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Il Concilio fu presieduto dall' imperatore, il quale prese pure parte vivissima alla discussione ed anzi, secondo quanto riferisce Teodoreto (1), avrebbe proposta la formola della definizione in cui convennero la maggior parte dei padri, dichiarando che Cristo era consustanziale col Padre quоodatov tý natpi, condannando così Ario, le sue dottrine e i suoi libri, che si ordinò fossero abbruciati, mentre il loro autore fu mandato in esilio (2).

Nè qui si arrestava la immistione di Costantino nella questione ariana. L'imperatore indotto dalla sorella favorevole agli ariani, e da Eusebio di Nicomedia, che aveva preso parte al Concilio di Nicea era stato favorevole ad Ario, e come tale esiliato egli pure, convocava dieci anni dopo, nel 335, un nuovo Concilio in Tiro, il quale assolveva Ario e condannava Atanasio, succeduto ad Alessandro nell'episcopato (3).

Anzi, radunati nuovamente i vescovi a Costantinopoli e nuovamente condannato Atanasio, Costantino lo esiliava, richiamando contemporaneamente Ario. Poco appresso però Ario moriva, e moriva pure Costantino, non soltanto favorevole alla eresia ariana, ma battezzato, come già si disse, negli ultimi giorni della sua vita da Eusebio di Nicomedia, vescovo ariano (4).

(1) Storia Ecclesiastica, I, 12. LUCCI, op. cit., I, pag. 175.

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(2) Altre definizioni vennero date dal Concilio di Nicea, ma di queste che più riguardano gli ordinamenti interni della Chiesa tratteremo nel capo II.

(3) MANSI, op. cit., II, 1123.

(4) A Costantino fra le altre è attribuita una legge, secondo la quale egli avrebbe riconosciuta una vera giurisdizione ai vescovi in materia civile. Questa legge però, contenuta nella costituzione De confirmando iudicio episcoporum et testimonium unius episcopi accepto ferri, secondo cui le sentenze arbitrali dei vescovi avrebbero avuto efficacia legale, e si sarebbe fatta un'eccezione in favore dei vescovi al principio generale della insufficienza di un solo testimonio, è generalmente ritenuta come apocrifa. Certo quando nel 398 Arcadio e nel 408 Onorio (Cod. Iust., I, iv, 7, che ritiensi come facente parte della legge X, Cod. Theod., II, 1), riconobbero efficacia ai giudizî arbitrali dei vescovi, da lungo tempo era invalso l'uso per i cristiani di deferire le loro controversie al giudizio dei vescovi, come già fu notato a suo tempo (V. sopra, 26, pag. 78). Ammesso però anche l'uso anteriore alle leggi di Arcadio e di Onorio, non è giustificata la esistenza di una legge costantiniana in proposito, specialmente pel silenzio d'Eusebio, e perchè è dimostrata inattendibile la testimonianza di Sozomeno (Hist. Eccl., I, 9). È notevole poi sopratutto che la costituzione De confirmando iud. episc., si fa risalire all'anno 331, ed CASTELLARI, Diritto Ecclesiastico.

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33) La protezione accordata dagli imperatori alla Chiesa e la loro immistione nell' esercizio della potestà ecclesiastica continuano ed anzi si accentuano viemmeglio sotto gli immediati successori di Costantino.

La morte di Costantino produsse nuovamente la divisione dell'impero, che dopo varie vicende rimase a Costanzo in Oriente e a Costante in Occidente. Costanzo seguendo le ultime tendenze del padre o sobillato da Eusebio di Nicomedia ariano, favorival apertamente le dottrine di Ario e quindi osteggiava Atanasio.

Lo stesso vescovo Eusebio aveva proposto di rimettere al vescovo di Roma la decisione intorno alla questione che nuovamente si agitava ed alle accuse contro Atanasio. Questi però seppe prevenire l'avversario nell' animo di Giulio I vescovo di Roma (1).

Veramente la questione ariana in Occidente non era stata da principio considerata così grave ed importante quale lo fu in seguito. La venuta di Atanasio in Roma diede origine a vivaci discussioni anche in Occidente, e Giulio I per risolvere la questione convocava un concilio in Roma stessa.

Eusebio però prevedendo che il concilio romano avrebbe favorito Atanasio, indusse Costanzo a convocarne un altro in Antiochia (341). Il concilio di Antiochia, nel quale l'elemento ariano prevaleva, si pronunziò contro Atanasio a cui Costanzo sostituiva immediatamente un altro vescovo nella sede di Alessandria. In

esiste una legge di poco posteriore dello stesso Costantino, che, in piena contraddizione colla prima, conferma senza nessuna eccezione il principio generale della insufficienza di un solo testimonio. Intorno a questo argomento si consulti HOROY, Des rapports du sacerdoce avec l'autorité civile à travers les âges, I, 325. CRIVELLUCCI, op. cit., I, 153.

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Nè questa è la sola legge attribuita a Costantino perchè favorevole alla Chiesa, allo scopo evidente di consolidare, facendola risalire a tempo antichissimo, la posizione privilegiata della Chiesa. Anche la legge I, lib. XI, tit. 1, Cod. Theod., che dichiara immuni i beni delle chiese dall'imposta sui fondi, attribuita a Costantino, è considerata come apocrifa (CRIVELLUCCI, op. cit., I, 155). Apocrifa poi certamente la nota donazione della città di Roma, dell'Italia e luoghi Occidentali che si pretese fatta da Costantino al pontefice romano. Il carattere apocrifo di questa donazione non è neppur messo in dubbio da coloro stessi che sostengono la legittimità e la necessità del potere temporale.

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(1) ATANASIO, Apolog., I. SOCRATE, II, 15; IV, 23. SAN GEROLAMO, Ep., XVI. GIULIO, Epist. apud ATANASIO, Op. Am., 745. — So

ZOMENO, III, 8.

Occidente invece prevalevano gli atanasiani, sia perchè favoriti da Giulio I, sia anche perchè Costante naturalmente avverso al fratello, cedeva all influenza dei vescovi della parte di Atanasio. Secondo alcuni per opera di Giulio I, e secondo altri per iniziativa dello stesso Costante, i due imperatori decisero di riunire, per definire ogni questione, un concilio generale in Sardica (343). Il concilio di Sardica però non fu ecumenico, poichè, sorta immediatamente questione se Atanasio potesse prender parte al concilio, i vescovi orientali contrarii a lui lasciarono Sardica per riunirsi nella vicina Filippopoli, donde anatemizzarono Osio che presiedeva a Sardica e Giulio I, e tutti coloro che favorivano Atanasio (1).

Nel concilio di Sardica fu stabilito un principio che interessa specialmente la storia esterna del diritto ecclesiastico. Come vedemmo nella questione dei donatisti erasi interposto appello alla autorità dell'imperatore contro le definizioni conciliarî. Così pure Atanasio condannato dal concilio di Tiro, aveva appellato a Costantino. I padri di Sardica invece sancirono il principio che i vescovi condannati dai sinodi provinciali dovessero ricorrere al vescovo di Roma, il quale avrebbe designato i nuovi giudici. Per tal modo veniva ad escludersi l'appello all' imperatore, che fino allora erasi praticato, e incominciava la Chiesa a sciogliersi dalla intromissione della potestà imperiale. Malgrado però le discordie fra i due concilii di Sardica e di Filippopoli, Giulio I seppe così bene condursi che finì per ottenere il richiamo di Atanasio di Alessandria. Costante, che specialmente aveva favorita la riunione di Sardica (2) minacciando il fratello di una guerra, gli strappò la concessione in favore di Atanasio (3).

Morto però Costante nel 350 e riunito l'impero nelle mani del solo Costanzo, questi favorì nuovamente la parte ariana. Era succeduto a Giulio I, vescovo di Roma, Liberio, il quale preoccupandosi della risorta questione ariana e delle tendenze di Costanzo lo richiedeva di convocare un concilio generale in Aquileia. L'imperatore lo convocò difatti, ma ad Arles, e questo concilio moderato sempre da Costanzo, condannava Atanasio e

(1) MANSI, op. cit., III, pag. 126.

(2) SOCRATE, II, 20.

SOZOMENO, III, 2. - LIBERIO, Ad Const. Epist. ATANASIO, Ad Solit. vit. ag.

(3) SOCRATE, II, 23.

SOZOMENO, III, 20. ATANASIO, Ad Solit. vit. ag.; Apolog., I e II.

FILOSTORGIO, III, 12.

gli oppositori di Ario (1). La decisione non piacque a Liberio, il quale, disapprovandola, chiese all' imperatore la convocazione di un nuovo concilio, e l'imperatore aderì radunandolo a Milano (355), dove si rinnovò la condanna di Atanasio (2). Fu costretto recarsi a Milano anche Liberio, il quale non si lasciò atterrire dalle minaccie imperiali e dovette prendere egli pure con altri la via dell'esilio (3). L'arianesimo aveva dunque il sopravvento e Costanzo radunava in seguito parecchi concilii per contrapporre alla definizione del concilio niceno un'altra nel senso ariano. Lo stesso Liberio, dopo due anni di esilio, rinunziava all'aureola di martirio che gli aveva creato la sua nobile condotta anteriore, e sottoscriveva una formola semi-ariana stabilita nel concilio di Rimini. In una parola la volontà imperiale fu così potente nella società ecclesiastica che s'impose persino nelle questioni dogmatiche (4).

E Costanzo, come già aveva fatto Costantino, emanò leggi, le quali dall' un lato favorivanc la nuova Chiesa, dall' altro colpivano il paganesimo. Egli dichiarò esenti i chierici dagli ufficî così detti sordidi (sordida munera) (5), dagli uffici cu

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(1) LIBERIO, Epist., II. ATANASIO, Apolog., II. DE BROILLE, Histoire de l'église, t. III.

(2) SOZOMENO, IV, 9. SOCRATE, II, 36. SULPICIO SEVERO, L. II. ILARIO, Orat. ad Const. imper. - ATANASIO, Ad solit. vit. ag. - LUCIFERO, Pro Athan. Questo Lucifero, vescovo di Cagliari, insieme ad Eusebio di Vercelli e a Dionisio di Milano, furono tra i pochissimi che seppero resistere all'imperatore e non sottoscrissero la condanna di Atanasio, e tutti furono esiliati.

Costanzo, secondo la narrazione di ATANASIO (Ad solit. vit. ag.) avrebbe esplicitamente imposta come canone la sua volontà ai vescovi, giungendo persino a sguainare la spada contro coloro, che, come Eusebio e Lucifero, resistevano alla sua volontà.

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(3) SOZOMENO, IV, 11. Libellus FAUSTI, p. 30. ATANASIO, Ad solit. vit. ag. Non soltanto Costanzo esilio il vescovo di Roma, Liberio, ma pare che nominasse suo successore il diacono Felice. CRIVELLUCCI, op. cit., I, 224, il quale cita in proposito la legge 14, tit. 11, lib. XVI, del Cod. Theod., diretta a Felice vescovo.

(4) Molto si discute intorno al mutamento di Liberio, il quale però non può essere con serii argomenti contestato (ILARIO, Contra Const. imper., XI. SOZOMENO, IV, 11, 15). Si può consultare sopra tale questione CRIVELLUCCI, op. cit., I, 226, in nota. DE BROILLE, op. cit., 380 e seg.

(5) Cod. Theod., XVI, 11, 10: « Ut ercles arum coetus concursu populorum ingentium frequentia clericis ac iuvenibus praebeatur immunitas repellaturque ab his exactio munerum sordidorum..... parangariarum quoque parili

riali (1), dall'imposta speciale pel commercio (2), ordinò che i vescovi non potessero essere giudicati dai giudici ordinarii ma dovessero invece essere giudicati da un altro vescovo (3). Così pure Costanzo pubblicò parecchie leggi, intorno alle quali si discute se siano di assoluta proibizione o soltanto di limitazione ai riti e sacrifizii pagani, ma che ad ogni modo hanno già un carattere più spiccatamente contrario alla religione pagana di quello che non avessero le leggi di Costantino in cui erasi proclamato il principio della libertà di culto (4).

modo cesset exactio. » E la legge 14: « Omnis a clericis indebitae conventionis iniuria et iniquae exactionis repellatur improbitas nullaque contentio sit circa eos munerum sordidorum. » E più sotto, § 3: « ad parangariarum quoque praestationem non vocentur nec eorundem facultates atque substantiae. » È noto che erano sordida munera certe opere manuali che si imponevano, come le riparazioni dei ponti e delle strade, la panis excoctio, pistrini obsequium, ecc. Angariae e parangariae erano le prestazioni di animali e carri pei trasporti di cui abbisognava il fisco sulla via ordinaria e pubblica o extra viam publicam.

(1) Cod. Theod., XVI, 11, 11: Iam pridem sanximus ut catholicae legis anthistites et clerici qui in totum nihil possident, ac patrimonio inutiles sunt ad munera curialia minime devocentur.

2) Cod. Theod., XVI, 11, 8: Et si quid de vobis alimoniae causa negotiationem exercere volunt immunitate potientur. È da notarsi però che, a quanto pare, la esenzione dalle imposte e servizii personali non era accompagnata da esenzione dalle imposte reali. Cod. Theod., XVI, 11, 15: In ariminensi synodo super ecclesiarum et clericorum privilegiis tractatu habito usque eo dispositio progressa est ut iuga quae videntur ad ecclesiam pertinere a publica functione cessarent inquietudine desistente, quod nostra videtur dudum sanctio repulisse..... § 2: De his sane clericis qui praedia possident sublimis auctoritas tua non solum eos aliena iuga nequaquam statuet excusare sed etiam his quae ipsi possident eosdem ad pensitanda fiscalia perurgeri.

(3 Cod. Theod., XVI, 11, 12: Mansuetudines nostrae lege prohibemus in iudicio episcopos accusari, ne dum ad futura ipsorum beneficio impunitas aestimatur libera sit ad arguendos eos animi furialibus copia. Si quid est igitur quaerelarum quod quispiam defert apud alios potissimum episcopos convenit explorari ut opportuna atque commoda cunctorum quaestionibus audentia commodetur.

(4) Le leggi con le quali Costanzo solo o col collega Costante, diresse contro il paganesimo, sono riferite nel Cod. Theod., XVI, x, 2: Cesset superstitio, sacrificiorum aboleatur insania, nam quicumque contra legem dici principis parentis nostri ad hanc nostrae mansuetudinis iussionem ausus fuerit sacrificia celebrari, competens in eum vindicta et praesens sententia exharatur. E la legge 4: Volumus etiam cunctos sacrificiis abstineri quod si quis aliquid forte huiusmodi perpetraverit gladio ultore ster

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