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luogo tra loro, non avendo il suo poema veruna forma regolare e secondo l'arte. Esiodo, Lucrezio e gli altri autori di poemi storici o filosofici a' quali parea più tosto appartenere, ricusaron d'ammetterlo, se non si purgava di tante finzioni ed invenzioni capricciose e non ragionevoli, che formano per altro una gran parte dell'opera. Terenzio, Aristofane e i comici dimostrarono che per un titolo di « commedia » non si può divenire poeta comico, massimamente dove mai non si ride, e spesso si dorme; infin non trovavasi chi volesse della Divina Commedia restar onorato; e Dante correva pericolo d'essere escluso dal numero de' poeti. Se non che vennemi in mente di propor loro in buon punto un consiglio: ciò fu di estrarre i miglior pezzi di Dante, che a loro stessi avean recato cotanto difetto, e raccoglierli insieme in un piccol volume di tre o quattro canti veramente poetici, e questi ordinare come si può, e i versi poi, che non potrebbono ad altri legarsi, porli da sè a guisa di sentenze, siccome d'Afranio e di Pacuvio fecer gli antichi. A questa condizione accettarono tutti i poeti Dante per loro compagno, e gli accordarono il privilegio dell'immortalità che loro è concessa dal fato. To penso, Arcadi, che non sarete di parere diverso da quel d'Omero, di Virgilio, d'Orazio, d'Anacreonte e di tutti coloro, che voi stessi tenete per maestri e per classici in poesia.

GASPARE GOZZI
(1713 - 1786)

La Difesa di Dante che Gaspare Gozzi scrisse contro le Lettere del voltairiano Bettinelli testimonia quanto seria, viva e capace di svolgimento fosse ancora la tradizione letteraria nazionale, che il buon Gozzi fra gli altri critici meglio rappresenta, in mezzo all' imperversare delle influenze straniere. La Difesa va dritta al nocciolo della questione : afferma anzitutto la necessità di « mettersi in istato di essere contemporaneo di Dante» col mezzo della coltura storica e filologica, per poter gustare e giudicare la Commedia; poi, non senza altezza di critica e vigore di stile, pone innanzi il maschio carattere e la grande figura morale di Dante, la pienezza dell'arte sua tutt'anima e pensiero, tutta immagine e concretezza; e, toccata la schietta genesi del poema, mostra l'unità d'ispirazione umana e religiosa che lega strettamente il poema in sè, e con la stessa vita e l'intima storia dello spirito del Poeta divino.

IN DIFESA DI DANTE (1)

Io ho deliberato di non entrar punto in sì fatta zuffa, dappoichè negli Elisj è stata formata la risposta, la quale potrà vedere chi avrà volontà di leggerla. Dicovi solamente (che sieno state ombre di là, o cristiani di qua coloro che hanno risposto, chè in ciò non mi voglio stillare il cervello, ma credere allo stampatore, a cui furono mandate le risposte col titolo che portano in fronte), dicovi bene, ripeto, che hanno fatto ragionevolmente a rispondere alle opposizioni contra Dante, prima

(1) v. le Lettere di Virgilio del Bettinelli pag. 384 e segg.

che alle altre contro al Petrarca e agli altri poeti italiani. Mi afferma il Zatta, ch'egli ha notizia che negli Elisj vi è un gran bollore anche sopra questo particolare, e che vi sono certe anime liriche le quali hanno preso la penna in mano per dimostrare il vero. Intanto egli è buona cosa che il padre e maestro della Poesia italiana non sia vilipeso, e che sieno accertati coloro i quali prendono ad imitarlo che, andando dietro alle orme sue, anderanno bene per una strada difficile, stretta, da sudare e da tracollare; ma finalmente giungeranno alla sommità di quel monte dov'è loro riserbata per isposa la bellissima Poesia; laddove chi andrà seguendo il suo capo, senza curarsi di altro che del cembalo e della campana dello stile, in cambio di abbracciare così bella sposa, si stringerà al seno una nuvola, come si disse già di colui, che si credette di aver fra le braccia la Dea Giunone.

A leggere quelle censure chi mai, o lettori, credereste voi che non fosse uscito del cervello ad imitar Dante? e tuttavia in poche parole vi dirò qual esemplare si propone davanti agli occhi colui, che intraprende di andare dietro ai suoi passi. Io per me (dice il Censore medesimo a c. 10) non so a bastanza stimare quest'uomo raro, che il primo ha osato pensare ad un poema, e dipingere arditamente tutti gli oggetti della poesia in mezzo a tanta ignoranza barbarie, onde il mondo traeva il capo;... ha trasportato i tesori della scienza, ch'era allora nel mondo, dentro al seno della poesia. Dante è stato grand'uomo a dispetto della rozzezza de' suoi tempi e della sua lingua. Lodato sia Dio, che chi vuol dietro a lui volare, non vola dietro ad un'oca. (Ma gli si può anche aggiungere ch'egli fu un poeta il quale seppe eleggere quanto Omero e Virgilio un argomento nazionale, che dovea adescare tutta la Toscana in primo luogo, e tutto il paese dove suona il Sì, e poscia tutti quegli animi in cui la cattolica religione si stende. Esser egli uno di quei poeti, che Platone non avrebbe dalla sua repubblica discacciati, poichè con la sua sublimità di pensare, e con quello spirito che prese dalle sagre carte, e da' Profeti principalmente, egli descrive la somma grandezza, e la gloria di colui, che tutto move, con tal nobiltà, magnificenza e maestà in tutti tre i regni da lui descritti che riempie l'animo di chi legge di un sacro orrore e di venerazione. San Basilio non avrebbe

a dire del suo poema, come di quelli de' Gentili, che la utilità che si ha a trarre da essi dee essere le foglie, ch'è quanto dire lo stile; nè san Paolino, ep. 38. Egli ti basti prendere da loro l'eloquenza del parlare e gli ornamenti della lingua, come spoglie da' nemici). Qual passione maggiore e più nobile vorremmo noi cercare nel suo poema (giacchè si dice essere il suo poema privo di passione), che quella veemente continua collera, è quell' invincibile odio contro al vizio, e quel grande, insuperabile affetto alla virtù, che per tutto ardono e risplendono in esso, e l'animo de' leggitori or ad orrore, or a compassione, or a sdegno, e talora à schernire i malfattori commovono? Anzi non vi ha altro poema antico, nè moderno che faccia in te gli effetti dell'epico, della tragedia, della satira, della poesia lirica, o di quant'altre mai poesie fossero al mondo inventate, quanto quel solo di Dante. Dunque qual poema è? dirà il Censore. Il poema di Dante. Il quale ha saputo con un capacissimo ingegno, dopo tanti stati prima di lui, un' invenzione ritrovare originale, grandissima, darle regola di arte, essere il primo, e dare un nuovo modello a noi, se lo vogliam conoscere, e per rispetto degli altri poeti stati prima di lui, della latina lingua da lui venerata, quasi per umiltà, chiamarlo Commedia nel frontispizio. Avvedendosi però egli medesimo dei vari effetti che facca il suo componimento, or tragedia, or poema e talvolta poema sacro l' intitolò dentro al corpo dell'opera; la quale incostanza ed incertezza nel dargli titolo, molto più mi prova la sua novità ed estraordinaria originalità, e lascio che si azzuffino i pedanti a schernire il frontispizio, e senza anche frontispizio veruno, mi prendere quel tesoro, o quand'anche non si stampasse altro nella prima facciata, che: Libro di Dante.

Ma tutto ciò, dico.... non perchè il titolo aggiunga punto o levi alla bellezza del poema; e così piacesse a Dio, che ai giorni nostri l'arte de' frontespizj non fosse giunta al sommo grado di perfezione, e il midollo e la sostanza de' libri perduta.

Quello è un poema che ammaestra, che trasporta gli animi per tutti i versi, che dipinge, che scolpisce, che fa parlare la natura medesima, che ha sempre il cuore del poeta in ogni espressione, che ti presenta scene e spettacoli agli occhi, de' maggiori che mai vedessi. Osserva

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