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SONETTO VIII.

Poichè

la vista angelica serena,

Per subita partenza in gran dolore
Lasciato à l' alma, e 'n tenebroso orrore
Cerco, parlando, d' allentar mia pena

Giusto duol certo a lamentar mi mena
Sassel chi n'è cagion, e sallo Amore,
C' altro rimedio non avea 'l mio core
Contra i fastidj onde la vita è piena.

Quest' un, Morte, m' à tolto la tua mano: E tu che copri e guardi ed ái or teco Felice terra, quel bel viso umano ;

Me dove lasci sconsolato e cieco,
Poscia che 'l dolce ed amoroso e piano

Lume degli occhì miei non è più meco?

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SONETTO IX:

Amor novo consiglio non n' apporta, Per forza converrà che 'l viver cange; Tanta päura e duol l' alma trista ange; Che 'l desir vive, e la speranza è morta :

Onde si shigottisce e si sconforta

Mia vita in tutto; e notte e giorno piange,
Stanca senza governo in mar che frange,
E 'n dubbia via senza fidata scorta.

Immaginata guida la conduce;

Che la vera è sotterra, anzi è nel Cielo Onde più che mai chiara al cor traluce,

Agli occhi no; c' un doloroso velo
Contende lor la desïata luce,

E me fa sì per tempo cangiar pelo.

SONETTO X.

Nell' età sua più bella e più fiorita,

Quand' aver suol Amor in noi più forza;
Lasciando in terra la terrena scorza,
È Laura mia vital da me partita;

E viva e bella e nuda al Ciel salita :
Indi mi signoreggia, indi mi sforza.
Deh perchè me del mio mortal non scorza
L'ultimo dì ch' è primo all' altra vita?

Che come i miei pensier dietro a lei vanno; Così leve, espedita e lieta l' alma

La segua,

ed io sia fuor di tanto affanno.

Ciò che s' indugia, è proprio per mio danno;
Per far me stesso a me più grave salma.
O che bel morir era oggi è terz' anno!

SONETTO XI

Se

lamentar augelli, o verdi fronde Mover söavemente all' aura estiva, O roco mormorar di lucid' onde S'ode d' una fiorita e fresca riva ;

Là 'v' io seggia, d' Amor pensoso, e scriva,
Lei che 'l Ciel ne mostrò, terra n' asconde,
Veggio et odo ed intendo: c' ancor viva
Di sì lontano a' sospir miei risponde.

Deh perchè innanzi tempo ti consume
(Mi dice con pietate)? a che pur versi
Degli occhi tristi un doloroso fiume?

Di me non pianger tu: che miei di fersi, Morendo, eterni ; e nell' eterno lume, Quando mostrai di chiuder gli occhi, apersi.

SONETTO XII.

Mai

ai non fu' in parte ove si chiar vedessi Quel che veder vorrei, poích' io nol vidi; Nè dove in tanta libertà mi stessi;

Nè 'mpiessi 'l ciel di sì amorosi stridi;

Nè giammaï vidi valle aver sì spessi
Luoghi da sospirar riposti e fidi;
Nè credo già, c' Amor in Cipro avessi
O in altra riva sì söavi nidi.

L'acque parlan d' Amore, e l' óra ẹ i rami

E gli augelletti e i pesci e i fiori e l'erba ; Tutti insieme pregando ch' i' sempr' ami.

Ma tu, bennata, che dal Ciel mi chiami;
Per la memoria di tua morte acerba
Preghi ch'i' sprezzi 'l mondo e suoi dolci ami .

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