generali della Chiesa sottoposta quasi da per tutto a fiera persecuzione, e per quello che vedevamo accadere nella stessa Città di Roma centro del cattolicismo e Sede augusta del Vicario di Cristo. Qui una stampa senza freno e giornali intesi del continuo a combattere col sofisma e col dileggio la fede, ad impugnare le sacre

(Versio)

LITTERAE

SANCTISSIMI D. N. LEONIS PAPAE XIII Ad Emum Card. MONACO LA VALLETTA

VICARIUM GENERALEM ROMAE.

Tot inter solaminis atque laetitiae argumenta, quibus ab exordio Pontificatus nostri aucti sumus ex indubiis studii atque observantiae indiciis, quae prorsus ex omni mundi regione ad Nos pervenerunt; amaritudines haud defueruut graves, ob generalia Ecclesiae adiuncta, quae ubique terrarum infando laborat odio, atque ob ea omnia, quae Romae oculis conspicimus nostris, ubi catholicismi centrum augustaque Christi Vicarii sedes reperitur. Hic plena scribendi licentia atque ephemerides fidem sophismate contemptuque insectantur, sacra Ecclesiae iura oppugnant, auctoritatemque immi

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ragioni della Chiesa e a menomarne l'autorità; qui tempî di Protestanti sorti coll'oro di società bibliche anche nelle vie più popolose, quasi ad insulto; qui scuole, asili ed ospizi aperti all'incauta gioventù coll'apparente filantropico intendimento di giovarla nella coltura della mente e ne' suoi materiali bisogni, ma col vero scopo di formarne una generazione nemica della Religione e della Chiesa di Cristo. E quasi tutto ciò fosse poco, per opera di coloro che per debito di ufficio son tenuti a promuovere i veri interessi della romana cittadinanza, fu testè decretato il bando del Catechismo cattolico delle Scuole Municipali. Provvedimento riprovevole, che viene a togliere anche quest'argine all'eresia e all'incredulità irrompente, e lascia aperta la via ad un nuovo genere di straniera invasione, tanto più funesto e pericoloso dell'antico, quanto più direttamente mira a rapire dal cuore dei Romani il prezioso tesoro della fede e dei frutti che ne derivano. - Questo novello attentato alla Religione e pietà del Nostro popolo Ci riempie l'animo di un vivo e pungente rammarico e Ci costringe di scrivere a Lei, Sig. Cardinale, che fa le Nostre veci nello spirituale governo di Roma, la presente lettera sul doloroso argomento, per richiamarcene altamente in faccia a Dio e agli uomini.

E qui fin dal principio, in virtù del Nostro pastoral ministero, Ci è d'uopo tornare alla mente di ogni cattolico il dovere gravissimo che per legge naturale e divina gl'incombe d'istruire la sua

nuunt; hic Protestantium templa Societatum Biblicarum sumptibus extructa etiam ubi numerosior adest populus, quasi ad illudendum; hic adsunt scholae, asyla, hospitia incautae iuventuti reserata, eo consilio ut infensam Ecclesiae Christi atque Religioni effingant generationem; dum publice autument, se velle mentis culturae consulere, atque iuventutis eiusdem utilitati prospicere. Omniaque haec, quasi satis non essent, opera illorum, qui bono civitatis sedulam navare operam tenentur, decreto nuperrimo e Municipii scholis, catholicus eiicitur catechismus. Decretum, vituperio dignum, haeresiae atque incredulitati debaccanti obicem subtrahit; viamque novo exterae invasionis generi sternit, eo infensius antiquo, quod magis directe fidei thesaurum fructusque eiusdem saluberrimos e Romanorum corde abripere conatur. Moerore gravi Nos angit novum in Religionem populique nostri pietatem ausum, suadetque de tristi themate litteras tibi dare, Eme Domine, qui nostras in spiritualibus Romae vices adimples, ut coram Deo et hominibus alte quaerimonias tollamus nostras. Et primum, nostri ministeri pastoralis gratia, opus est ut in cuiuslibet catholici mentem gravissimum revocemus onus, quod, tum divina cum naturali lege, eidem incumbit,

prole nelle soprannaturali verità della fede, e il debito che in una città cattolica stringe coloro che ne reggono le sorti, ad agevo larne e promuoverne l'adempimento. E mentre in nome della Religione alziamo la nostra voce a tutela de' suoi più sacri diritti; vogliamo altresì che si rilevi quanto questa improvvida deliberazione sia contraria al vero bene della stessa società.

Certamente non si saprebbe immaginare qual pretesto abbia potuto consigliare una tale misura, se non forse quella irragionevole e perniciosa indifferenza in fatto di religione, nella quale ora si vorrebbe che crescessero i popoli. Fino ad ora la ragione e lo stesso naturale buon senso insegnò agli uomini di mettere da parte e fuori di uso ciò che in pratica non avesse fatto buona prova, o per mutate condizioni fosse diventato inutile. Ma chi potrà affermare che l'insegnamento del Catechismo non abbia fatto fin qui buona prova? Non fu il religioso insegnamento che rinnovellò il mondo, che santificò e ringentilì in mezzo agli uomini le scambievoli relazioni, che fece più delicato il senso morale, ed educò quella coscienza cristiana, che reprime moralmente gli eccessi, riprova le ingiustizie, ed innalza i popoli fedeli sopra tutti gli altri? Si dirà forse che le condizioni sociali dell'età che corre lo hanno reso inutile e nocivo? Ma la salute e la prosperità dei popoli non ha sicura tutela fuori della verità e della giustizia, delle quali la presente società sente così vivo il bisogno, e alle quali il Catechismo cattolico conserva

prolem supernaturalis fidei veritatibus imbuendi; ac debitum quo in catholica civitate premuntur, ut rem faciliorem expeditioremque reddant, qui summa rerum potiuntur. Dum vero, Religionis nomine, voces attollimus nostras ad sacra eiusdem iura protuenda, volumus etiam ut cuilibet innotescat quantum societatis bono adversetur insanum eiusmodi consilium.

Equidem ratio fugit quae decretum suasit, ni illa sit irrationalis periculique plena, quoad religionem, indifferentia, qua id temporis populos enutriri praesumitur. Ratio sensusque naturalis homines usque adhuc posthabere edocuerant quidquid in praxi bonum haud praesetulerit, aut quod, mutatis rerum conditionibus, inutile factum fuisset. Quis at vero evincere poterit Catechismum haud maxımum praesetulisse bonum? Tribuendum nonne est religiosae institutioni si mundus renovatus est, si muluae inter homines consuetudines humaniores effectae sint, si moralis sensus exquisitior evaserit, si conscientia religione exculta, excessus cohibet, iniustitiam respuit, fidelesque populos aliis anteponit? Forsan quis dicere audeat inutilem, aut noxium sociales conditiones aetatis nostrae cathechismum reddisse? Verumtamen populorum saluti atque prospe

pienamente intatti i loro sacri diritti. Per amore pertanto dei frutti preziosi, che già si raccolsero e giustamente si sperano da quell'insegnamento, non che bandirlo dalle pubbliche scuole, vi si dovrebbe anzi promuovere a tutto potere.

E questo esige altresì la natura del fanciullo e la condizione tutta speciale, in cui viviamo. Non si può a nessun patto rinnovare sopra il fanciullo il giudizio di Salomone e dimezzarlo con un taglio irragionevole e crudele tra la sua intelligenza e la volontà: mentre si prende a coltivare la prima, fa d'uopo avviare la seconda al conseguimento degli abiti virtuosi e dell'ultimo fine. Chi nell'educazione trascura la volontà, concentrando tutti gli sforzi alla cultura della mente, giunge a fare dell'istruzione un'arma pericolosa in mano dei malvagi. È l'argomento della mente che si aggiunge al malvolere e sovente alla possa, contro cui non si può fare alcun riparo.

E la cosa apparisce così chiara, che la riconobbero, sebbene a prezzo di contradizione, quelli medesimi che vogliono escluso dalla scuola l'insegnamento religioso; i quali non limitano i loro sforzi alla sola intelligenza, ma li estendono anche alla volontà, facendo insegnare nelle scuole un'etica che chiamano civile e naturale, ed avviando la gioventù all'acquisto delle virtù sociali e cittadine. Ma oltre che una morale così fatta non può guidare l'uomo all'altissimo fine destinatogli dalla divina Bontà nella visione beatifica di Dio, neppure ha forza bastevole sull'animo del fanciullo per educarlo a

ritati numquam datum fuit tutelam reperire extra veritatem et iustitiam; quarum maxime praesens indiget societas, quibusque sarta tectaque iura sua Catechismus protuetur. Fructuum proinde iam perceptorum gratia, atque illorum quos futuros speramus ex hac religiosa institutione, nedum proiici sed enixis viribus provehenda eadem foret.

Idque iuvenum indoles temporisque adiuncta, in quo vivimus repetunt. Neque enim in puerum renovare licet Salomonis iudicium, eumdemque irrationabiliter ac inhumaniter in medium dividere quoad eius intelligentiam ac voluntatem; eoquod dum prima excolitur, ad consequendos virtuosos habitus, ultimumque finem insectandum secunda dirigi debet. Ille qui totis viribus mentem excolit, posthabens voluntatem, id consequitur, ut instructio perniciosus fiat gladius apud improbos. Mentis est argumentum, quod malevolentiae atque potentiae saepe adiicitur, adversus quod nullum datur munimen.

Talique res splendore nitescit, ut pro vera, etsi contradictionis pretio, ab eisdem haberetur qui religionis documentum a scholis proici cupiunt; dum ad intellectum solummodo conamina haud dirigant, sed ad voluntatem quoque, satagentes ut ethica, quam civilem

virtù e mantenerlo saldo nel bene, nè risponde ai veri e sentiti bisogni dell'uomo, il quale è animal religioso nel modo che è animale socievole, e nessun progresso di scienza può mai svellergli dall'animo le radici profondissime di religione e di fede. Perchè dunque non valersi del Catechismo cattolico per educare a virtù i cuori dei giovanetti, nel quale si rinviene il modo più perfetto e i semi più fecondi di una sana educazione?

L'insegnamento del Catechismo nobilita ed innanza l'uomo nel suo proprio concetto, conducendolo a rispettare in ogni tempo sè medesimo e gli altri. È grande sventura che molti di quelli, i quali sentenziano il Catechismo ad uscire dalle scuole, abbiano posto in dimenticanza, o non considerino quello che dal Catechismo appresero nell'età infantile. Altrimenti sarebbe loro assai facile l'intendere come l'insegnare al fanciullo, che egli uscì dalle mani di Dio, frutto dell'amore che Questi liberamente gli pose; che tutto quanto si vede è ordinato per lui Re e Signore del creato; ch'egli è sì grande e tanto vale, che l'Eterno Figlio di Dio per riscattarlo non isdegnò di prendere la sua carne; che del sangue dell'Uomo-Dio è bagnata la sua fronte nel battesimo; che delle carni dell'Agnello divino si alimenta la sua vita spirituale; che lo Spirito Santo dimorando in lui come in vivo suo tempio gli infonde vita e virtù affatto divina; è lo stesso che dargli impulsi efficacissimi a custodire la qualità gloriosa di figliuolo di Dio e ad onorarla col virtuoso contegno.

appellant atque naturalem, in scholis edoceatur, curantesque ut iuventus ad civilium et socialium virtutum acquisitionem dirigatur. Ast moralis eiusmodi philosophia nedum ad altiorem finem, Divina Bonitate constitutum in beatifica Dei visione, hominem ducere valet sed impar quoque evadit ad hoc ut infantis animus ad veram instituatur virtutem, et in recto constans tramite permanere queat; neque hominis iusta implet desideria et studia, quoniam eodem tempore animal est religiosum atque sociale, nullusque scientiae progressus abripere ex penitiori animo posset fidei religionisque radices. Cur ergo ad virtutem haud trahuntur iuvenum corda Catechismo catholico, in quo modus perfectior et rectae educationis germina abdita reperiuntur? Suam agnoscit homo dignitatem per fidei institutionem; quae efficit ut omni in aevo seipsum aliosque colat. Maximum vere est damnum quod ipsi qui Catechismum exilio plectunt, aut obliti sint, aut considerare renuant quidquid per Catechismum in pueritia didicerint. Aliter facili modo intelligerent quod infantem edocendo: illum e manibus Dei exiisse, ceu amoris fructum quo libere a Deo auctus est; omnia quae conspiciuntur pro Eo ordinata fuisse qui creationis Rex et Dominus dicitur; illumque ita esse

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