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SONETTO LIX.

Quel

uel vago, dolce, caro, onesto sguardo Dir parea: To' di me quel che tu puoi; Che mai più qui non mi vedrai da poi C' árai quinci 'l piè mosso a mover tardo.

Intelletto veloce più che pardo,

Pigro in antiveder i dolor tuoi ;
Come non vedestà negli occhi suoi

Quel che ved' ora? ond' io mi struggo et ardo.

Taciti, sfavillando oltra lor modo,

Dicean: O lumi amici, che gran tempo
Con tal dolcezza feste di noi specchi;

Il Ciel n'aspetta. a voi parrà per tempo;
Ma chi ne strinse qui, dissolve il nodo ;
E'l vostro, per farv'ira, vuol che 'nvecchi.

CANZONE V.

Solea

olea dalla fontana di mia vita
Allontanarme, e cercar terre e mari;
Non mio voler, ma mia stella seguendo
E sempre andai ( tal Amor diemmi äita)
In quelli esilj, quanto e' vide, amari,
Di memoria e di speme il cor pascendo.
Or, lasso! alzo la mano, e

arme rendo
All' empia e 'violenta mia fortuna
Che privo m'à di sì dolce speranza.
Sol memoria m' avanza;

E pasco '1 gran deşir sol di quest' una :
Onde l'alma vien men, frale e digiuna.
Come a corrier tra via, se 'l cibo manca,
Conven per forza rallentar il corso,
Scemando la virtù che 'l fea gir presto;
Cosi, mancando alla mia vita stanca
Quel caro nutrimento in che di morso
Diè chi 'l mondo fa nudo, e 'l mio cor mesto;
Il dolce acerbo, e 'l bel piacer molesto
Mi si fa d' ora in ora: onde 'l cammino

Si breve, non fornir spero e pavento.
Nebbia o polvere al vento,
Fuggo per più non esser pellegrino :

E così vada, s'è pur mio destino.
Mai questa mortal vita a me non piacque
(Sassel Amor con cui spesso ne parlo )
Se non per lei che fu 'l suo lume e 'l mio.
Poichè 'n terra morendo, al Ciel rinacque
Quello spirto ond' io vissi ; a seguitarlo,
Licito fosse, è 'l mio sommo desío.
Ma da dolermi ò ben sempre, perch' io
Fui malaccorto a provveder mio stato
C' Amor mostrommi sotto quel bel ciglio
Per darmi altro consiglio:

Che tal morì già tristo e sconsolato,
Cui poco innanzi era 'l morir beato.

Negli occhi ov' abitar solea 'l mio core
Finchè mia dura sorte invidia n'ebbe,
Che di sì ricco albergo il pose in bando;
Di sua man propria avea descritto Amore
Con lettre di pietà quel c' avverrebbe
Tosto del mio sì lungo ir desïando.
Bello e dolce morire era allor quando
Morend' io, non moría mia vita inseme;
Anzi vivea di me l'ottima parte.
Or mie speranze sparte

A Morte; e poca terra il mio ben preme: Petrar. T. II.

6

E vivo; e mai nol penso,

ch' i' non treme.

Se stato fosse il mio poco intelletto
Meco al bisogno; e non altra vaghezza
L'avesse, desviando, altrove volto;
Nella fronte a Madonna avrei ben letto:
Al fin se' giunto d'ogni tua dolcezza,
Ed al principio del tuo amaro molto.
Questo intendendo, dolcemente sciolto
In sua presenzia del mortal mio velo,
E di questa noiosa e grave carne ;
Potea innanzi lei andarne

A veder preparar sua sedia in Cielo :
Or l'andrò dietro omai con altro pelo.

Canzon, s'uom trovi in suo amor viver queto, Di': Muor' mentre se' lieto;

Che Morte al tempo è non duol, ma refugio: E chi ben può morir, non cerchi indugio.

SESTINA I.

Mia benigna fortuna, e 'l viver lieto,

I chiari giorni, e le tranquille notti,
Ei söavi sospiri, e 'l dolce stile

Che solea risonar in versi e 'n rime;
Volti subitamente in doglia e 'n pianto,
Odiar vita mi fanno, e bramar morte.

Crudele, acerba, inesorabil Morte,
Cagion mi dai di mai non esser lieto,
Ma di menar tutta mia vita in pianto,
E i giorni oscuri e le dogliose notti.
I miei gravi sospir non vanno in rime;
E'l mio duro martír vince ogni stile.

Ov'è condotto il mio amoroso stile ? A parlar d'ira, a ragionar di morte . U' sono i versi, u' son giunte le rime Che gentil cor udía pensoso e lieto? Ov'è 'l favoleggiar d' Amor le notti ? Or non parl' io, nè penso altro che pianto.

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