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Canzone che nel ms. del p. Zeno si legge a c. 49; come pure alle carte stesse nell' edizion fiorentina del 1522, e a c. 146 delle Rime Antiche poste in fine della Bella Mano di Giusto de' Conti.

Donna mi viene spesso nella mente :
Altra donna v'è sempre ;

Ond' io temo si stempre 'l core ardente.
Quella 'l nutrica in amorosa fiamma

Con un dolce martír pien di desire: Questa lo strugge oltr' a misura, e 'nfiamma Tanto, c' a doppio è forza che sospire. Nè val perch' io m' adire, ed armi 'l core; Ch' io non so com' Amore

(Di che forte mi sdegno ) lel consente.

Canzone che nell' edizion di Firenze del 1522 si trova dopo i Trionfi, tra le cose rifiutate.

Nova bellezza in abito gentile

Volse il mio core all' amorosa schiera Ov' il mal si sosten, e 'l ben si spera. Gir mi convene e star com' altri vole, Poic' al vago pensier fu posto un freno Di dolci sdegni, e di pietosi sguardi : E' chiaro nome, e'l son delle parole De la mia Donna, e 'l bel viso sereno Son le faville, Amor, perchè il cor m' ardi. Io pur spero, quantunque che sia tardi : C' avvegna ella si mostre acerba e fiera; Umil amante vince donna altiera.

SONETTI Del suddetto.

Anima, dove sei? c' ad ora ad ora,

Di pensier in pensier, di mal in peggio
Perseguendo ci vai; e del tuo seggio
Non sai pur ritrovar la parte ancora.

Tu sei pur meco; e non puoi esser fuora Finchè Morte non fa quel che far deggio. Ma dove sei ch' io non ti sento, o veggio Star dov'è 'l ben che nostra vita onora.

Lévati, sconsolata; che riparo

Al nostro mal nessun non è, nè modo:
E non cercar la via di maggior dogiia.

S' Amor t' incalza, e strigne col suo nodo;
Pensa che tempo assai più grato e caro
Poría in parte contentar tua voglia.

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Nel ms. del p. Zeno a c. 49 si legge il seguente con qualche varietà.

Stato foss' io, quando la vidi prima,

Com' or son dentro, allor cieco di fore;
O fosse stato si duro 'l mio core,
Come diamante in cui non puote lima :

Ovver foss' io or sì dicente in rima,
Quant' a esprimer bastasse il mio dolore;
Ch' io la farei o amica d' Amore,
Ovver odiosa al mondo senza stima :

O fosse Amor ver me benigno e grato;
E fosse ver, come è giusto e possente,
Giudice a diffinir il nostro piato:

O Morte avesse le sue orecchie intente
Si inverso me,
che l'ultimo fiato
Ponesse fin al mio viver dolente.

In ira ai cieli, al mondo ed alla gente,

All' abisso, alla terra, agli animali
Possi venir, cagion di tanti mali,
Empio, malvagio, duro e sconoscente: "

Ed a te stesso poi gran fianıma ardente
Veggi dal ciel cader sulle tu' ali,

C' arda a te l' areo, la corda e gli strali;
E tue menzogue al tutto sieno spente

Poichè si spesso al tuo visco m' adeschi;
E con falsi piacer mi leghi e prendi ;
E poi di molto amaro il cor m' inveschi.

Con vaghi segni mi ti mostri e rendi

Più volte; poscia par che ti rincreschi :
E so ben, c' altri, non che tu m'intendi.

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