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ottimi rapporti, e che essi lo rispettavano e si rivolgevano continuamente a lui e in lui riponevano piena fiducia (1). Parte diretta poi ebbe il re goto nella elezione del successore di papa Anastasio II. Era sorta questione tra Simmaco e Lorenzo, ambedue eletti, e discutevasi quale delle due elezioni dovesse essere considerata come valida. Teodorico intervenne e pronunziò in favore di Simmaco, dichiarandolo eletto canonicamente, ed anzi, per quanto si può ricavare dal Liber pontificalis, egli non limitò la sua decisione. al caso speciale, ma dichiarò in genere che dovesse tra due contendenti essere eletto colui che fosse stato ordinato prima od avesse avuto la maggioranza dei voti. Lo stesso principio venne poco appresso confermato in un sinodo tenuto da Simmaco, dove si riconobbe che dovesse prevalere il papa eletto dalla maggioranza (2).

mento sopra esplicite testimonianze, Op. cit., II, 72. È generalmente accolta l'opinione contraria, che cioè nel principio del suo regno Teodorico non abbia preso parte alla elezione dei pontefici GREGOROVIUS, Op. cit., II, II, 6. Il CRIVELLUCCI cita pure BERTOLINI, I Barbari, nella Storia generale d'Italia.

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(1) MANSI, Op. cit., VIII, 85 e 142.

(2) Il Liber pontificalis in Simmaco dice che Teodorico pronunzio spettare la sede a colui qui prior ordinatus fuisset vel ubi pars maxima cognosceretur favere. La decisione è detta ingenua dal CRIVELLUCCI, II, 83, e si vuol spiegare da altri dando alla parola vel il significato dichiarativo di cioè, quasi la priorità dell'ordinazione implicasse che per quel candidato vi fosse la maggior parte degli elettori. A parer nostro, la dicitura del Liber pontificalis, alquanto oscura, si può ritenere come incompleta od almeno inesatta, e il complemento o la correzione dobbiamo ricercarla nella decisione del sinodo romano tenuto da Simmaco, il quale si può ritenere quasi certamente non siasi discostato dalla decisione del re. E il sinodo romano così pronunziava: Si transitus papae inopinatus evenerit ut de sui electione successoris, ut supra placuit, non possit ante decernere, siquidem in unum inclinaverit ecclesiastici ordinis electio consacretur electus episcopus; si autem, uti fieri solet, studia coeperint esse diversa eorum de quibus certamen emerserit, vincat sententia plurimorum. MANSI, Op. cit., VIII, 232. Sarebbe dunque la maggioranza quella che avrebbe dovuto decidere. Ma qui sorge un'altra questione. Il sinodo parla dell'accordo nell'ordine ecclesiastico, e si volle da ciò trarre la conseguenza che l'elezione spettasse solo a quest'ultimo e non intervenisse il Senato ed il popolo. Il CRIVELLUCCI si arresta sopra questa questione e ritiene contro il BERTOLINI che la decisione del sinodo non pregiudicasse per nulla il diritto del Senato e del popolo di partecipare alle elezioni. Questo riteniamo noi pure, aggiungendo alle ragioni del CRIVELLUCCI, II, 86 in nota anche la seguente. Non è ben noto quale fosse il modo di partecipazione del Senato e del popolo alla elezione del pontefice, ma non è improbabile che, pel popolo specialmente, i voti non

Ma non essendo cessate le lotte tra Simmaco e Lorenzo, e anzi ricominciando più fiere per le accuse fatte a Simmaco di adulterio e di simonia, Teodorico intervenne un'altra volta e convocò di nuovo un concilio per giudicare dell'elezione del pontefice. Dopo molte vicende, durante le quali i vescovi ripetutamente si schermirono dal giudicare il pontefice (1), finalmente nel 502 il concilio, radunato nel portico di San Pietro, detto Ad palmaria, donde ne venne il nome di concilio palmare, assolveva Simmaco (2). Come si vede, Teodorico, sebbene non abbia direttamente pronunziato, intervenne nella questione relativa alla elezione del pontefice, continuando così il sistema di immistione iniziato dagli imperatori cristiani e seguito anche da Odoacre (3).

si contassero, e forse, intervenendo la turba, non si potessero neppure contare. Dato un diverso modo di partecipazione per l'elemento laico, si comprende che la determinazione del modo di votazione pel clero non abbia potuto pregiudicare il diritto degli altri partecipanti all'elezione stessa. Su tale questione si può consultare, oltre il CRIVELLUCCI Sovracitato, il GREGOROVIUS, Op. cit., II, 1, 2 VOGEL, Die römische Kirchensynode vom Jahre 502 SYBEL, Historische Zeitschrift, 1883.

(1) La riluttanza dei vescovi proveniva forse più dai pericoli delle fazioni che non dal riconoscimento nel pontefice di una potestà superiore al concilio. Lo stesso Simmaco non ricusava di essere giudicato dal concilio, solo voleva essere reintegrato nel possesso dei suoi diritti (MANSI, Op. cit., VIII, 249 e segg.). Del resto il concilio fini per pronunziare anche senza la presenza di Simmaco, ma dagli atti risulta che il re non aveva rinunziato al suo diritto di giudicare (MANSI, ibid., 257). Si nos, diceva re Teodorico, de praesenti ante voluissemus iudicare negotio, habito cum proceribus nostris de inquirenda veritate tractatu, Deo auspice potuissemus invenire iustitiam, quae nec praesenti saeculo nec future forsitan displicere potuisset aetate. Si vegga su questo punto CRIVELLUCCI, Op. cit., II, 96.

(2) È quasi certo che il concilio non pronunziò nessuna condanna contro Lorenzo, ma ciò non basta per trarre la conseguenza che le accuse contro Simmaco fossero fondate e che egli sia stato assolto per l'influenza di Teodorico (CRIVELLUCCI, Op. cit., II, 99). Dovevasi giudicare sulla sussistenza delle accuse fatte a Simmaco, ma Lorenzo non era in questione, ed amendue hanno potuto essere retti ed onesti. Intorno allo scisma di Simmaco e di Lorenzo si può consultare TEODORO LETTORE, Hist. Eccl., II, 17 — TEOFANE, Cron., ad annum 493 e segg. - Liber Pontificalis, In vita Symmacho MANSI, 1. c.

(3) Si sostiene (GIANNONE, Op. cit., III) che Teodorico non avrebbe permesso ai sudditi di ascriversi alle Chiese od ai monasteri senza sua licenza, e abbia invece mantenuto in vigore le leggi imperiali che limitavano il numero dei chierici. Leggi ecclesiastiche di Teodorico ci sono conservate in CASSIODORO, I, 9; II, 18; III, 37 e 45; IV, 44; VII, 46. Così pure si vegga l'Editto, XXVI, 108, 125, 126.

L'intervento di Teodorico nella elezione del pontefice si ripeteva alla morte di Giovannni I. Egli aveva inviato questo pontefice all'imperatore d'Oriente Giustino I per ottenere che questi revocasse le leggi contro gli eretici e specialmente contro gli ariani. Giovanni I, seguendo la politica dettata dalle circostanze e temendo forse meno l'influenza dell' imperatore lontano che quella di Teodorico vicino, pare, sebbene non sia certo, che s'intendesse con Giustino. Ad ogni modo è certo che tornato in Italia fu imprigionato per ordine del re, che temeva una congiura coi Bizantini a suo danno e forse per la stessa ragione incrudeliva contro Boezio e Simmaco (1). Tolto così di mezzo Giovanni, Teodorico stesso designava il successore di lui nella persona di Felice IV (2), il quale fu difatti nominato, alcuni dicono quando Teodorico era già morto, altri mentr'egli era ancora in vita, ad ogni modo però certo sotto la sua alta influenza (3).

42) Lo stesso sistema d'immistione prosegue sotto Atalarico (526-534), succeduto a Teodorico sotto la tutela di Amalasunta. Morto Felice IV nel 530, da una parte fu proclamato Dioscoro, dall'altra Bonifacio II (4). La morte di Dioscoro assicurò la vittoria

(1) Nell'occasione dell'andata di Giovanni a Costantinopoli, l'imperatore lo aveva accolto con onori straordinari, prostrandosi a' suoi piedi. Giovanni ne aveva pure approfittato per far riconoscere la sua preminenza d'onore sul vescovo costantinopolitano. ANONIMO VALESIANO, Historia Miscella, XV e XVI.

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(2) La designazione del pontefice è accertata da un rescritto del successore Atalarico, in cui si ringrazia il Senato per avere obbedito arbitrio boni principis. Si discute intorno a questa intromissione di Teodorico.

(3) Sostiene che l'elezione di Felice IV sia avvenuta dopo la morte di Teodorico il CRIVELLUCCI, argomentando specialmente dai termini del rescritto di Atalarico, che, a suo parere, ciò dimostra (Op. cit., II, 118). Di opposto parere è il GREGOROVIUS (II, 2, § 6), che segue in ciò il BARONIO ed il MURATORI, i quali alla loro volta stanno al racconto del Liber Pontificalis. Forse la questione potrebbe essere risolta distinguendo l'epoca della elezione da quella dell'ordinazione. Al postutto poi l'influenza di Teodorico nell'elezione, e questo è il lato importante della questione, non può essere contestata.

(4) Il CRIVELLUCCI, II, 130 e segg., sostiene pel primo e con ottime ragioni come non sia accoglibile l'opinione dell'HEFELE (Op. cit., § 244), sostenuta anche da altri storici, che Dioscoro sia stato eletto dalla fazione bizantina e Bonifacio dalla fazione gotica, mentre pare che sia precisamente il contrario. Il CRIVELLUCCI combatte felicemente anche gli argomenti fondati dal DUCHESNE (Mélanges d'Archeologie, III, maggio 1883) su documenti

a Bonifacio, e questi per ottenere il completo trionfo della parte sua, non solo scomunicò il morto Dioscoro, ma, radunato il clero, fece sottoscrivere una dichiarazione in cui si stabiliva che, dopo la morte di Bonifacio, sarebbe stato eletto pontefice il diacono Vigilio. La pretesa non era veramente nuova, poichè nella lotta tra Simmaco e Lorenzo erasi già accennato a questo diritto del papa di designare il suo successore, nel sinodo del 499 (1). Amalasunta però non lasciò passare questa determinazione, che veniva a menomare il diritto regio di partecipazione all'elezione del pontefice, e Bonifacio fu costretto a rivocarla in un altro concilio (2), come il successore di lui, Agapito, rivocava la sentenza pronunziata contro Dioscoro, che Bonifacio II insidiae dolo estorserat presbyteris et episcopis. Nè qui si arrestava durante il regno di Atalarico l'intromissione dell'autorità regia nelle cose ecclesiastiche. La simonia nelle elezioni dei vescovi in genere e del pontefice in particolare era così comune e dava luogo a tali disordini da richiedere un pronto ed efficace rimedio. Il Senato di Roma, per ovviare a questo male, con un suo senatusconsulto dichiarava sacrilego ogni contratto fatto nelle elezioni, nulla e simoniaca la elezione stessa, e pronunziava doversi restituire le cose ricevute. Tale senatusconsulto fu confermato da Atalarico con suo rescritto diretto a Giovanni II, nel quale, sempre allo scopo di evitare la simonia, si stabiliva che non solo i contratti e le promesse anteriori alle elezioni, ma anche le largizioni che si usavano fare posteriormente non fossero lecite che per una determinata somma, cioè per 500 soldi. Lo stesso Atalarico poi, confermando ed estendendo un privilegio di cui i chierici già anteriormente avevano incominciato a godere, ordinava che, trattandosi di convenire in giudizio un chierico della Chiesa romana, dovesse essere citato innanzi al pontefice, il quale avrebbe giudicato direttamente o designato egli stesso il giudice, solo in caso di rifiuto del pontefice la causa avrebbe potuto essere portata al foro secolare (3).

estratti da un codice membranaceo del secolo X della Biblioteca capitolare di Novara (CRIVELLUCCI, II, 137 e segg., in nota).

(1) Vedi sopra 41, pag. 117. MANSI, VIII, 232. (2) Liber Pontificalis in v. Bonifacii II.

(3) Considerantes Apostolicae sedis honorem et consulentes desideriis supplicantium, praesente auctoritate moderato ordine definimus, ut si quispiam ad Romanum aliquem clerum pertinentem in qualibet causa probabili crediderit actione pulsandum ad beatissimi Papae judicium prius conveniat audiendus, ut aut ipse inter utrosque more suae Sanctitatis agnoscat, aut causam

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43) La caduta del regno gotico e la dominazione greca seguano il principio di una nuova fase in cui gli imperatori d'Oriente, riacquistando la dominazione politica d'Italia, ripigliano pure l'esercizio della potestà religiosa anche rispetto alla Chiesa d'Occidente ed ai pontefici romani. Non è assunto nostro narrare le vicende della guerra gotica, e ci limiteremo soltanto a notare. che Teodato, a cui era rimasto il regno dopo la morte di Amalasunta, allo scopo di ottenere la pace da Giustiniano imperatore, mandò a Costantinopoli papa Agapito, ma questi, ben vedendo come i Goti non avrebbero saputo resistere all'esercito imperiale condotto da Belisario, entrò direttamente in trattative con Giustiniano, non ritornò più in Roma e morì a Costantinopoli (1).

L'influenza imperiale, e, meglio, gli intrighi di corte, si spiegano immediatamente nella elezione del successore di Agapito. Era stato nominato a Roma, ed anzi quasi imposto dal volere di Teodato, Silverio (2). Sospettando che Silverio tramasse a favore dei Goti, Belisario, spinto dalla moglie Antonina, favorita dell'imperatrice Teodora, venne nella determinazione di deporlo ed elevare in suo luogo Vigilio, che era stato apocrisiario a Costantinopoli e che Teodora proteggeva. Tratto con inganno od almeno per sorpresa Silverio alla presenza di Belisario ed Antonina, fu spogliato delle insegne pontificali, e venne eletto in suo luogo Vigilio (3). Questa deposizione fu seguita da

eleget aequitatis studio terminandum; et, si forte, quod credi nefas est, competens desiderium fuerit petitionis delusum, tum ad saecularia fora iurgaturus occurrat quando suas petitiones probaverit a supradictae Sedis praesulo fuisse contemptas.

(1) Già appena nominato Agapito, era stato felicitato da Giustiniano (MANSI, VIII, 850), e quantunque al primo suo giungere in Costantinopoli abbia avuto luogo una discussione tra il papa e l'imperatore intorno alla questione delle due nature di Cristo, tuttavia l'accordo non tardò a stabilirsi - Liber pontificalis, in Agapetho- GREGOROVIUS, Op. cit., II, 3, § 4 CRIVELLUCCI, Op. cit., II, 169.

(2) Il Liber pontificalis in ordine alla elezione di Silverio così si esprime: Sacerdotes non subscripserunt in eum secundum morem antiquum vel decretum confirmaverunt ante ordinationem. Iam antem ordinato sub vi et metu Silverio propter adunationem Ecclesiae et religionis post modum sic subscripserunt prebysteri. Silverio però, a quanto pare, non era stato fedele al partito goto ed aveva favorito la dominazione imperiale in Roma. (3) Pare che Belisario abbia invitato Silverio alla sua presenza con un salvacondotto e da principio siasi limitato a fargli rimproveri sugge

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