si sieno accordati i migliori giudizj d'Italia per chiamarle divine, e per dar loro il titolo d'eccellenti sopra l'altre del Petrarca. Due maravigliose doti qui spezialmente campeggiano, cioè l'affetto e l'ingegno. In tutto c'è una tal tenerezza, e un si forte rapimento di pensieri affettuosi, che non si potea forsc imprimere nella mente altrui con più energia la violenza di quella passione, onde era agitato il cuor del poeta. Ancora l'ingegno fa qui tutte le sue maggiori prove. Può dirsi che questa sia una tela di riflessioni ed immagini squisitissime cavate dall'interno della materia; ed è maraviglioso come a tanta foga d'affetto si convicne tanta sottigliezza d'ingegno,,. Perchè la vita è breve, E l'ingegno paventa all'alta impresa, Là dov' io bramo, e là dov' esser deve Pigro da sè, ma'l gran piacer lo sprona; Tien dal suggetto un abito gentile, Levando, il parte d' ogni pensier vile : Non perch' io non m'avveggia Quanto mia laude è ingiuriosa a voi; Ma contrastar non posso al gran desio, Lo quale è in me dappoi Ch'i' vidi quel che pensier non pareggia, Non che l'agguagli altrui parlar, o mio. Principio del mio dolce stato rio, Altri che voi, so ben, che non m'intende, Forse ch'allor mia indegnitate offende. Non temprasse l' arsura, che m'incende M'è più caro il morir, che'l viver senza. Dunque ch'i' non mi sfaccia, Sì frale oggetto a sì possente foco, Non è proprio valor che me ne scampi: Che'l sangue vago per le vene agghiaccia, Quante volte m' udiste chiamar morte! Ahi dolorosa sorte! Lo star mi strugge, e'l fuggir non maita. Ma se maggior paura Non m'affrenasse, via corta e spedita Trarrebbe a fin quest' aspra pena e dura ; E la colpa è di tal, che non n'ha cura. Dolor, perchè mi meni Fuor di cammin a dir quel ch'i' non voglio? Sostien' ch' io vada ove'l piacer mi spigne. Già di voi non mi doglio, Occhi sopra 'l mortal corso sereni, Nè di lui ch'a tal nodo mi distrigne. Là 've di e notte stammi Addosso col poder, c'ha in voi raccolto, Se non che 'l veder voi stesse v'è tolto: La divina incredibile bellezza Di ch'io ragiono, come a chi la mira; Non avria'l cor; però forse è remota Mi date quel d'ond' io mai non son sazio; Mirate, qual Amor di me fa strazio ? Dico, ch' ad ora ad ora ་ (Vostra mercede ) i' sento in mezzo l'alma Una dolcezza inusitata e nova ; La qual ogni altra salma Di nojosi pensier disgombra allora Sì, che di mille un sol vi si ritrova; Invido, e me superbo l'onor tanto; Che l'estremo del riso assaglia il pianto, E, interrompendo quelli spirti accensi L'amoroso pensiero, Ch' alberga dentro, in voi mi si discopre Escon di me sì fatte allor, ch' i' spero Di là non vanno dalle parti estreme : Nasce di me, da voi vien prima il seme; lo per me son quasi un terreno asciutto Colto da voi, e'l pregio è vostro in tutto. Canzon, tu non m'acqueti, anzi m'infiammi A dir di quel ch' a me stesso m'invola; Gentil mia Donna, i' veggio Nel mover de' vostr' occhi un dolce lume Che mi mostra la via ch'al ciel conduce; E per lungo costume. Dentro là dove sol con Amor seggio, Quasi visibilmente il cor traluce. Quest' è la vista ch' a ben far m'induce, Contar potrà quel che le due divine E quando 'l verno sparge le pruine, Onde'l Motor eterno delle stelle Degnò mostrar del suo lavoro in terra, Son l'altr' opre sì belle, Aprasi la prigion oy' io son chiuso, E che'l cammino a tal vita mi serra, Comp. Lir. I 9 |