Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Con sua maestà io ho avuto molte cose da trattare; primieramente sollecitaî, dimandato di vostra serenità, la pace fra sua maestà e il re Giovanni per far l'espedizione contra il Turco; il che fu da me eseguito secondo gli ordini suoi, ma ben sempre dicendo a sua maestà, che vostra sublimità non ricordava quella pace, perch'ella non desiderasse, che sua maestà non avesse tutta quella felicità, che potesse accadere ad un re pieno di tanta religione e virtù, amico, confederato, ed ottimo vicino; ma acciocchè con la guerra d'esso re Giovanni l'impresa contra il Turco non si facesse più difficile; e così ne segui l'accordo con quelle condizioni, che per mie lettere furono fatte note a vostra serenità. Poi ebbi il negozio del lasciar fortificar Lisonzo a vostra serenità, acciocchè Turchi quindi non passassero in Italia ; in che sua maestà fu durissima, sebbene giudico che non fosse perch' ella non avesse voluto soddisfare a vostra serenità, sua illustrissima confederata, ma perchè in mente le cadde un sospetto, che se Turchi fossero venuti alla volta del Friuli per venire in Italia, e avessero trovato resistenza grande a Lisonzo, si fossero rivolti contra la Carintia, Carniola, Stiria e Austria: onde per salvar le sue provincie patrimoniali non volesse dare a vostra sublimità questa comodità di potersi difender sopra il Lisonzo..

[ocr errors]
[ocr errors]

Ho poi per nome degl'illustrissimi signori capi, richiesto ferri per l'Arsenale, il che ho avuto prontamente; e il simile: per tagliar legnami, pure per l'Arsenale, pagando il suo ordinario. Dappoi venne la materia importantissima della tratta delle biade, nella quale ebbi infinita fatica e fastidi, perchè vedeva sua maestà più stretta, di quello che mi pare va fosse il bisogno di

per

[ocr errors]

vostra serenità; la causa fu perchè la detta maestà aveva allora disegnato andare contro il Turco, come palesemente diceva, onde le conveniva riservar vet tovaglie l'esercito di Cesare; e v'era anco il disegno d'andare a guadagnar l'Ungheria, con quella intelligenza che fu fatta fare, come sopra ho detto, fra Maillat, uno dei vaivoda di Transilvania, e il magnifico Tursone; e questa fu la cagione di tanta sua durezza, della mia fatica, e dell'incomodo di vostra serenità. Pur non ostante tante difficoltà, abbiamo avuto licenza di trarne dall'Austria e dall'Ungheria, e per transito dalla Baviera: dall' Ungheria frumento e segale stara novantasettemila cinquecento; d'Austria e Baviera stara trentacinquemila cinquecento. A questo modo io mandai a messer Bonaccursio Grino una licenza d'ordine di vostra sublimità di più di mutti mille cinquecento, che fanno stara ventunmila cinquecento: al magnifico messer Marin dei Cavalli un altra di multi cinquecento, che fanno stara settemila; e il dottor Bucchia me ne tolse un'altra pur di mutti cinquecento, ovvero stara settemila, che sua maestà mi promise con quelli cinquecento che mandai al Cavalli, e me li venne ad intricar esso Bucchia per causa d'avvisi, ch'esso diede al serenissimo re de' Romani; il perchè ha egli certa provvisione da sua maestà; e quando fu là per licenza, toccò, credo, dalla camera scudi cento in circa. Impetrai poscia, per lettere di vostra serenità, a messer Michelangelo della Riviera di Salò, in due volte, quattrocento botti di biade, ossia stara sessantanovemila cinquecento; d'Ungheria n'ebbi stara ventottomila, delle quali maudai a Beltramo Secchia una licenza di mutti cinquecento, che fanno stara settemila, e alla fedelissima comunità sua di Capo d'Istria, stara duemila,

e ultimamente a vostra serenità stara diciannovemila, che fanno le sopradette stara ventottomila: in tutto stara novantasettemila cinquecento'.

Qui finisce il codice. Non so se qualche cosa manchi, ma parmi una delle solite conclusioni, tralasciata forse per le ragioni stesse da noi altrove allegate in proposito delle medesime.

RELAZIONE

DI

FRANCIA

DELL' AMBASCIATORE

MATTEO DANDOLO

LETTA IN SENATO

IL DÌ 17 DECEMBRE 1547. '

Reale Archivio di Corte di Torino.

AVVERTIMENTO

Questa Relazione non fu conosciuta dal Tommaseo, ossivvero non ne fu da lui trovata copia nelle Biblioteche e Archivi di Francia, come pur gli è avvenuto d'altre Relazioni di quel regno dello stesso scdicesimo secolo, le quali verranno da noi a suo luogo per la prima volta pubblicate.

Ecco, come dal Paruta (Lib. XI), l'occasione dell'ambasciata del Dandolo : « Subito intesa la morte del re Francesco I, « clessero i Veneziani due ambasciatori, m. Vettor Grima ni, e m. « Matteo Dandolo, li quali avessero a trasferirsi quanto prima « nel regno di Francia, per fare col nuovo re. e con li signori « della corte gli ordinarj ufficj di condoglianza, e appresso di « rallegrarsi della successione del regno, affermando che era la repubblica ben disposta, e pronta a continuare la pace con la medesima osservanza presso la persona di Enrico, che avevano « usata verso il padre, e con l'ordinaria e antica affezione portata dai Veneziani alla corona di Francia. >>

[ocr errors]

L'ambasciata del Dandolo fu breve, come portava l'occasione straordinaria per la quale egli fu spedito. Il Grimani non potè seguitarlo fino in corte, perchè infermò gravemente a mezza via; onde la ragione dell'esser posta sotto il solo nome del Dandolo la Relazione d'una ambasciata primitivamente commessa a due.

« ÖncekiDevam »