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XL.

FRAMMENTO

DAL GRECO DI SIMONIDE.

Ogni mondano evento

È di Giove in poter, di Giove, o figlio,
Che giusta suo talento

Ogni cosa dispone.

Ma di lunga stagione

Nostro cieco pensier s'affanna e cura,
Benchè l'umana etate,

Come destina il ciel nostra ventura,
Di giorno in giorno dura.

La bella speme tutti ci nutrica

Di sembianze beate,

Onde ciascuno indarno s'affatica:

Altri l'aurora amica,

Altri l'etade aspetta;

E nullo in terra vive

Cui nell'anno avvenir facili e pii
Con Pluto gli altri iddii

La mente non prometta.

Ecco pria che la speme in porto arrive,
Qual da vecchiezza è giunto,

E qual da morbi al bruno Lete addutto;
Questo il rigido Marte, e quello il flutto
Del pelago rapisce; altri consunto
Da negre cure, o tristo nodo al collo
Circondando, sotterra si rifugge.
Così di mille mali

I miseri mortali

Volgo fiero e diverso agita e strugge.
Ma, per sentenza mia,

Uom saggio e sciolto dal comune errore
Patir non sosterria,

Nè porrebbe al dolore

Ed al mal proprio suo cotanto amore.

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XLI.

FRAMMENTO

DELLO STESSO.

Umana cosa picciol tempo dura,

E certissimo detto

Disse il veglio di Chio,
Conforme ebber natura
Le foglie e l'uman seme.
Ma questa voce in petto
Raccolgon pochi. All'inquieta speme,
Figlia di giovin core,

Tutti prestiam ricetto.

Mentre è vermiglio il fiore
Di nostra etade acerba

L'alma vota e superba

Cento dolci pensieri educa invano,
Nè morte aspetta nè vecchiezza; e nulla
Cura di morbi ha l'uom gagliardo e sano
Ma stolto è chi non vede

La giovinezza come ha ratte l'ale
E siccome alla culla

Poco il rogo è lontano.

Tu presso a porre il piede
In sul varco fatale
Della plutonia sede,

Ai presenti diletti

La breve età commetti.

PARALIPOMENI

DELLA

BATRACOMIOMACHIA.

PARALIPOMENI

DELLA

BATRACOMIOMACHIA

CANTO PRIMO.

Poi che da' granchi a rintegrar venuti
Delle ranocchie le fugate squadre,

Che non gli aveano ancor mai conosciuti,
Come volle colui che a tutti è padre,
Del topo vincitor furo abbattuti
Gli ordini, e volte invan l'opre leggiadre,
Sparse l'aste pel campo e le berrette
E le code topesche e le basette;

Sanguinosi fuggian per ogni villa
I topi galoppando in su la sera,
Tal che veduto avresti anzi la squilla
Tutta farsi di lor la piaggia nera;
Quale spesso in parete, ove più brilla
Del Sol d'autunno la dorata sfera,
Vedi un nugol di mosche atro, importuno,
Il bel raggio del ciel velare a bruno.
Come l'oste papal cui l'alemanno
Colli il Franco a ferir guidava in volto,
Da Faenza, onde pria videro il panno
Delle insegne francesi all'aria sciolto,
Mosso il tallon, dopo infinito affanno,
Prima il fiato in Ancona ebbe raccolto;
Cui precedeva in fervide, volanti
Rote il Colli, gridando, avanti avanti;

O come dianzi la fiamminga gente, Che Napoli infelice avea schernita, Viste l'armi d'Olanda, immantinente La via ricominciò ch'avea fornita,

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