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10-27

IL VERISMO

NELLA POESIA DI GIACOMO LEOPARDI.

I.

Si disputa, da un po'in qua, del verismo con tanto calore, come se si trattasse di materia del tutto nuova. Nuova è bensì la parola, ma la cosa è antica quanto ogni arte bella e le letterature in ispecie; chè da Omero in qua (per non risalire anche più addietro) vi sono stati sempre scrittori, che han tolto i soggetti e le ispirazioni dalla natura, sia esterna o interna, sia fisica o morale, e scrittori pedissequi, accademici, o comunque vogliamo dirli. Ma non per questo il ragionare che oggi si fa del verismo può dirsi inutile; la critica se ne avvantaggia e progredisce, i concetti su l'arte si definiscono meglio e s'illustrano; in fine, ciò che soprattutto rileva, probabilmente ne guadagnerà l'arte stessa. Non so se gli altri, ma io mi sento sempre tirato ad applicare e riscontrar le dottrine, che si vengono ventilando, nelle opere de'grandi scrittori ; e fra i nostri mi ha fermato singolarmente come poeta verista Giacomo Leopardi. Ma in che consiste il suo verismo? Qui sta il punto; perchè, difatti, la questione dipende in gran parte dal diverso modo d'intender la cosa. Vediamo come la intendeva e praticava il poeta recanatese.

II.

E prima di tutto, il verismo nello spirito umano e nelle opere d'arte esclude forse l'idealità? Considerare delle cose complesse un lato soltanto e voler disgiunto ciò che congiunge na

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