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la nostra religione. E questo non è solamente un falso poetare, ma è anche una peste perniciosissima alla gioventù. Io certo m'affaticherei a provarlo, se non fosse più chiaro del sole: l'esperienza, che è l'unica maestra delle cose, ha resi così manifesti agli occhi di tutti i danni che nascono da questo falso genere di poetare, che è vano ormai fermarsi a condannarlo.

***

In che consiste la bellezza? Nei colori? No. Nella effigie? No. Ma la bellezza è una forma che resulta dalla corrispondenza di tutte le membra e dei colori...; e questo è nelle cose composte: nelle semplici poi la bellezza loro è la luce. Vedete il sole e gli astri, la bellezza loro è aver luce; vedete gli spiriti beati, la loro bellezza consiste nella luce; vedete Iddio, che è luce; egli è la stessa bellezza.... Così la bellezza dell'uomo e della donna, quanto è più simile alla prima bellezza, tanto è maggiore e più perfetta. Ma che cosa è dunque questa bellezza? Essa è una qualità che risulta dalla proporzione e corrispondenza delle membra e delle parti del corpo. Tu non dirai che una donna sia bella, per avere un bello naso e belle mani; ma quando vi sono tutte le proporzioni. Donde viene questa bellezza? Se vai investigando, vedrai che è dall'anima.... Togli qua due donne di pari bellezza; l'una sia buona, costumata e pura; l'altra diventi meretrice: vedrai in quella buona rilucere una bellezza quasi angelica, ed in quell'altra, benchè sia formosa, non vi sarà comparazione con quella buona e costumata.... Vedrai che quella santa sarà tanto più amata da ciascuno, e tutti gli occhi saranno volti a lei, etiam degli uomini carnali.

E questo nasce, perchè l'anima buona partecipa della bellezza di Dio, e diffonde nel corpo la sua celeste bellezza. Leggiamo della Vergine, che per la sua grande bellezza gli uomini che la vedevano stavano stupefatti, e nondimeno per la tanta santità che riluceva in lei, non fu mai alcuno che avesse verso lei mala volontà; anzi ciascuno l'aveva in reverenzia.

Donne che vi gloriate dei vostri ornamenti, dei vostri capelli, delle vostre mani, io vi dico che voi siete tutte brutte. Volete voi vedere la vera bellezza? abbiate cura a una persona divota, uomo o donna, che sia di spirito; abbiategli cura, dico, quando è in orazione, e quando gli viene quel caldo dalla bellezza divina, e quando è presa dalla orazione; vedrete la bellezza di Dio rilucere in quella faccia, ed un viso quasi angelico.

MARIO EQUICOLA
(1470 - 1525)

Nelle poetiche e rettoriche del Rinascimento si cercherebbe invano un'analisi critica che vada oltre le forme e cerchi di raggiungere la psiche dell'artista o di rilevare il particolar tono e colorito storico che l'argomento trattato, che lo spirito di quel determinato autore assumono nell'opera presa in esame. E invece, in certi trattati, dialoghi e lezioni accademiche sull'amore, sulla gelosia e sulle grandi passioni descritte dai poeti, si trova qualche pagina di critica letteraria insolita, nata senza proposito, men superficiale, men rettorica e vuota dell'altra.

Il libro dell' Equicola di cui riferisco parte, è uno degli esempi più considerevoli di tal genere; benchè manchi, come si vedrà, di quella luce e di quel calore che noi potremmo attenderci, e i paralleli siano piuttosto materiali, limitati, aridi, privi di approfondimento e di svolgimento.

UN ANTICO SAGGIO DI CRITICA COMPARATIVA:
I MASSIMI POETI D'AMORE

NELLE DIVERSE ETÀ E LETTERATURE. (')

Sforzasi il Poeta che delle sue passioni scrive con ornate e dolci parole, con nuove e atte sentenze, con accomodate giunture mover l'animo dell'amata verso lui e renderselo benevolo.

.... In due modi principalmente i Poeti hanno tentato d'acquistare benevolenza di chi amavano, laudandola da

(1) Mario Equicola d'Alveto, De natura d'amore, Venezia, 1525. (Già in redazione latina, 1495) Libro quinto: «Come i latini e i greci poeti, i giocolari provenzali, i rimatori francesi, dicitori toscani e i trovatori spagnoli abbiano lodato le loro amate, e le passioni da loro stessi descritte.»

tutte le parti che meritano lode, sì dell'animo come del corpo, e con farle intendere che per suo amore si tormentano, e che 'l desio di servirla è grandissimo.

Catullo lauda la sua Clodia da lui nominata Lesbia, facendo eguale a Dio qualunque la vede e ode si dolcemente ridere, e dicendo ch'ella è tanto bella e per tutto il corpo formosissima, che a tutte le altre belle ha tolto tutte le grazie. Il suo amore dimostra piangendo il morto passere, col quale l'amata solea giuocare, la esorta a vita lieta, e ad amare, e dargli molte migliaia di baci. Di quelli desidera maggior numero che della arena di Libia. Il riso di costei gli leva i sensi e vedendo lei, non può far parole. L'orecchie per piacere diventano altro di quel che sono. Nè altro che lei i suoi occhi veggono. Niuna veramente potrà dire d'essere amata tanto, quanto da lui Lesbia, nè mai in alcuno essere stata tanta fede: per dimostrare la grandezza della passione che sopporta per amore, desidera d'essere sciolto, e prega gli Dei che gli restituiscano la sua libertà.

Orazio innamorato non può scrivere versi, perchè amore più lui che tutti gli altri tormenta. Pur canta acciochè possa penetrare il suo dire alle orecchie di Lidia. Prega Mercurio che a costei mostri le pene, le quali nell'inferno si riservano alle donne empie verso gli amanti. Supplica a Venere che tocchi l'arrogante Cloe d'impeto e di furia amorosa. In qualunque luogo si troverà, amerà Lalage, la qual dolcemente parla e dolcemente ride. Avendo dato già fine all'amore, Venere e Bacco lo costringono ad amare di nuovo. Di Glicere la bellezza, lo sdegno grato, il giocoso orgoglio, il volto che ad amare ne spigne e per forza si fa riguardare l'abbruciano. Venere esercita in lui ogni potenza, e vietagli il cantare guerre.

P. Virgilio Marone dopo la lunga querela della perdita de' suoi campi, dopo l'elegante e crudel voto che ivi mai non nasca il frutto con desiderio che Nettuno innondi quel paese, si licenzia da' suoi campi e dice: Ti salvi Dio, o ottima Lidia. Prima le cose amare sian dolci, le dure molli, le bianche nere, e la parte sinistra destra sia, che 'l pensier che ho di te da me si parta. Benchè fossi tu acqua, benchè fuoco fossi tu, sempre ti amerò: o beato, o fortunato terreno, per lo quale costei cammina; ho invidia a voi o belle prata, ma più bella assai di voi è la

mia amata voi possedete il mio piacere. Niuna fu mai più dotta e più bella di Lidia, la quale sarebbe degna di Giove in tauro o in oro trasformato. Finalmente con esempi si lamenta, che nell'antica età a gli Dei e Eroi non si vietava l'esser co' loro amori, come nel suo secolo si vieta. Chiamasi infelice, che non nacque in quel tempo. Duolsi per amore essere già divenuto tale, che chi 'l vede appena il riconosce.

....

[Nei Provenzali] il modo di descrivere i loro amori fu nuovo, e diverso da quello de gli antichi latini: questi senza rispetto, senza riverenza, senza timore di infamar la lor donna apertamente scrivevano quel che loro pareva e dove il desio li spingea. I Provenzali gentilmente con dissimulazione nascondevano ogni lascivia di affetti. E nelle loro carte desio di onorare più che altro mostravano, dicendo che Amor vuol castità, e per castità è benevolo; senza questa non è amore, quando è senza legge e modo perde il suo nome, che niuna cosa risguarda amore se non amore. Da lei voglio solazzo e onore e seme da saper di amore; e per mercè non per dovere; amor non fa se non con onestade e fede, e tal amor non passa in alcun tempo. Il loro amore era in persone grandi, degne di onore, non come quelle de' poeti nostri antichi; i quali da essi medesmi sono come avare, come all'altrui volontà esposte e quasi meretrici notate. Bernardo di Ventador lemosino, uomo bellissimo, amò la Visconte di Ventador moglie del suo Signor, e fu bene amato da lei: questi gloriossi di aver avuto un bacio, per il qual si dice essere stato ucciso.

.... Dante nella sua Vita Novella, nelle Canzoni e Sonetti, dice le lodi della sua Beatrice per isfogare la mente, non per finire. Gli Angeli la dimandano in Cielo a Dio, con dirgli che 'l ciel non ha altro difetto se non di aver lei, ai quali si risponde che vuole che stia alquanto in terra, acciochè quelli che son dannati nell'Inferno dicano a' mal nati: Io vidi la speranza de' beati. Crede, che ne gli occhi di costei stia amore che i suoi pari uccida, nè vale stare lungi da' colpi mortali, che come avesser ali, giungono altrui e spezzano ciascun'arme, però non può da lei, nè sa aiutarsi. Non gli è concesso esprimere quel che seco

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