Sayfadaki görseller
PDF
ePub

RISPOSTA DEL PETRARCA.

Poichè

oichè la nave mia l'empio nocchiero
Tien per l'onde d'Amore in fren sì stretto,
Che intenta ad asciugar le guance è 'l petto
La destra omai non cura altro mestiero;

Volentier tacerei: ma perchè altero
Non sia vostro argomento aver negletto;
La penna stanca all' opera rimetto,
E'l primo dir senz' arroganza vero..

Dirò che sotto le stellate spere
Son cose di sì debil qualitade,
Che nel compire ogni diletto pere;

Altre che sceme; ed altre in veritade Compiute son più dolci a possedere. Quell' è verace Amor, che mai non cade.

STRAMAZZO DA PERUGIA

AL PETRARCA.

La santa fama della qual son prive

Quasi i moderni, e già di pochi suona,
Messer Francesco, gran pregio vi dona,
Che del tesor d'Apollo siate dive.

Or piaccia che mia prece si votive,
La vostra nobil mente renda prona
Participarme al fonte d' Elicona:
Che par più breve, e più dell' altre vive:

Pensando come Pallade Cecropia

A nessun uom asconde suo vessillo;
Ma oltre al desïar, di sè fa copia:

E non è alcuno buon giuoco d' aquillo
Che senza alcun conforto a sè l' appropia,
Siccome scrive Seneca a Lucillo,

La risposta del Petrarca è il Sonetto XX. del la I. Parte, che incomincia :

Se l' onorata fronde che prescrive

.

GERI GIANFIGLIACCI

A M. F. PETRARCA.

Messer Francesco, chi d' amor sospira Per donna ch' esser pur voglia guerrera, E com più mercè grida, e più gli è fera, Celandoli i duo Sol ch' e' più desira:

[ocr errors]

Quel che più natura o scienza vi spira, Che deggia far colui che 'n tal maniera Trattar si vede, dite; e se da schiera Partir si de', benchè non sia senz' ira,

Voi ragionate con Amor sovente ;

E nulla sua condizion v' è chiusa

Per l'alto ingegno della vostra mente.

La mia che sempre mai con lui è usa',
E men c' al primo, il conosce al presente;
Consigliate e ciò fia sua vera scusa.

RISPOSTA.

Geri, quando talor meco s' adira

Parte I. Sonetto CXLVI.

GIOVANNI DE DONDI

A M. F. PETRARCA.

Io non so ben s' io vedo quel ch' io veggio,

S' io tocco quel ch' io palpo tuttavia ;
Se quel ch' iodo, oda; e sia bugia
O vero ciò ch' io parlo, e ciò ch' io leggio,

Si travagliato son, ch' io non mi reggio,
Nè trovo loco, nè so s' io mi sia;
E quanto volgo più la fantasia,

Più m' abbarbaglio, nè me ne correggio.

Una speranza, un consiglio, un ritegno
Tu sol mi sei in sì alto stupore:
In te sta la salute e 'l mio conforto.

Tu ái il saper, il poter e l'ingegno:

Soccorri a me,

La

sicchè tolta da errore

vaga mia barchetta prenda porto.

RISPOSTA.

Il mal mi preme, e mi spaventa il peggio

Parte I. Sonetto CCVI.

SENNUCCIO DEL BENE, O BENUCCI

A M. F. PETRARCA.

Oltra l'usato modo si rigira

Il verde Lauro di quì dov' io or seggio;
E più attenta, e com più la riveggio,
Di quì in quì cogli occhi fiso mira :

E parmi omai, c' un dolor misto d'ira
L'affligga tanto, che tacer nol deggio;
Onde dall' atto suo ivi m' avveggio
Ch'esso mi ditta che troppo martira.

abbonna

E'l signor nostro in desir sempre
Di vedervi seder nelli suoi scanni;
E'n atto ed in parlar questo distinse.

Me' fondata di lui trovar Colonna

Non potresti in cinqu' altri san Giovanni,
La cui vigilia a scriver mi sospinse.

RISPOSTA.

Signor mio caro, ogni pensier mi tira

Parte I. Sonetto CCXXVII.

« ÖncekiDevam »