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«cesi chiamate da' nostri Principi medesimi cominciarono «con grandissimo movimento a perturbarla: materia per «la varietà et grandezza loro molto memorabile et piena << d'atrocissimi accidenti, avendo patito tanti anni Italia << tutte quelle calamità, con le quali sogliono i miseri mor<«< tali, ora per l'ira giusta d'Iddio, ora per l'empietà e << sceleratezze de gli altri uomini essere travagliati. Dalla «< cognizione de' quali casi tanto varij e tanto gravi potrà «< ciascuno, e per sè proprio e per bene publico, prendere « molti salutiferi ammaestramenti: onde per innumerabili <«< esempi evidentemente apparirà, a quanta instabilità, nè << altrimenti che un mare concitato da' venti, siano sotto<«< poste le cose umane; quanto siano pernitiosi quasi sem«pre a se stessi, ma sempre a' popoli, i consigli male <«< misurati di coloro che dominano, quando avendo sola«< mente innanzi a gli occhi, o errori vani, o le cupidità <«< presenti, non si ricordando delle spesse variationi della <«< fortuna, e convertendo in danno altrui la potestà con<«< ceduta loro per la salute comune, si fanno, o per poco « prudentia o per troppa ambitione, autori di nuove pertur«bationi. Ma le calamità d'Italia (acciochè io faccia noto « quale fusse allora lo stato suo, e insieme le cagioni « dalle quali ebbono origine tanti mali) cominciarono con « tanto maggior dispiacere e spavento ne gli animi de « gli uomini, quanto le cose universali erano allora più « liete e più felici: perchè manifesto è, che da poi che « l'Imperio Romano, indebolito principalmente per la mu<«<tazione de gli antichi costumi cominciò, già sono più « di mille anni, di quella grandezza a declinare, alla quale «< con maravigliosa virtù e fortuna era salito, non aveva << giamai sentita Italia tanta prosperità, nè provato stato << tanto desiderabile quanto era quello, nel quale sicura<«<mente si riposava l'anno della salute Cristiana 1490, e << gli anni che a quello e prima e poi furono con<< giunti, » etc.

Or chi non vede, che questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla grandezza delle cose proposte, e alla prudenza politica dell' istorico che le tratta? E che nonostante che i periodi tutti sien numerosi e sostenuti, per esser ben collocate le parole fra loro,

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è però l'ordine e 'l senso facile e piano in maniera che 'l lettore non trova scabrosità, nè intoppi, come nello stil del Villani, che va saltellando e intoppando ad ogni passo, come i carri per le strade sassose e guaste? Una sol cosa pare che al Guicciardino in tutto il corso della sua istoria si possa opporre, cioè la quantità delle voci troppo latine; nel che io non farò punta; ma dirò bene, che gli scrittori del preteso buon secolo non hanno sopra di lui vantaggio alcuno per questo, essendo essi non solamente di latine, e pedantesche (se dir mi lece) senza necessità, ma di barbare, stravolte, rancide e rugginose ripieni. E perchè mi si creda più agevolmente, veggansi l'infrascritte, che i miei signori Accademici della Crusca nel loro Vocabolario sotto l'A, solamente per dichiararle, non per introdurle, raccolgono, Agricola, Affluitudine, Aiutorio, Amarore, Animavversione, Antelucano, Acquieta, Arto, Aula, Avellere, Arorare, Abbassagione, Abbiente, Abbondo per Abbondanza, Aberrare per Errare, Abbrustiare, Abituro, Accaffare, Accessare, Acchiedere, Accivire, Accoiare, Accomandigia, Accostatura, Accostumanza, Adastiare, Addimandagione, Addimandità, Addimandanza, Addolcare, Addolciare, Addolorevole, Adonare per Oppressare, Affacciato per Isfacciato, Afficcare, Affogaggine, Affrantura, Affrettanza, Agecchimento, Agecchire, Agghiado, Agghiadare, Ágguardamento, Agina per Fretta, Agulia per Aquila, Agura, Aitorio, Albergagione, Albitrio, Albitrare. Alboricello, Alcunque, Allapidare, Allegagione, Allegraggio, Al postutto, Altazzoso, Altire, Amarire, Amazione, Ammiserare, Ammodato, Ammortire, Amorosanza, Andazzo, Annea, Antiandare, Approsimanza. Approveria, Arcare, Arcadore, pputidare, Arditanza, Ardura, Artatamente, Ascensionario, Arzente, Asciugaggine, Assegui zione, Atare, Atatore, Atorio, Attegnenza, Attano, Attuiare, Avaccezza, Avolterio, Avolterare, Avvilato, Avveritare, Avvolontato, Azzimarsi per Pulirsi, e qualche altro dell' istesso tenore, ch' io mi tralascio per tedio: sì che ognuno può immaginarsi quante sian l'altre voci scomunicate di quel buon secolo: e che 'l volere introdur queste per lasciar quelle dell' uso e del secol no stro, sarebbe un volere introdurre il parlar di Graziano. che guasta i vocaboli a posta, per dar bando alla favella di Corte. Ma perchè alcuno potrebbe oppormi

ch' io ho messo in campo il Villani, e non ho nominato il Boccaccio il cui stile nelle Novelle avanza di gran lunga tutti gli altri di quel secolo, io concederò, che veramente il Boccaccio meriti assai più lode d'alcun moderno scrittor de' nostri, per esser egli stato il principal fondatore di questa lingua. Ma chi volesse sottilizzare, potrebbe dir, che neanco il suo stile nelle Novelle sia totalmente perfetto: anzi che come Giovanni Villani fu inventore d'una maniera di scrivere affettato plebeo, così il Boccaccio per lo più rappresentasse una maniera di scrivere affettato nobile; e che 'l suo stile malagevolmente si possa usare da chi non tratta cose leggiere e romanzi e novelle come fa egli il che apparisce non solamente nella Fiammetta, e nel Filocopo suo; ma anche in buona parte nel suo Decamerone. E per esempio mettasi un segretario a cominciare una lettera con così fatto principio: « Quantunque volte meco pensando riguardo, etc. »; o un istorico un libro con quest'altro: «L'aurora già di vermiglia cominciava appressandosi il sole a divenir rancia, etc. »; o un filosofo un trattato con questo: « Ogni stella era già delle parti d'Oriente fuggita, etc. »; o finalmente un politico of altro grave scrittore un discorso con questo: «Già per tutto avea il sole recato con la sua luce il nuovo giorno, e gli uccelletti su per gli verdi rami cantando piacevoli versi ne davano a gli orecchi testimonianza, etc. », e si avvederà egli quanto i « Chenti », « Gauri » e «Testè >> affettati del Boccaccio, e i tanti versi, ch' ei lascia scorrere, il facciano in questa parte inferiore non pur a Monsignor Della Casa nelle sue prose più disinvolto e purgato e puro; ma anche a Monsignor Borghini, il cui stile non affettato, non vano, non iscabroso, non molle, è molto più atto a spiegare qual si voglia materia. Uno de' più dotti e avveduti ingegni, che abbia avuto la città di Firenze, fu Bartolomeo Cavalcanti, e come ch' egli scrivesse in volgare la sua Retorica, e insegnasse a gli altri di ben parlare, non si servì egli però mai delle Boccaccievoli frasi, nè meno cercò di persuadere a gli altri, che le dovessero usare. Con tutto ciò s'alcun pur volesse, ch'elle fossero le migliori, non me gli oppongo: ma dirò bene, che a me pare, che neanco in cotale maniera di scrivere resti al disotto questo secolo nostro, avendo noi avuti il Bembo, il Casa, lo Sperone e qualche altro, che

non pur hanno imitate le stesse frasi, ma l'hanno scelte e limate e abbellite in maniera, che le copie non cedono punto al medesimo originale.

Se poi gli Alamanni, i Varchi, i Poliziani, i Medici, i Salviati, i Firenzoli, i Gelli, Aretino e gli altri moderni sieno da essere giudicati inferiori a que' Ricordani, Arrighetti, Sacchetti, Brunetti, Albertani, Gianboni e Ciriffi antichi, e se più questi che quelli s'abbiano da imitare, tornomene a rimettere a i medesimi signori Fiorentini, arbitri, come ho detto, di questa lingua, e tanto maggiormente, ch'essendo e gli uni e gli altri lor cittadini, non avranno occasione di mostrarsi appassionati nel giudicare. Ma se a me fosse lecito disporre il giudicio loro con alcuna brieve ragione, allegherei solamente quello che disse Favorino filosofo :

live moribus praeteritis, loquere verbis praesentibus.

una

Non niego io già, che alle volte non si possa lasciare voce moderna per usarne una antica più propria e significante, quando ella non sia però di quelle scabrose e rozze, che gridan lasciami stare: ma ciò vuol essere fatto così di rado e con tanta opportunità e dissimulazione, che l'orecchia dell'uditore quasi non se n'avvegga; il che certo non è mestiere da ogni ordinario giudizio.

Gli uomini dotti, che in qual si voglia provincia hanno nel tempo stesso fatto fiorir le dottrine, hanno nel tempo stesso fatto fiorir le lingue, perciocchè ognun che favelli è buono da fare una lingua nuova, s' egli si metterà in capriccio di non voler favellar come gli altri; ma una lingua tersa e pulita non ha mestiere d'una persona idiota. Che non per altro il Boccaccio, il Passavante e 'l Petrarca sopra i loro contemporanei s' avvantaggiarono tanto, se non perchè furono più scienziati di loro, e seppero non solamente scegliere le voci e frasi migliori dell'uso, ma perfezionarle in maniera, che a tutti piacquero; come pur feciono Cicerone, Cesare e Livio, che non andaron cogliendo l'anticaglie di Nigidio e di Fabio, ma il meglio di quella età.

Direi adunque, che chi preme nello stile e nella bellezza del dire, dovesse affaticarsi in fare la scelta delle più belle voci e frasi che si favellino e scrivano al pre

sente, e non di quelle che l'uso ha dismesse: perocchè come i vestimenti antichi, benchè di grande fattura e spesa, non piaciono, ma si conservano per memoria riposti, così delle parole antiche suole avvenire, che si conservano per memoria ne' loro Autori, ma non s'adoprano. E con questo finisco.

ANTIPETRARCHISMO

Lettore, opera di viaggio è questa ('), tessuta nel cuor del verno; parte fra l'onde, e gli scogli d'un tempestoso mare, parte fra le balze e l'arene di due infecondi regni ; e dopo ne' triboli e rancori d'amare liti ricorsa: stravagante stagione, siti strani e diversi; intempestiva opportunità; nuovi e bizzarri umori. È nondimeno tal novità piaciuta ad alcuni così autorevoli ingegni, ch'el gusto loro m' ha lusingato a pubblicar questi fogli. Or voglia Dio, che in istampa ella non cangi effetto. Io so, che m' era più sicuro partito il secondar la corrente: ma che colpa ci ho io, se come disse quell' altro,

E son capricci,

ch' al mio dispetto mi voglion venire?

Odio per certo, nè mal talento contro il Petrarca, re de 'melici, non m' ha mosso: ma una stitichezza (per così dire) d'una mano di zucche secche, che non voglion che sia lecito dir cosa non detta da lui, nè diversamente da quello ch' egli la disse; nè che pur fra tante sue Rime alcuna ve n'abbia che si possa dir meglio. Come se gl umani ingegni in cambio di andar perfezionando e loro stessi e le cose trovate, ogni dì più s'annebbiassero; e fosse da seguitare la sacciutezza di certi barbassori, che auggiando gli usi moderni vestono tuttavia colle berrette a taglieri e le falde del saio fino al ginocchio. Io come dall'una parte non ho lasciato di notar tutto quello che da non imitar m' è paruto, così dall' altra a tutti i luoghi o scuri o male intesi ho procurato dar lume: e liberar sopra tutto l'Autore da varie opposizioni e calunnie di

(1) Considerazioni sopra le Rime del Petrarca.

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