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Incominciando adunque dall'animo di sua maestà cristianissima verso di sua santità ', dico ch'ella l'onora come capo e padre della religione cristiana; ma come uomo, tien poco conto di lui, per l'incostanza. Nè per altro s'intertiene con lui, salvo che per schivar che in qualche parte gli nocesse.

Verso di Cesare dimostra chiaramente il suo odio; nè si può desiderar tanto grave male a nemico alcuno quanto ella gli desidera. La qual infermità è così naturale, che nessuna medicina la sanerà salvo la morte o la rovina del suo nemico.

Ma quanto l'odio di questo re verso Cesare è maggiore, tanto più è da maravigliarsi poi ch'egli dimostri buon volere verso il re de' Romani; il quale sebbene è fratello del suo nemico, nondimeno, per le rare virtù e per la buona sua natura, sempre di lui onorevolmente parla.

Il re di Portogallo è stimato poco, anzi nulla, da sua maestà cristianissima. E molte fiate che da' suoi ambasciatori si richiama alla corte per danni datigli da' Francesi, più tosto di parole che di pagamento lo sodisfà.

Del principe de' Turchi fa grande stima, per la comodità ed utile del servirsi, come ho detto, dell'armata e della possa e grandezza sua.

Ma poichè io veggo che ciascheduno desidera saper l'animo suo, cioè di sua maestà cristianissima, verso questo illustrissimo senato, liberamente dirollo. Ella, per ciò che si puote comprendere, non gli desidera male, ma nè anco gli desidera bene. Onde ci possiamo render

'Giulio III.

certissimi che li principi non amano nè odiano se non sono mossi da beneficio o danno loro particolare. Il che si deve credere altresì del re. E però questo illustrissimo senato, conservando questa buona opinione di neutralità con ciascheduu principe, non farà alcuno invido contentandosi del suo, nè odioso dimostrando parzialità; ma conserverà questo stato sicuro.

I consiglieri del re hanno fatto ufficj con sua maestà a fine che persuadesse questa repubblica ad entrar in lega con esso lui; e sua maestà con grande istanza, ed offerendo gran partiti, me n'ha parlato, come di tempo in tempo per mie lettere amplissime la serenità vostra e le eccellentissime signorie vostre hanno inteso.

Ma egli ha opinione che questa repubblica non ha voluto entrar in lega con lui, affinchè, se morisse l'imperatore, restando il re di Spagna inferior di forze, la serenità vostra si voglia accostare ad esso per tener le cose in eguale stato.

Queste sono le cose, serenissimo principe, eccellen tissimi signori, le quali, ritornando da questa mia ambasceria di Francia, mi sovvengono dello stato, della vita e del governo del re, e dell' animo ch'egli ha verso vostra serenità, e verso gli altri principi. Restami dir solamente dell' onorato ufficio del segretario Franceschi, il quale, non ostante che altre volte l'aere di Francia gli nocesse, e per tal cagione avesse grandissimo male, nulladimeno a mia richiesta venne volentieri, offerendo la vita ed ogn' altro suo bene per servir la sua patria, poichè si giudicava degno di poterla servire e giovarle. Ne ha risparmiato sè stesso in ogni occasione, in far tanto, che giammai dir si potria, massime nei disagi,

nei pericoli di peste, e negl' infiniti incommodi che due fiate in campo abbiamo sofferto non senza grave affanno; e sempre ha dimostrato la qualità della natura, e la bontà dei costumi, e il valor delle sue lettere. Ma dubitando di sminuire le lodi ch' egli merita, più tosto che di accrescerle, io tacerò.

Di me medesimo, serenissimo principe, illustrissimo senato, dirò poche parole per non parer ingrato in tutto degli onori ricevuti, li quali tutti riconosco dalla serenità vostra, che la sua mercè mi fece degno di questo onorato grado d'ambasciatore, il quale reputo uno de' maggiori che si possa dare ad un suo cittadino, perchè rappresentando nella persona sua la serenità vostra, e tutta la repubblica insieme, s'impongono alla fede di lui le cose più importanti e gravi, che possano nella repubblica avvenire, e se gli dà carico d'intertenere ed accrescere l'amicizia de' principi; nelle quali cose se ho soddisfatto alle signorie vostre eccellentissime appresso il re cristianissimo, ringrazio infinitamente la maestà di Dio che abbia adempito tutti i miei voti, non avendo mai altra cosa tanto desiderata quanto il compiacerle in ciò; ma se avessi ingannata la loro buona opinione per qualche mio mancamento, ne ho infinito dolore; non dimeno resto consolato dalla mia propria conscienza di avere amorevolmente sempre fatto tutto ciò che ho saputo a beneficio della patria '.

Segue domandando, al solito, che gli sia conceduta la catena donatagli dal re.

RELAZIONE

D'INGHILTERRA

DEL CLARISSIMO

GIOVANNI MICHELI

DETTA IN PREGADI

IL DI 13 MAGGIO 1557.1

MSS. del March. Gino Capponi, Cod. n.° III. cart. 63-169.

Vol. IV.

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AVVERTIMENTO

Giovanni Micheli fu spedito nel 1553 ambasciatore straordinario in Inghilterra alla regina Maria, succeduta nel trono al morto suo fratello Edoardo VI. La Relazione che rechiamo di questa sua lunga ambasceria, fu conosciuta da Giulio Rovilio Rosso, il quale se ne valse moltissimo, com'egli stesso dichiara, pel suo libro pubblicato nel 1560 in Ferrara, sotto il titolo: I successi d'Inghilterra dopo la morte d'Odoardo VI fino alla giunta in quel regno del serenissimo don Filippo d'Austria principe di Spagna. E veramente è questa una delle più copiose Relazioni venete che io conosca. Fu già stampata nel Tesoro Politico; ma questa pure con tutti gli errori e mutilazioni che deturpano gli altri documenti di quella raccolta.

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