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se trarre a simile intendimento.' Onde io volendo che cotal desiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti si che alcuno dubbio non potessero inducere le rimate parole, ch' io avea dette dinnanzi, proposi di fare un Sonetto, nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E dissi allora : Lasso! per forza ec.

Dissi lasso, in quanto mi vergognava di ciò che li miei occhi aveano cosi vaneggiato. Questo sonetto non divido, però che è assai manifesta la sua ragione.

Lasso per forza de' molti sospiri,

Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.

E fatti son, che paion due desiri
Di lagrimare e di mostrar dolore,
E spesse volte piangon sì, ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri.2
Questi pensieri, e li sospir ch' io gitto,
Diventano nel cor si angosciosi,

Ch' Amor vi tramortisce, sl glien duole;
Perocch' egli hanno in sè li dolorosi
Quel dolce nome di madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

§ XLI. Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere quella imagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura, la quale vede la mia donna gloriosamente), che alquanti peregrini passavano per una via, la quale è quasi in mezzo della

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cittade, ove nacque, vivette e morio la gentilissima donna, e andavano, secondo che mi parve, molto pensosi. Ond❜io pensando a loro, dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi paiono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre cose che di questa qui; che forse pensano delli loro amici lontani, li quali noi non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: Io so che se questi fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati, passando per lo mezzo della dolorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S' io li potessi tenere 1 alquanto, io pur gli farei piangere anzi ch' egli uscissero di questa cittade, perocchè io direi parole, che farebbero piangere chiunque le udisse." Onde, passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un sonetto, nel quale manifestassi ciò ch'io avea detto fra me medesimo; ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato loro; e dissi questo sonetto, lo quale comincia: Deh peregrini ec.

1

Dissi peregrini, secondo la larga significazione del vocabolo: chè peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo ed in uno stretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della patria sua; in modo stretto non s'intende peregrino, se non chi va verso la casa di santo Jacopo, o riede: e però è da sapere, che in tre modi si chiamano propriamente le genli, che vanno al servigio dell' Altissimo. Chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare là onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno alla casa di Galizia, però che la sepoltura di santo Jacopo fu più lontana dalla sua patria, che d'alcuno altro apostolo; chiamansi romei in quanto vanno a Roma, là ove questi ch' io chiamo peregrini andavano. Questo sonetto non si divide, però ch'assai il manifesta la sua ragione.

Deh peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa che non v'è presente,

Ed il Petrarca, son. XII:
Movesi il vecchierel canuto e bianco

E viene a Roma, seguendo il desio,
Per mirar la sembianza di Colui,
Ch' ancor lassù nel ciel vedere spera.

1 Intrattenere.

3

2 le udisse, al. le intendesse.

3 Cioè, de'loro parenti e amici lontani, come l'autore stesso ha detto di sopra.

Venite voi di sì lontana gente,'
Come alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che neente 2
Par che intendesser la sua gravitate.1
Se voi restate, per volere udire,
Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lagrimando n' uscirete pui.“
Ella ha perduto la sua Beatrice;

E le parole, ch' uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

§ XLII. Poi mandaro due donne gentili a me pregandomi che mandassi loro di queste mie parole rimate; ond' io, pensando la loro nobiltà, proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più onrevolmente adempiessi li loro prieghi. E dissi allora un sonetto, il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia Venite a intender ec. Il sonetto, il quale io feci allora, è Oltre la spera ec.

6

Questo sonetto ha in sè cinque parti: nella prima dico là ove va il mio pensiero, nominandolo per nome di alcuno suo effetto; nella seconda dico per che va lassù, e chi 'l fa così andare; nella terza dico quello che vide, cioè una donna onorata. E chiamolo allora spirito peregrino, acciocchè spiritualmente va lassù, e sì come peregrino, lo quale è fuori della sua patria; nella quarta dico com' egli la vede tale, cioè in tale qualità, ch' io non la posso intendere; cioè a dire che il mio pensiero sale nella qualità di costei in grado3 che il mio intelletlo nol può comprendere; conciossiacosachè il nostro intelletto s'abbia a quelle benedette anime, come l'occhio nostro

7

1 Figurat. di sì lontano paese.

2 neente e neiente dissero gli antichi. 3 La mestizia di essa, cioè della città.

Cioè, dopo aver udito la cagione della sua mestizia. 5 Ella, cioè la città.

Perciocchè.

7 della sua patria, al. della sua pa

tria vista.

8 in grado, sottintendi tanto sublime. 9 Si stia. Aversi è qui usato nel senso di starsi in una data proporzio ne, conforme si pratica in algebra.

debole al Sole: e ciò dice il filosofo nel secondo della Metafisica; nella quinta dico che, avvegnache io non possa vedere là ove il pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè che tal è il pensare della mia donna, perchè io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico donne mie care, a dare ad intendere che son donne coloro cui parlo. La seconda parte incomincia : Intelligenza nuova; la terza; Quand' egli è giunto; la quarta: Vedela tal; la quinta: So io ch' el parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma puossi passare con questa divisione, e però non mi trametto di più dividerlo.

Oltre la spera, che più larga gira,

Passa il sospiro ch' esce del mio core:1
Intelligenza nuova, che l'Amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
Quand' egli è giunto là, dov' el desira,
Vede una donna, che riceve onore,
E luce sì, che per lo suo splendore
Lo peregrino spirito la mira.
Vedela tal, che, quando il mi ridice,

Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare.
So io ch' el parla di quella gentile,
Perocchè spesso ricorda Beatrice,

Sicch' io lo intendo ben, donne mie care.

§ XLIII. Appresso a questo sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infino a tanto che io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com' ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto

1 Intendi: Il sospiro, ch' esce dal mio cuore, tanto s' inalza, che va al di là della nona ed ultima sfera (il primo mobile), e giunge all' empireo.

2 Una nuova intelligenza, cioè, una e più forte facoltà intellet

nuova

tiva.

3 per, cioè, per mezzo, framezzo.

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LA VITA NUOVA DI DANTE ALIGHIERI.

d'alcuna. E poi piaccia a Colui, ch'è sire della cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, che gloriosamente mira nella faccia di Colui, qui est per omnia sæcula benedictus.

1 Per queste parole si fa manifesto che fin dalla sua gioventù aveva Dante concepito l'idea del suo Poema, nel quale voleva dir di Beatrice quello che mai non fu detto d' alcuna, perciocchè avrebbe

di lei formato l' altissimo simbolo della divina sapienza. Anche nella canzone Donne, ch'avele, st. II, disse di sè stesso che avrebbe detto nel l'Inferno a' malnati: Io vidi la spe ranza de' beali.

FINE DELLA VITA NUOVA.

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