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La prima mia legazione fu in Baviera del 1539, uella quale come ambasciatore, mercante, fattore, ragionato, e sollecitatore, con infinita mia fatica e stento, mandai trenta mila staja di biade a Venezia, e tre mila ducati di legname, e tutto non costò più di trentasei mila scudi a vostra serenità, e non ebbi più di cento ducati correnti al mese.

Nella seconda, al re dei Romani, mi bisognò prepararmi a andare due volte in campo, del 1542 alla espugnazione di Pest, e del 1543 quando il Signor Turco venue a prendere Alba-Regale e Strigonia; e tutto il rimanente del tempo stretti in continue diete, con estrema mia spesa, avendo mandato lettere a vostra serenità di cambio a Venezia, oltra seicento scudi che portai da casa. Trattai la cosa di Marano e dei confini con quel re; per il che sua maestà mandò suoi commessi qui ad accordare la difficoltà di Belgrado e Castel Nuovo, e s'acquetò del successo di detto Marano; il che son sicuro che fu con somma soddisfazione di vostra serenità, non avendo io però avuto altro segno di rimunerazione, se non che mi mancò una o due ballotte ad ottenere una catena di trecento ducati, che quel re mi aveva donato.

Nella terza di Francia andai prontissimamente al tempo che l'imperatore del 1546, e gl'Inglesi da due canti, assalirono quel regno; di modo che il clarissimo. mio predecessore di sessanta mesimi disse; « Marino << tu sei venuto qui alquanto tardi per me, ma per te « troppo presto: »e stetti per trentaquattro mesi in

Da noi prodotta nel 1.o volume di queste Relazioni.

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* Francesco Giustiniano, del quale pure abbiamo data la Relazione nel succitato volume.

quella legazione non tanto con incomodo e spesa grande della guerra, quanto con una carestia che da trecent'anni in quà non è memoria che ne fosse mai tale. Nel mio ritorno portai mille scudi donatimi dal re; e anche questi non mi furon lasciati, sebbene a tanti miei eguali, superiori e inferiori di fatiche, si lasciaron sempre. Non restai per questo d'andare a quest'ultima prontissimamente; dove se bene non ho avuto guerra alcuna, sono però stato dieci mesi in Bruselles con quattro corti, dove s'è così bene assediato quel paese di vettovaglie, che quasi sempre ho pagato il vino sessanta ducati il carro; e quasi tutto il resto a proporzione di questo prezzo. Non per questo ho io voluto mancare di tenere sempre un'onorata tavola, ove dieci o dodici persone mangiavan sempre, e talvolta tante, che il segretario e mio figliuolo con qualche altro più domestico non avevano luogo di starvi. E non credano le vostre eccellentissime signorie, che questo numero sia poco: perchè le maggiori tavole della corte di Francia, e dell'imperatore, per le quali si danno tremila cinquecento in quattromila ducati l'anno, sono non più di diciotto o venti persone.

La stalla mi è costata sempre due scudi al dì, e diciotto scudi al mese il fitto di casa, e venticinque li salarj; di sorte che, oltra il vestire, ho speso tanto che con poco appresso potrei maritare una mia figliuola, che mi resta da maritare; e qui sono più di due veri e legali testimonj che l'hanno provato.

In tutte queste mie peregrinazioni bo cavalcato più di diciotto mila miglia, ho scritto più di dugento lettere a vostra serenità, fatto più di dugento memoriali e scritture in materie occorrenti; di modo che come corriero, scrivano, e avvocato, crederei poter avere acquistata la

grazia di vostra serenità; onde la supplico che voglia farmi grazia di concedermi in dono quella catena che l'imperatore mi ha dato; essendo solita a far simili grazie a tanti altri suoi ministri e servitori che, come me, vanno per il mondo. Di che tanto più affettuosamente la supplico, quanto che la gelosia dell'onor mio mi stringe a farlo, a fine che per le corti dove sono stato, e per altri luoghi ov'io son conosciuto, s'intenda che la servitù mia sia alquanto grata alla serenità vostra, e che ella vuole avermi eternamente legato con una indissolubil catena ad esempio laudatissimo di tutti gli altri re.

RELAZIONE

D' INGHILTERRA

DEL CLARISSIMO

DANIEL BARBARO

TORNATO AMBASCIATORE

DA QUELLA CORTE

L'ANNO 1551. ↑

■ Dai MSS. del marchese Gino Capponi, Cod. n.o III, car. 1-62,

Vol. IV,

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