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nella storia, che mentre irritano la nostra curiosità, hanno forza di vero, perchè sono circostanze ignote de' fatti, rivelate dalle anime che sole ne sapevano tutti i secreti, e li traevano dalla notte de' loro sepolcri; onde Ugolino Però quel che non puoi avere inteso, Cioè, come la morte mia fu cruda, Udirai.

Pur queste tutte potentissima; ed è:

sono cause minori verso dell'unica che in tanta moltitudine d'episodi, e di scene d' infinita diversità nella lunga azione della Divina Commedia, il primo, unico, vero protagonista è il Poeta.

Come gli abitatori del suo Paradiso veggono ogni loro beatitudine in Dio, così i suoi lettori non godono dell' illusione poetica se non quanto tengono attentissima l'anima tutta alle parole, a' moti, e all' anima del narratore. Se il racconto di Francesca non percote d'eguale pietà ogn' individuo, e se molti non s'avveggono dell'aspetto, dell'atteggiamento e del cuore di Paolo, tutti pur sono costretti a osservarne gli effetti sovra il Poeta.

Piangeva sì, che di pietade

Io venni meno sì com'io morisse:

E caddi come corpo morto cade.

Alle varie passioni che lo spettacolo d'ogni oggetto eccita in lui, rispondono spontanee le nostre, perchè, non che fingerle, ei spesso le aveva osservate in altri, e sentite. Convisse col padre e i fratelli di Francesca; fu loro ospite; vide la stanza ove essa abitò giovinetta felice e innocente; udì forse narrato il caso dal vecchio Guido; e descrisse da poeta la compassione ch'esso aveva veramente provato com'uomo ed amico. Le circostanze :

Noi leggevamo un giorno, per diletto,
Di Lancilotto, come amor lo strinse:
Soli eravamo, e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura :

Andreoli. - 31

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sono certamente ideali. Ma se non fu vero, era ridetto
a quei tempi, com'ella credendosi che il contratto nuziale
fosse fatto per Paolo, bellissimo giovine, non seppe d'es-
sere moglie di Gianciotto, sciancato, se non quando de-
statasi, se lo vide al fianco nel letto (1). ·
Però que'
versi :

Amor, che a cor gentil ratto s'apprende
Prese costui della bella persona

Che mi fu tolta, e il modo ancor mi offende:

e più le ultime parole, mirano forse a tutta la storia dal d: che Paolo vedendo Francesca se ne innamorò, e le fu detto ch'esso era lo sposo, e ne venne la loro misera morte. Ma non è che cenno, e oscurissimo; e se gli interpreti non danno nel segno, e s' adirano, non è da incolparli.

...Si stanno perplessi, critici dotti, contenti dal titolo di modesti; onde t'insegnano il credo insieme e il non credo. e il può dirsi. Pur se non toccassero questioni che non hanno in animo di snodare, parrebbero essi tanto più dotti e modesti e meno molesti. L'uccisione di Francesca e di Paolo, tutto che conferisse a immagini tragiche, non è ricordata se non per imputarla al marito e destinargli nell'Inferno la pena de' fratricidi. Tanto silenzio, e non solito a Dante, d'ogni storica particolarità che avrebbero piagato il cuore e la fama de' fratelli e del padre, fanno presumere che l'episodio fosse o composto o ritoccato nelle loro case. E se presentirono che il nome di Francesca d'Arimino non sarebbe stato mai nè dimenticato, nè pronunziato senza pietà il conforto pareggiò la sciagura; e Dante rimeritò pienamente l'asilo e il sepolcro ch' ebbe in Ravenna.

L'ARTE DEL PETRARCA (*)

Il Petrarca era nato per creare con ansietà, e per disperdere ne' momenti di sconforto le illusioni necessarie al suo riposo così fu spesso in procinto di annientare

(1) Boccaccio, Commento, loco citato.

(*) Dal «Saggio sopra la poesia del Petrarca, capitoli I-IV.

per fino le poesie liriche da lui indirizzate a Laura ('). Neppure ne fa menzione nella sua Lettera alla Posterità, quantunque, se non era per queste medesime poesie, gli altri meriti letterari del grand'uomo non sarebbersi ricordati con tanta gratitudine. Cogl'intimi amici si mostra vergognoso di avere adoperato l'ingegno a sollazzo di canterini di frottole e di amanti, lagnandosi che i suoi versi fossero stati troppo largamente sparsi ond'essere ritirati; e dolendosi che talvolta gli fossero stati travisati in parte, e tal altra attribuitigliene di quelli che non erano suoi, e che i cantanti di mestiero faceansi pure gran merito di aver raccolti (2). Presenta egli a' leggittori la scusa medesima nel primo sonetto della raccolta (3), che si risolvette di preparare in vecchiaia, rifiutando le composizioni apocrife, e quelle da lui giudicate indegne di sè (*).

Il piacere di rivivere nella sua gioventù, d'incontrar Laura ad ogni verso, di riandare la storia del proprio cuore, e forse la coscienza, che alla fin fine di rado svia gli autori rispetto alle migliori opere loro, indusse il poeta omai vecchio a dare tal perfezione a' suoi versi d'amore, che non fu mai raggiunta da verun altro scrittore italiano, e ch' ei credeva «non potersi recare più oltre neppure da lui stesso (5) ». Se non si conservassero tutti i manoscritti, sarebbe impossibile immaginare o credere le indefesse fatiche da lui sostenute nella emendazione de' suoi versi. Tali manoscritti sono monumenti curiosi, sebbene rechino poco aiuto ad esplorare per quale occulto lavoro la lunga e laboriosa meditazione del Petrarca avesse sparso ne' suoi versi tutto il nativo incanto di subita ed irresistibile inspirazione.

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(4) Queste poesie trovansi in quasi tutte le edizioni alla fine dell'opera, col titolo di Giunta orime rifiutate.

(5) Pietro Paolo Vergerio intese da Coluccio Salutati amico del Petrarca che questi aveva detto, come le sue composizioni tutte poteva migliorare assai, fuorchè le Rime; nelle quali s'era tanto alzato, che più non gli dava l'animo d'arrivarle». Beccadelli, Vita del Petrarca

Ciò che seguita è traduzione letterale di una sequela di memorie in latino, poste in principio di uno de' suoi sonetti.

« Cominciai questo per impulso del Signore (Domino jubente), il 10 settembre, all'alba del giorno, dopo le mie preci mattutine .

« Converrà ch'io rifaccia da capo questi due versi, can«< tandoli (cantando), e ch'io ne inverta l'ordine: 3 ore a. << m. 19 ottobre .

«Questo mi piace (hoc place): 30 ottobre, 10 ore <«<< del mattino ».

« No; questo non mi piace: 20 dicembre a sera ».

E di mezzo alle correzioni scrive, deponendo la penna: << tornerò sopra questo; sono chiamato a cena ».

« 18 febbraio, verso nona: ora questo va bene: nondi<«< meno tornavi su un'altra volta (vide tamen adhuc) ». Talvolta nota la città dove s'imbatte. « 1364, Veneris mane,, 19 Jan. dum invitus Patavii ferior ». Potrebbe sembrare osservazione più curiosa che rilevante, l'essere stato generalmente in venerdì ch'ei davasi alla tediosa briga della correzione, se non sapessimo ancora ch'era per lui giorno di digiuno e di penitenza.

Quando alcun pensiero gli occorreva alla mente, ei lo notava in mezzo a' suoi versi così: « Bada a ciò. Io aveva qualche intenzione di trasporre questi versi, e di fare che il primo divenisse l'ultimo; ma nol feci in grazia dell'armonia : il primo allora sarebbe stato più sonoro, e l'ultimo meno, che è contro regola; perchè la fine dovrebbe essere più armoniosa che il principio ». Talora ei dice: « Il cominciamento è buono, ma non è patetico abbastanza ». In alcuni luoghi si suggerisce di ripetere le stesse parole, piuttosto che gli stessi concetti. In altri giudica meglio di non moltiplicare i concetti, ma di amplificarli con altre parole. Ciascun verso è rivoltato in più modi; sopra ogni frase e ogni parola colloca spesso modi equivalenti, per poi esaminarli di nuovo; e vuolsi conoscenza profonda dell' italiano, per accorgersi che, dopo tale perplessità scrupolosa, elegge sempre quelle parole che hanno insieme più armonia, eleganza e forza.

Questi laboriosi concieri (') fecero pensare fin da quan

(1) Vedi anche, qui, pagg. 39-44.

do il Petrarca viveva, che i suoi versi fossero opera più da poeta che da amante ('). È fuor di dubbio, non essere violentissima quella passione che possiamo descrivere a nostro bell'agio. Ma un grande ingegno sente più intensamente, e soffre più fortemente che altri; e per ciò appunto, quando la forza della passione allenta, egli ne serba più a lungo la rimembranza, e più agevolmente può ridestarsela nell'immaginazione e risentirne gli effetti, e, come parmi, ciò che diciamo potenza d' immaginare sta più ch'altro nel concorso del forte sentire e delle rimembranze. Così al genio è peculiarmente largita la facoltà di osservare il lavorio segreto della natura umana in quanto può nel cuor di lui e d'ogni altro; e per essa è fatto capace di descrivere que' sentimenti, e recarli addentro nell'animo d'ogni lettore. L'alto segreto dell'arte del poeta sta nel farci sentire l'esistenza per forza di simpatia, ma mentre esso geme sotto le angosce proprie, cercherebbe indarno di esaminare ciò che svolgesi nel suo o nel cuore altrui; e i lirici versi che il Petrarca durò trentadue anni a scrivere, possono leggersi in pochi dì. Molte composizioni, non è dubbio, furono concepite ne' momenti che la passione più poteva sopra di lui, ma furono scritte assai giorni, forse assai mesi, e certamente perfezionate assai anni dopo. Il sonetto 48° della prima parte della sua raccolta fu dettato undici anni dopo fatta conoscenza con Laura:

Or volge, Signor mio, l'undecim' anno,
Ch'i' fui sommesso al dispietato giogo.

Quattr'anni dopo quest'ultima epoca, dettò il sonetto 85°.

Fuggir vorrei; ma gli amorosi rai,
Che dì e notte nella mente stanno,
Risplendon sì, ch'al quintodecim'anno
M'abbaglian più che 'l primo giorno assai.

(1) Epist. famil., lib. II, ep. 7.

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