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TASSO:

Quivi escon le cortesi parolette,
Da render molle ogni cor rozo e scabro;
Quivi si forma quel soave riso,

Che apre a sua posta in terra il paradiso.

Mostra il bel petto le sue nevi ignude,
Onde il foco d'amor si nutre e desta;
Parte appar delle mamme acerbe e crude,
Parte altrui ne ricopre invida vesta:
Invida, ma s'a gli occhi il varco chiude,
L'amoroso pensier già non arresta,
Che, non ben pago di bellezza esterna,
Ne gli occulti segreti anche s'interna;

ARIOSTO, St. 14, c. 7:

Bianca neve è il bel collo, e 'l petto latte;
il collo è tondo, e il petto è colmo e largo;
Due pome acerbe, e pur d'avorio fatte
Vengono e van, come onda al primo margo,
Quando piacevol aura il mar combatte.
Non potria l'altre parti veder Argo:
Ben si può giudicar che corrisponde

A quel che appar di fuor, quel che s'asconde.

E qui non tacerò il vero senso della comparazione presa dall'onda, mal intesa da molti, i quali stimano che I'Ariosto abbia voluto inferire che le mamme d'Alcina tremassero a guisa d'acqua, e che per conseguenza fossero liquide e brutte; ma non è così, perchè l'Ariosto ha voluto con la comparazione dell'onda marina, esprimere quello alzamento e abbassamento che fa il petto delle donne nel respirare.

Canto VI, St. 27. () Dio mi dia pacienza con questo omo! Ah, Tancredi vigliacco, questi son gli atti

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eroici che tu fai! ah, esser preposto agli altri per dovere andar a reprimere l'audacia d'Argante, esserli affronte, e in cambio d'andarlo affrontare, fermarsi a far all'amore! Oh che eroi! E forse che non avea scelto un bel luogo di vagheggiare la dama! non poteva esser lontano da lei manco di mezo miglio, essendo che, come dice l'Autore, ei non era ancor fatto vicino a quel largo piano dove stava attendendolo Argante; oltre il qual piano erasi poi, sopra una collina, fermata Clorinda, armata ma ben con la visiera alta. Argante chiama battaglia; Tancredi ascolta, e fa formicon di sorbo; finalmente bisogna che un altro, per compassion, si faccia innanzi, e combatta per lui. Áh Dio, Sig. Tasso, e questi sono i vostri eroi?... E che!... al manco questo suo non era un amor vecchio, reciproco e ardente! Amava una che appena l'aveva veduta una meza volta, non li aveva mai parlato, che non sapeva nè anche che egli fosse al mondo, non che li fosse amante; e pur costui per lei si fa questo bell'onore! E voi, messer Ariosto, fate che al primo suon di corno Mandricardo salti del letto, dove era nudo con Doralice, da cui era era stato tanto pregato, e finalmente svolto, a rimetter la pugna che per lieve causa avea promessa a Ruggiero, c. 30, st. 45 (1)); e fate che tante volte il

Alta tenea dal volto e sovra un'erta.
Tutta, quanto ella è grande, era scoperta.

Già non mira Tancredi ove il Circasso
La minacciosa fronte al cielo estolle;
Ma move il suo destrier con lento passo,
Volgendo gli occhi ov'è colei su 'l colle:
Poscia immobil si ferma e pare un sasso,
Gelido tutto fuor, ma dentro bolle;
Sol di mirar s'appaga, e di battaglia.
Sembiante fa che poco or più gli caglia.

Argante, che non vede alcun ch'in atto
Dia segno ancor d'apparecchiarsi in giostra:
Da desir di contesa io qui fui tratto,
Grida: or chi viene innanzi, e meco giostra?
Ma l'altro, attento e quasi stupefatto,
Pur là s'affisa, e nulla udir ben mostra.
Ottone innanzi allor spinse il destriero,
E ne l'arringo voto entrò primiero.
(1) Tosto ehe sente il Tartaro superbo

Ch'a la battaglia il suono altier lo sfida,
Non vuol più de l'acordo intender verbo,
Ma si lancia dal letto et, Arme, grida,
E si dimostra sì nel viso acerbo,
Che Doralice stessa non si fida
Di dirli più di pace nè di tregua;

E forza e infin che la battaglia segua.

medesimo Ruggiero e Rodomonte ancora pospongono i fatti loro amorosi al debito di cavaliero onorato. Vedete voi, se aveste potuto legger questo libro avanti la pubblicazion del vostro Furioso, come molti vanno dicendo, beato voi! aresti imparate mille belle cose.

St. 56-111. Questo episodio di Erminia è, al mio parere, diffettoso in molte cose, e in particolare (lasciando per ora di dire che manchi di accidenti maravigliosi, perchè questi non bisogna cercarli in questo libro, e già se li amette e perdona questo difetto di far tutte le sue favole freddissime o senza alcuna maraviglia) mi pare che li manchi il decoro e il verisimile.

E prima, che una fanciulla séguiti di amare così lungo. tempo uno da chi li è stato occupato il regno, ucciso il padre (e se pur non da lui, almanco dai suoi), di fè diversa, e, quel che importa più, senza essere in amore contraccambiata, manca di verisimile e di decoro insieme. In oltre, che non si essendo ardita di scoprirseli innamorata mentre era in casa sua, anzi che, per conservar l'onestà regale che mai non deve esser negsetta, come poco sotto vien detto (') essendosi da lui partita e ricovrata in Ierusalemme appresso il re, ora, dopo gran tempo transcorso senza che pur mai Tancredi abbia avuto sentore di questo amore, ella deva fuggir di dove è ben vista e accarezata, e andarsene in mezo d'un esercito nimico, con pericolo della vita o almeno di esser, come una sfacciatella, disprezata e scacciata, manca parimente di decoro e di verisimile. Il farla stare tutto il giorno sopra una torre, aspettando di vedere, tra mille schiere armate, il suo Tancredi, e che bene spesso lo vegga e lo riconosca, ha dell'impossibile, non che dell'inverisimile. Che ella si risolva

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ad involar l'armi ad una guerriera come è Clorinda, non pur pecca nel decoro, ma è un far a Clorinda un affronto notabilissimo.

Canto XIV. St. 55, p.o, 2, 3, 4, etc. (1). - È pur gran cosa e intollerabile che si abbiano a trovar al mondo orecchi di senso tanto ottuso, che non sentino offesa della manieraccia di dire, dello stile non pur snervato, ma scarnato e disossato, e della freddissima sentenza di questo autore! e noto questi due versi, non perchè siano troppo peggio di quasi tutto il resto, ma ne vo notando così alcuni tanto sensibili, che gran fatto sarà che non si siano per disfecciar gli orecchi a qualch'uno. E non posso darmi pace de' fautori del Tasso, che, pur pure si lascino tutti persuadere che quanto all'invenzione il Furioso sia più mirabile che questo libro, e non comprendano che se l'Ariosto ha superato nel doppio il Tasso quanto all'invenzioni, l'ha ecceduto anche nello stile a cento doppi.

1) Non lunge un sagacissimo valetto

Pose, di panni pastorai vestito,

E impose lui ciò ch'esser fatto o detto
Fintamente doveva, e fu esequito.
Questi parlò co' vostri e di sospetto
Sparse quel seme in lor, ch' indi nutrito
Fruttò risse e discordie, e quasi al fine
Sediziose guerre cittadine.

ALESSANDRO TASSONI

(1565 - 1635)

Dopo tanta, cieca dedizione ai classici quale și era avuta nel Rinascimento, specie nell'ultimo periodo di esso, doveva venire la reazione. In fatto, quell'autonomia del pensiero dalla religione e dalla tradizione che attraverso i latini e i greci era stata riconquistata in vari campi (e stavano quindi sorgendo le nuove scienze della natura e la critica storica) parve a un certo momento che si affermasse in Italia anche nella critica estetica, sottraendo la poesia alla soggezione degli antichi.

Chi più d'ogni altro rappresentò, come critico, questa corrente di libertà dalla tirannia del classicismo fu Alessandro Tassoni. Ma per varie ragioni storiche, riguardanti alcune il nostro particolare ambiente italiano, altre l'immaturità del pensiero filosofico, il Tassoni e gli spiriti indipendenti a lui affini pure rimase isolato, tanto che presso di noi la sua opera fu, si può dire, sterile, e non ebbe seguito.

Quando poi nella seconda metà del Settecento troveremo nella critica italiana lo stesso spirito razionalista che aveva informato gli scritti del Tassoni, esso sarà esclusivamente frutto d'importazione straniera : non si ricorderà neppure, che letterati nostri del primo Seicento avevano proprio ragionato nello stesso modo, avevano posto il problema critico negli stessi termini.

E notissimo, che la patria del razionalismo letterario fu la Francia, dove esso potè farsi forte, oltre che di una maggior libertà, di una assai più viva atmosfera di pensiero e propriamente, soprattutto, della filosofia cartesiana. E anche noto, fin da quando almeno Hyppolite Rigault pubblicò nel 1856 la sua bella Histoire de la Querelle des anciens et des modernes, che i letterati francesi promotori del razionalismo critico, Charles Perrault ed altri, conobbero l'opera del Tassoni e a questa attinsero direttamente.

Resta tuttavia interessante il vedere nelle pagine stesse del Tassoni, come questi non si sia limitato a qualche accenno fugace, ma abbia svolto pienamente il suo pensiero; e com'egli avesse già

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