Se sotto legge, Amor, vivesse quella Che mi toglie in amar e legge e freno; Pregherei te, che, non amando io meno, Senza arder mi scaldasse tua facella. Ma questa falsa, fera come bella, Deh, dolce signor mio, ancor riguarda Se per sua colpa mi vedrà morire, Lasso, com' io fui mal approveduto L'ora ch' io mi fidai negli occhi miei Schiavo son fatto: e ciascun dì tributo Finchè Morte pon fine ai giorni rei, Sai che tal strazio a te è disonore, Signor, fa vaga lei del suo bel viso, Da poi che fuor di sè non sente ardore : Rinnova in lei l'esempio di Narciso. Il seguente Sonetto si trova anche ne' Frammenti pubblicati dall' Ubaldini, ma molto variato. Quella che 'I giovenil mio cor avvinse Nel primo tempo ch'io conobbi Amore; Nè poi nova bellezza l'alma strinse; Ben volse quei che con begli occhi aprilla, E pur fui in dubbio tra Cariddi e Scilla; E passai le Sirene in sordo legno, Com' uom che par c' ascolti, e nulla intende. Nel ms. del p. Zeno a c. 49, e nell' edizion fiorentina, tra le cose rifiutate. Quella ghirlanda che la bella fronte Cingeva, di color tra perle e grana, Vedestù l'atto, e quelle chiome conté, Udistù 'l suon delle dolci parole? Mirastù quell' andar leggiadro, altero, Soffristù 'l sguardo invidioso al sole ! Or sai per ch'io ardo, vivo e spero; Nel ms. del p. Zeno dopo la Canzone Vergine bella ec. a carte 69 si trova il seguente Sonetto, indegno affatto del Petrarca. Poi c' al Fattor dell' universo piacque Di voi ornare il nostro secol tutto; Ma perchè pianta di vostro seme nacque, E se di tanti ben siete radice, acque: E 'nfra le selve alpestre e pellegrine Statti salda Colonna insino al fine; |