Sayfadaki görseller
PDF
ePub

lagrime de gli amanti marabolane, che escono alla sfilata come bottoni di cristallo; e sospironi stentati, che lasciano senza fiato i polmoni. « Cominciò a gittar lagrime che parevan nocciuole, sì eran grosse », disse il Boccaccio di Calandrino.

Sonetto CLXXIV.

Non dall'Ispano Ibero a l'Indo Idaspe.

Sono quaternari di due assise, come quelli del So

netto:

Soleano i miei pensier soavemente, ecc.

Ma questo da capo a piedi riesce una cianfrusaglia, ch' io non so se Nevio, padre de gl'Auguri, n'intendesse il colato.

Può esser che Laura per dar la baia al Poeta e per attizzarlo, l'avesse motteggiato di vecchio, perchè incanutiva ond'egli esclamando dica, ch'una sola fenice dovrebbe esser al mondo; e nondimeno, ch'egli è un'altra fenice di miseria, ritrovando per sua cattiva sorte la pietà sorda in Laura, dalla quale ei sperava stato felice.

Non ch'ei sperasse di goder lei: ma dell'estrema dolcezza, ch'era in lei e che da lei si trasfondeva in chi la mirava. La qual cosa era disdetta a lui, sotto pretesto ch' ei fosse ormai vecchio, infingendosi ella, o non curando, o non s'accorgendo, che fosse intempestivo il suo incanutire e fuor di stagione.

Non dall'Ispano Ibero all' Indo Idaspe
Ricercando del mare ogni pendice,
Nè dal lito vermiglio a l' onde Caspe,

Nè 'n ciel, nè 'n terra è più d'una fenice.

Segna una croce e quadripartisce il mondo, dall'Ibero all'Idaspe, e dal mare Caspio all'Eritreo; intendendo per pendici gli scogli, l'isole e le rive; ma quel Caspe, per Caspie, non mi par da piacere.

Qual destro corvo, o qual manca cornice
Canti il mio fato, o qual Parca l'inaspe?

La comune degli espositori è, che qui il Poeta faccia di cattivo augurio il cantare a destra del corvo ed alla sinistra della cornacchia; e nondimeno è tutto 'l contrario.

.... Però se non vogliam dire ch 'l poeta nostro parli a caso, bisogna farsi a credere, che 'l suo concetto sia tale: «qual destro corvo o qual manca cornice sarà mai, che canti il mio fato, e la mia buona sorte? E qual Parca si troverà mai, che l'inaspi e non li tronchi il filo? »

Che sol trovo pietà sorda com' aspe:

non è sordo l'aspide; ma si chiama sordo, perchè per non udir l'incanto mette un'orecchia in terra e l'altra la si tura colla coda.

Misero ond'io sperava esser felice:

cioè io solo trovo la pietà sorda e miseria ond'io attendea felicità. Il pover'uomo era andato a' bagni per le doglie.

Ch'i' non vo' dir di lei: ma chi la scorge
Tutto 'l cor di dolcezza e d'amor l'empie,
Tanto n'ha seco, e tant' altrui ne porge.

Agio e buio ci vorrebbe, per annestar questi ternari su i quaternari; a me non ne dà l'animo. Pur direi, se piace: «lo solo, nuova fenice di miseria, trovo la pietà sorda, e vita infelice dov'io sperai felicità, non dal godimento di Laura, che non vo' dire ch'io sperassi d'esser felice di lei: ma parlo della felicità del mirarla; perciocchè tanta dolcezza ha in sè, e tanta ne partecipa ad altri, che chi la scorge e mira, tutto glie n'empie il cuore ».

E per far mie dolcezze amare et empie:

quasi dica: « E per amareggiare a me solo quella parte, che di tal dolcezza mi toccherebbe, mi scaccia da sè come vecchio ». Doveali aver detto: «Messere, non avete vergogna a far dell'innamorato, che siete canuto e vecchio? che volete che si dica di voi, e di me? andate, andate a dir l'uficio, e tiratevi su il brachiero, ch'avete più dello scemo che i granchi fuor di luna ».

E s' infinge, o non cura, o non s' accorge,
Del fiorir queste inanzi tempo tempie:

cioè del mio incanutir per tempo, e della cagione:

Come colpa non sia de' suoi begli occhi.

E chi più ne sa, più ne metta: che quanto a me qui il poeta parla a grotteschi, e vanno a soquasso tutti i precetti di Terenziano poeta antico:

Ne sermo ambiguum sonet;
Ne priscum nimis, aut leve:
Vocum ne series hiet;
Neu compago fragosa sit,
Vel sit quod male luceat:
Dum certo gradimur pede,
Ipsi neu trepident pedes, etc.

TRAIANO BOCCALINI

(1556-1613)

Nobile figura d'uomo e di pensatore, avrebbe potuto anche il Boccalini, come avrebbe potuto il Tassoni, promuovere un benefico rinnovamento letterario: ma nell' Italia morta di quel tempo tali voci non avevano quasi nessuna eco e non riuscivano ad imporsi. Le opere loro sono come rimaste fuori della nostra storia, di cui pare si spezzi in quel secolo la continuità culturale.

Si veda l'equilibrata aggiustatezza dei giudizi contenuti nei ragguagli qui riportati.

CONTRO ARISTOTILE

E PIÙ CONTRO GLI ARISTOTELICI E LE REGOLE (1)

TORQUATO TASSO PRESENTA AD APOLLO IL SUO POEMA DELLE GERUSALEMME LIBERATA, PER LO QUALE LODOVICO CASTELVETRO E ARISTOTILE DA SUA MAESTÀ RIGOROSAMENTE VENGONO RIPRESI.

Due giorni dopo l'ingresso suo in Parnaso, Torquato Tasso a' piedi di Apollo presentò il suo dottissimo ed elegantissimo poema della Gerusalemme liberata, e fece istanza che, quando egli ne fosse stato giudicato meritevole, piacesse a Sua Maestà di consacrarlo all'immortalità. Con gratissima cera ricevette Apollo il poema, e conforme all'antico stile di questa corte, acciò fosse riveduto, lo diede al censore bibliotecario, che di presente è Lodovico

(1) Ragguagli di Parnaso, Ragguaglio XXVIII.

« ÖncekiDevam »