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Deiphobus, dit Mad. Dacier, ne fut plus mutilé par Ménelas et par Ulysse.

Quis tam crudeles optavit sumere poenas?

Cui tantum de te licuit?

Que n'a pas dit Mr. De la Motte contre le dessein et la morale du poème d'Homère, contre les caractères des Dieux et des hommes, contre les descriptions, les discours, les comparaisons, l'espression et même la versification? I a enchéri infiniment sur St. Sorlin auteur des visionnaires, et redoublé les sophismes de Perrault. Vous pouvez voir ce que Mad. Dacier en dit dans la Corruption du Goût, et Mr. Boivin le cadet dans le Bouclier d'Achille. L' imitation d'Homère a donné à l'Italie Trissino, l'Arioste et le Tasse: la poétique d'Aristote a formé Robortelli, Victorius, Castelvetro. La critique précipitée de ce grand poète et de ce grand philosophe à donné Mr. De la Motte et ses partisans à la France.

.... Le goût est différent de l'esprit, et on ne le saurait définir non plus que le sentiment, dont il est une modification. Tout ce qu'on peut dire c'est que comme les ouvrages d'esprit surprennent par la nouveauté de leurs idées, ainsi les ouvrages de goût touchent par la délicatesse de leurs agréments. Mais comment réduire les agréments à des idées primitives? Le P. Gamache disciple de Mr. Fontenelle, qui a voulu analyser les agréments de la langue française n'a non plus réussi que dans son système du coeur, où il cherche des raisons métaphysiques de l'amour. Il y a des gens sans goût, comme il y en a sans la faculté d'ouïr et de voir. Les philosophes et les mathématiciens n'en ont pas ordinairement, et sont presqu'insensibles aux agréments de la poesie et de la musique. Mr. Newton m'a dit plusieurs fois, qu'il n'a jamais pu entendre un opéra; et dans mes voyages je n'ai trouvé que Mr. de Moivre célèbre mathématicien français, qui goûtait infinement Rabelais, et convenait avec moi qu'il est au moins aussi rare d'être un Virgile en poésie, qu'un Newton en mathématique. L'usage des idées abstraites donne une certaine tension aux fibres, qui les rend incapables de ces mouvements prompts et légers qui sont peut être les causes occasionnelles du goût. Soit donc

Andreoli. - 21

par défaut de nature ou par l'usage de la philosophie, il est certain que M. De la Motte et Mr. Fontenelle et leurs partisans n'ont point de goût. De là vient qu'ils ont introduit dans les belles lettres l'esprit et la méthode de Mr. Descartes, et qu'ils jugent de la poésie et de l'éloquence indépendemment des oreilles et des passions, comme on juge des corps independemment des qualités sensibles. De là vient aussi qu'ils confondent le progrès de la philosophie avec celui des arts. Les modernes, dit l'Abbé Terrasson, sont plus grands géomètres que les anciens; donc ils sont plus grands orateurs et plus grands poètes. Voilà le principe dominant de la préface de sa Dissertation critique d'Homère, où il a développé avec esprit le système de Mr. Fontenelle à l'égard du progrès de l'esprit humain. Quel système! Les grands peintres et les grands poètes ont fleuri en Italie dans le seizième siècle; les grands mathématiciens et les grands philosophes dans le dix-septième: comment donc inférer le progrès des uns du progrès des autres? Il est même à remarquer, que Galilée, Torricelli, Borelli jetaient les fondements de la philosophie expérimentelle, et Marini et son école gâtaient le bon goût de la poésie introduit avec tant d'éclat sous Léon X.

GIAMBATTISTA VICO

(1670 - 1744)

L'importanza filosofica dell'opera di quel genio solitario che fu il Vico è oggi così universalmente ammessa, che l'affermarla passa per un luogo comune, e chiunque sia fornito d'una pur mediocre coltura ne ha diretta o indiretta notizia. La sua Scienza Nuova contiene non una, ma molte fondamentali scoperte, agli occhi nostri ormai chiaramente manifeste, nel campo della vita dello spirito e dell'attività umana e della storia.

Le poche pagine che qui seguono, bastano per poter gettare uno sguardo ben addentro in questo nuovo mondo e avere un'idea della scoperta capitale del filosofo napoletano: che la prima scienza degli uomini fu sapienza poetica, cioè mista con elementi fantastici e passionali, e il loro primo linguaggio fu quindi necessariamente e naturalmente linguaggio poetico. E scoperta che getta le fondamenta, oltre che di una nuova concezione della storia e di una nuova filosofia dello spirito, anche, e nel tempo stesso, dell'estetica.

Studiando l'antica storia, la natura e l'origine del diritto, da giurista e filosofo profondo e dotto qual egli era, poichè presso ogni popolo civile i primissimi monumenti letterari, di contenuto insieme e mitico e religioso e scientifico e morale, hanno forma e carattere essenzialmente poetici, così il Vico fu condotto dal suo stesso argomento a studiare e a scoprire l'origine e la natura del linguaggio, dell'espressione letteraria, della poesia.

Nell'analisi dei poemi omerici, si veda come, fra il continuo balenare di profonde verità filosofiche e storiche, appaiano frequenti luci vivissime che rivelano con critica vittoriosa e definitiva la natura e la forza della poesia. Particolarmente nei primi due passi qui riferiti, colpisce anche quella nuda e pur solenne densità e robustezza dello stile: il filosofo sente con sicurezza, e dichiara, la grandezza della sua faticosa scoperta.

LA SCOPERTA ESSENZIALE DEL VICO (*)

Principio di tal' origini e di lingue e di lettere si trova esser stato, ch'i primi popoli della gentilità, per una dimostrata necessità di natura, furono poeti, i quali parlarono per caratteri poetici: la qual discoverta, ch'è la chiave maestra di questa scienza, ci ha costo la ricerca ostinata di quasi tutta la nostra vita letteraria; perocchè tal natura poetica, di tai primi uomini, in queste nostre ingentilite nature egli è affatto impossibile immaginare, e a gran pena ci è permesso d'intendere. Tali caratteri si trovano essere stati certi generi fantastici, ovvero immagini per lo più di sostanze animate, o di Dei Eroi, formati dalla lor fantasia, a i quali riducevano tutte le spezie, o tutti i particolari, a ciascun genere appartenenti; appunto come le favole de' tempi umani, quali sono quelle della commedia ultima, sono i generi intelligibili, ovvero ragionati dalla moral filosofia, de' quali i poeti comici formano generi fantastici, ch'altro non sono l'idee ottime degli uomini in ciascun suo genere, che sono i personaggi delle commedie. Quindi sì fatti caratteri divini o eroici si trovano essere state favole, ovvero favelle vere; e se ne scoprono l'allegorie, contenenti sensi non già analoghi ma univoci, non filosofici ma istorici di tali tempi de' popoli della Grecia. Di più, perchè tali generi, che sono nella lor essenza le favole, erano formati da fantasie robustissime, come d'uomini di debolissimo raziocinio, se ne scoprono le vere sentenze politiche, che debbon essere sentimenti vestiti di grandissime passioni, e perciò piene di sublimità e risveglianti la maraviglia. In oltre i fonti di tutta la locuzion poetica si trovano questi due, cioè povertà di parlari, e necessità di spiegarsi e di farsi intendere; da' quali proviene l'evidenza della favella eroica, che immediatamente succedette alla favella mutola per atti, o corpi, che avessero naturali rapporti all' idee che si volevan significare, la quale ne' tempi divini si era parlata. E finalmente per tal necessario natural corso di cose umane le lingue appo gli Assirj, Siri, Fenici, Egizj, Greci

(*) Dai Principii di Scienza Nuova, ediz. seconda Indidem i passi seguenti.

e Latini si trovano aver cominciato da versi eroici; indi passati in giambici, che finalmente si formarono nella prosa; e se ne dà la certezza alla storia degli antichi poeti, e si rende la ragione, perchè nella lingua tedesca, particolarmente nella Slesia, provincia tutta di contadini, nascono naturalmente verseggiatori; e nella lingua spagnola, francese ed italiana i primi autori scrissero in versi.

LA PRIMA SAPIENZA DEGLI ANTICHI UOMINI

Adunque la sapienza poetica, che fu la prima sapienza della gentilità, dovette incominciare da una metafisica, non ragionata ed astratta, qual è questa or degli addottrinati, ma sentita ed immaginata, quale dovett'esser di tai primi uomini, siccome quelli ch'erano di niuno raziocinio e tutti di robusti sensi e vigorosissime fantasie, com'è stato nelle Degnità () stabilito. Questa fu la loro propria poesia, la qual in essi fu una facultà loro connaturale, perch'erano di tali sensi e di sì fatte fantasie naturalmente forniti, nata da ignoranze di cagioni, la qual fu loro madre di maraviglia di tutte le cose, che quelli ignoranti di tutte le cose fortemente ammiravano, come si è accennato nelle Degnità. Tal poesia incominciò in essi divina; perchè nello stesso tempo ch'essi immaginavano le cagioni delle cose che sentivano ed ammiravano essere Dei, come nelle Degnità il vedemmo con Lattanzio, ed ora il confermiamo con gli Americani, i quali tutte le cose che superano la loro piccola capacità dicono esser Dei; a' quali aggiugniamo i Germani antichi, abitatori presso il mar agghiacciato, de' quali Tacito narra, che dicevano d'udire la notte il Sole, che dall'occidente passava per mare nell'oriente, ed affermavano di vedere gli Dei; le quali rozzissime e semplicissime nazioni ci danno ad intendere molto più di questi autori della gentilità de' quali ora qui si ragiona. Nello stesso tempo, diciamo, alle cose ammirate davano l'essere di sostanze dalla propria lor idea; che è appunto la natura de' fanciulli, che, come se n'è proposta una Degnità, osserviamo prendere tra mani cose

(1) Nel libro I della Scienza Nuova.

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