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sua malafede e impudenza? Ma non puossi chiaramente mostrare, si continuerà a dire, che il Trissino non sia l'autore del libro, dappoichè l' originale latino su cui fece la sua edizione il Corbinelli, mai più non s'è veduto, lo che induce grave sospetto di frode. Ma se la maggior parte de' Codici greci, sui quali fece le sue edizioni l' Aldo, son oggi perduti, perchè non potrà essersi perduto quello usato dal Corbinelli 2 Dicano invece i critici qual molla potea spingere il Trissino e l'editore del testo latino a commettere una tale impostura. Io veggo frattanto che la Poetica del Trissino non concorda colle massime del Volgar eloquio; dunque lo scrittore non è lo stesso: veggo nel Volgar eloquio, che non è fatta menzione della Divina Commedia, la qual cosa un impostore, ad autenticare il suo libro, non avrebbe certo lasciato di fare: veggo che il traduttore italiano ha talvolta inteso a rovescio le frasi del testo latino, lo che mostra apertamente che l'autore della traduzione non è lo stesso del testo. E questa particolarità fu pure notata dal Dionisi, dal Foscolo, e da altri giudiziosi scrittori.

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Ma è tempo_omai che abbian fine queste lunghe ed intricate questioni. Io annunziai pel primo all' Italia, che l'originale latino del Volgar eloquio di Dante, e molto verosimilmente lo stesso codice di cui si servì il Corbinelli, era già ritrovato, e conservavasi nella pubblica biblioteca di Grenoble. Il marchese Trivulzio di Milano ne fece conoscere un altro, che faceva e fa parte della sua sceltissima e preziosa biblioteca, ed era quello stesso che tenne sott' occhio il Trissino per far la sua traduzione. Ed il dottor Alessandro Torri annunziò di averne veduto e consultato un altro nella Vaticana di Roma.3 Ora poichè l'opera mandata in luce e dal

1 « Il citare Mario Filelfo come autorità è tanto ridicolo, come sarebbe il citare l'autore del Don Chisciotte per conferma d' un fatto storico. Mario Filelfo, riconosciuto e vivo e morto per un solenne impostore da tutti, meriterà ora tanta fede? È certo che il libro del Volgare eloquio non fu conosciuto da alcuno prima del Trissino, benchè fosse noto che Dante l'avesse scritto, siccome afferma il Boccaccio: onde è da credere che il Filelfo ne inventasse il principio, siccome ha inventato i titoli di opere, che Dante..... non ha mai scritte nè immaginate. Quella Vita di Dante (scritta dal Filelfo) debb' essere un bel romanzo, a giudicarne da' brani pubblicati dal Mehus... » (G. G. Trivulzio, Lettera al Conte M. Valdrighi, agosto 1828.)

2 Dantis Aligherii de Vulgari Eloquio etc.; Florentiæ, typis Allegrini et Mazzoni, 1840.

3 Il codice Trivulziano, cartaceo in 40 piccolo, ch'è della fine del secolo XIV o del principio del XV, è quello stesso, su cui il Trissino fece nel 1529 la sua traduzione; e ciò si rileva dalle note e postille, che quel

Trissino e dal Corbinelli è stata riscontrata (salvo alcune varianti, nella presente questione inconcludenti) pienamente conforme a quella presentata da' detti tre codici, lo studiato edifizio degli scettici ha dovuto finalmente cadere in frantumi. 1

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suo antico possessore vi fece ne' margini. È dunque anteriore d'un secolo al Trissino.

Il codice della pubblica biblioteca di Grenoble, membranaceo in 4o piccolo, è, come quello della Trivulziana, della fine del secolo XIV o del principio del XV; onde è pur esso anteriore d'un secolo al Trissino. Congetturasi esser quello stesso, su cui il Corbinelli fece nel 1577 la prima edizione del testo latino.

Il codice della biblioteca Vaticana, ch'è cartaceo in 8° e segnato di umero 1370, porta la data del 1508. È dunque anteriore di 21 anni alla traduzione del Trissino.

1 « Lo Scolari non vuol riconoscere il Volgar eloquio per opera di Dante, > a motivo che trova esservi alcune contradizioni coll'opera del Convito e della Divina Commedia. E sarà forse la prima volta che un autore can> gia d'opinione, particolarmente in cose scientifiche e letterarie? Io ho veduto lo Scolari più volte nello scorso mese a Padova, e gli ho mostrato » che in molte delle emendazioni proposte nell' Appendice non avea bene » inteso il senso de' passi esaminati; e gli ho fatto tornare in gola quel >> requiescat in pace ch' egli ha cantato (pag. 13) sul testo unico del libro del Volgare eloquio, facendogli vedere e toccare ancor vivo il mio codice, » che aveva meco espressamente recato. Io l'ho convinto, confuso; ma » persuaso? non credo: tanta è la tenacità delle opinioni letterarie. Tutta » quella pag. 13 è piena zeppa d'errori, tra i quali non è l'ultimo il con» fondere, come fa, il ritrovamento d'un codice e la compilazione del medesimo, quasi che fosse la stessa cosa.» (G. G. Trivulzio, lett. cit.)

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Quand' io poi ebbi annunziato il ritrovamento del codice del Corbinelli, ecco ciò che lo Scolari s'affrettò di dire per le stampe:

«Mi sia permesso d' avvisare, che sull' autenticità complessiva del libro che s'attribuisce a Dante sotto il titolo di Volgare eloquio, col testo » latino del Trissino, tengo sempre più tranquillamente ch'essa sia da » escludere affatto, nè in ciò mi resta altro desiderio (dopo quanto scrissi » nell' Appendice al Convito, e quanto avrei da scrivere ancora) fuor quello » di vedere co'miei proprii occhi quel famoso codice di Grenoble, cui si » riporta il chiarissimo signor Fraticelli; codice che andò veramente a » cacciarsi un po' lontano da noi, per potere esser veduto ed esaminato a » dovere. Avessi trovato almeno una descrizione esatta della scoperta avvenuta, quando, come, colla storia de' viaggi che ha fatto il codice per » arrivare sin là, ec. ec.! »

E con tale ironico e frivolo scetticismo il tenace signor Filippo Scolari credeva risolvere la combattuta questione! Ma che dirà egli, ora che non uno, ma tre codici, e tutti anteriori al Trissino, sono stati ritrovati, svolti e consultati, e minutamente descritti ?

Un'altra domanda è stata fatta, ed è: quando ha egli Dante scritto questo suo libro? prima o dopo la Divina Commedia? Anco a questo risponderò brevemente e poi farò fine.

Che il Trattato del volgar eloquio fosse scritto da Dante nel tempo del suo esilio, è indubitato, poichè lo dice egli stesso due volte: al cap. VI del libro I, amiamo tanto Fiorenza, che per averla amata, patiamo ingiusto esilio; ed al cap. XVII del libro medesimo, quant' egli poi (il volgare illustre) faccia i suoi familiari gloriosi, noi stessi l'abbiamo conosciuto, i quali per la dolcezza di questa gloria ponemo dopo le spalle il nostro esilio. E poichè in questa operetta va notando le differenze degl' italici dialetti e le varietà dei loro suoni, rendesi molto probabile ch' ei la scrivesse non già ne' primi tempi dell' esilio, ma dopochè in forza di esso aveva egli dovuto peregrinar per l'Italia.

Il libro primo sembra essere stato scritto dal 1305 al 1306. Infatti nel capitolo XVIII dice gl' Italiani mancare di curia (secondo che unica si piglia, come quella del re di Alemagna), perchè mancan di principe. Ma così non avrebbe egli detto nel 1309, quando Arrigo VII di Lussemburgo, stato già eletto re de' Romani, era in sulle mosse per venire re in Italia. Nel cap. XII parla poi di Giovanni I di Monferrato, d'Azzo VIII da Este e di Carlo II di Napoli, siccome di personaggi viventi; ed essi morirono nel 1306, 1308, 1309. Bene dunque si deduce, che Dante non può avere scritto il primo libro che innanzi quelle date, e così dal 1305 al 1306. Ed a più forte argomento si deduce che non può averlo scritto dopo il 1309. E quanto a quel passo del Convito, che sembrerebbe contradire a questa deduzione, di questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libro ch' io intendo di fare, Dio concedente, di volgare eloquenza, se bene si considera, non riesce contradittorio; perciocchè l'autore di un' opera che dee constare di quattro libri, non avrebbe potuto in diversa maniera parlarne, quand' egli non ne aveva pure terminati due, e non aveane pubblicato alcuno.

Rispetto all'anno in che fu scritto il libro secondo, quantunque dalle parole colle quali incomincia, promettendo un'altra volta la diligenza del nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo ec., sembri potersi dedurre che Dante non vi pose mano se non qualche tempo dopo aver compito il primo; pure questo tempo, da lui fra l'uno e l'altro libro frapposto, non ha da essere stato molto lungo. Imperocchè, se Azzo VIII da Este, il quale morì nel 31 gennaio 1308, si trova nominato siccome vivente nel libro I, lo si trova pur nel II, la lodevole discrezione del Marchese da Este, e la sua preparata a tutti

magnificenza, fa esso essere diletto (cap. VI). Dunque il libro secondo non può essere stato scritto più tardi del 1307. Ora, se Dante scrisse il Trattato del Volgar eloquio dal 1305 al 1307, scrivealo dunque mentre dettava la prima cantica del suo Poema, poichè questa non potè esser compiuta e pubblicata innanzi del 1309.

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