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uscissero di questa città, perocchè io direi parole le quali farebbero piangere chiunque le udisse." Onde, passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un Sonetto, nel quale manifestassi ciò ch' io avea detto fra me medesimo: ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato loro; e dissi questo Sonetto, il quale comincia:

Deh! peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa che non v'è presente,
Venite voi di sì lontana gente,
Com' alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone che neente
Par che intendesser la sua gravitate?
Se voi restate per volere udire,

Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lagrimando n' uscirete pui.
Ella ha perduto la sua Beatrice;

E le parole ch' uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

§ XLII.

Pregato poi da gentili donne di alcune delle sue rime, manda loro il Sonetto precedente col Sonetto Venite a intender ec., accompagnandoli tutti e due col nuovo Sonetto.

Poi mandaro due donne gentili a me, pregandomi che io mandassi loro di queste mie parole rimate: ond' io, pensando la loro nobiltà, proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più onorevol

mente adempissi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia: Venite a intender. Il Sonetto il quale io feci allora, comincia:

Oltre la spera che più larga gira,

Påssa il sospiro ch' esce del mio core;
Intelligenza nova, che l'Amore

Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
Quand' egli è giunto là dove 'l disira,
Vede una donna che riceve onore,
E luce sì, che per lo suo splendore
Lo peregrino spirito la mira.
Vedela tal, che quando il mi ridice,

Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare.
So io che'l parla di quella gentile,
Però che spesso ricorda Beatrice,
Sì ch' io lo intendo ben, donne mie care.

§ XLIII.

Finalmente è preso da una mirabile visione, e termina l'opera ; protestando che deliberò di non dir più di Beatrice, sino a che non gli venga fatto di poter dire di lei quello che mai non è stato detto di alcuna.

Appresso a questo Sonetto, apparve a me una mirabile visione, nella quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infino a tanto che io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, si com'ella sa veracemente. Sicchè, se piacere

sarà di Colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, io spero di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui ch'è Sire della cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice che gloriosamente mira nella faccia di Colui Qui est per omnia sæcula benedictus.

FINE.

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