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E la notte dei passi con che sale

Fatti avea duo nel loco ov'eravamo,

E il terzo già chinava in giuso l'ale.

PURG. 9.

Dichiarazione. I passi della notte, come le ancelle del giorno, sono le dodici ore notturne e diurne (vedi Purgatorio c. 22, v. 117 e segg.); e le sei prime per ascendere dall'oriente al meridiano, e le altre sei per discendere all'occidente. Se dunque dei passi con cui sale erano già fatti li due, ed il terzo di questi medesimi passi con cui sale non era compiuto, ma chinava in giù le ale per compiersi, erano già scorse per intero le due prime ore della notte, e la terza era già trascorsa metà. Però si conduca sul meridiano del Purgatorio, (ove posava Dante e Virgilio nell'istante descritto) la mezz'ora dopo le due notturne (rispondente quasi all'ottavo grado del Leone), e quindi si guardi al meridiano di Roma, ove si troverà aurora ben avanzata, e vôlto l'occhio al suo oriente, si troverà quasi tutto fuori dell'orizzonte il segno dei pesci, ove si presentava l'aurora.

Questa appunto è la fase del giorno immaginata nel primo terzetto e nel seguente: i quali non dicono che l'aurora fosse rubiconda, come al suo cominciare suole essere; ma che già s'imbiancava (quasi invecchiata) come suole mostrarsi alcuni istanti prima che nasca il sole. Poichè per Dante sono tre gli aspetti dell'aurora, prima rubicondo, poi vermiglio mutante in bianco, ed in fine arancio; come lo dice al secondo del Purgatorio:

Si che le bianche e le vermiglie guance,
La dove io era, della bella aurora
Per troppa etate divenivan rance:

nel che seguiva per maestro Ovidio il quale avea detto:

“Ora rubor, rursusque evenit, ut solet aer
Purpureus fieri, cum primo aurora movetur,
Breve post tempus candescere solis ab ortu. „

Ed altrove avea cantato della stessa aurora chiamandola ru bens, al sorgere dal rosso letto di Titone antico; e quindi rosea, quando già erasi accompagnata a Cefalo suo dolce amico; dalle cui braccia uscirà più tardi imbianchita il crine per troppa etade.

"En aurora rubens venit ab seniore marito....

Nec Cephalus roseae praeda pudenda deae.

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Tale a mio parere è la vera sentenza del passo citato, ove il poeta seguendo il suo costume descrive l'ora per due emisferi diversi. E, come avviene delle spiegazioni più naturali, appiana ogni difficoltà, e nobilita il concetto dell'autore senza farlo contraddire a sè stesso, o contorcere i suoi concetti: e senza porre i lettori nel doppio imbarazzo: 1o di supporre che qui si parli, senza darne avviso, dell'aurora lunare, di cui mai si fece uso nella Commedia, e quindi si descriva doppiamente, ed in vano l'ora stessa per lo stesso luogo. 2o D'indovinare perchè Dante chiamasse freddo quello scorpione che il suo maestro Virgilio avea detto ardens.

Nel nostro parere abbiamo a conforto oltre il padre Cesari anche il d'Aquino, che in questi esametri volse le terzine citate della Commedia:

"Nuncia iam solis coniux Titonia, segnem
Indignata thorum, primo radiabat Eoo,

Candidior properante die; frontemque nivalem
Signabat rutilo stellarum emblemate fulgens
Scorpius, intortae metuendus cuspide caudae „.

Veramente l'egregio interprete inavvedutamente pone in bocca all'autore una menda che non ammette scusa. Ma il nostro orologio corregge l'errore del traduttore, facendo sorgere l'aurora non già nel segno di Scorpione, il quale per Roma a quell'ora discendeva sull'occidente, ma bensi nei Pesci, come diffatto suole avvenire negli equinozii di primavera, e Dante già lo avea avvertito nell' undecimo

dell' Inferno (e noi lo abbiamo considerato ai numeri II e IV.

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Dichiarazione. Le ancelle del di sono le dodici ore diurne, in che anticamente era diviso il giorno: queste cominciano al primo apparire del sole sull'orizzonte orientale, terminano quando scompare sotto all'occidentale.

e

Ora, se al Purgatorio l'ancella sesta tornava del servigio del dì, già vi erano scorse le prime sei ore diurne, e vi era cominciata la settima. Conducasi adunque il punto in che termina sesta sotto il meridiano del Purgatorio, e vi risponderà il mezzodì preciso: questa è la fase indicata.

X.

Vespero là, e qui mezza notte era.

PURG. c. 15 v. 6.

Dichiarazione. Il verso che ora prendiamo a considerare scusa meravigliosamente a mostrare la precisione del nostro orologio. Nel numero VI, non essendo la fase del giorno pienamente determinata non ci fu possibile a mostrare la vera longitudine del meridiano di Roma da quello di Gerusalemme: ma qui si mostra a pelo.

Se era mezza notte a Roma dove il poeta scriveva, non v'ha dubbio che il primo di Libra, in cui ella si compie all'equinozio, ovvero dove ella siede quasi regina (vedi numero VII) stava sul meridiano di questa città. Si conduca tale grado del nostro quadrante al meridiano di Roma, e l'occhio troverà che a Roma corrispondeva mezza notte, mentre al Purgatorio cominciava il vespero; ossia vi mancavano

tre ore al tramonto del sole. E poichè tramontando al Purgatorio nasceva a Gerusalemme, è certo che per questa mancavano tre ore al nascere del sole: e che però quando era mezza notte a Roma, a Gerusalemme erano già tre ore dopo la stessa. Dunque per Dante Gerusalemme trovasi per ben tre ore (gradi quarantacinque di cerchio) all'oriente di Roma.

XI.

Ora era onde il salir non volea storpio,
Che il sole avea lo cerchio di merigge

Lasciato al Tauro, e la notte allo Scorpio
PURG. c. 25 v. 1.

Dichiarazione. Vedasi quanto del sole e della notte è detto al numero VII, quindi si dica: il sole che sta nel primo di Ariete ha lasciato il meridiano al Tauro, dunque era già trapassato all'occidente tutto l'Ariete: e la notte che sta nel primo di Libra aveva lasciato allo Scorpione il meridiano notturno opposto al mezzodi; ossia il meridiano dell'emisfero opposto a quello del Purgatorio: dunque tutta la Libra era scorsa sul meridiano verso quell'occidente, e già vi era montato il primo di Scorpione.

Pertanto si conduca sul meridiano del Purgatorio (di cui qui si tratta) il primo grado del Toro; e sarà manifesto che ivi corrisponde la seconda ora di nona, o le due dopo il mezzodi: ed al meridiano di Gerusalemme rispondono le due dopo mezza notte.

XII.

Siccome quando i primi raggi vibra

Là dove 'l suo Fattore il sangue sparse,
Cadendo Ibero sotto l'alta Libra,

E l'onde in Gange da nona riarse,

Si stava il sole; onde il giorno sen giva,
Quando l'Angel di Dio lieto ci apparse.

PURG. 27.

Dichiarazione.

Se il fiume Ibero scendeva in mare sotto l'alta Libra, questo segno doveva essere sul suo meridiano. Si conduca adunque il primo di Libra sull'orizzonte occidentale di Gerusalemme là ove appunto è segnato Ibero, ed il problema è sciolto. Poichè si vedrà mezza notte all'Ibero col segno di Libra: leva il sole a Gerusalemme: ed a Gange corrisponderà il fine di sesta e il principio di nona, ossia il mezzodì che riarde le onde: e finalmente al Purgatorio tramonta il sole.

XIII.

Fatto avea di là mane, e di qua sera
Tal foce quasi, e tutto era là bianco
Quell'emisperio, e l'altra parte nera.

PARAD. c. 1 v. 43.

E

Dichiarazione. Prima di tutto è bene determinare con precisione il concetto dell'autore. Beatrice si volse a riguardare nel sole, come si dice nella terzina seguente, dunque se il sole era sorto sull'orizzonte del Purgatorio, ivi già era cominciata l'ora di terza, e con essa erasi fatto mane. se al Purgatorio già era nato il sole, per Gerusalemme era tramontato, e già cominciata compieta, o prima vigilia della notte, e con essa ebbe cominciamento la sera. Così mostrandosi precisi i termini che danno principio al mane ed alla sera, e visto come questa e quello erano già cominciati senz'altro quasi, siamo costretti a credere errata la punteggiatura di tutte le stampe, che appongono virgola, o punto e virgola, dopo il quasi, facendo che in contraddizione a sè medesimo il poeta dica che al Purgatorio era quasi mane, quando già vi era sorto il sole; e che a Gerusalemme fosse quasi sera, quando già aveva avuto cominciamento la notte. Ma la contraddizione si fa più forte nel processo del periodo, il quale dice che tutto era là bianco quell'emisperio (del Purgatorio) e l'altra parte tutta nera (l'emisfero di Gerusalemme). In verità se da poco era nato il sole al Purgatorio, da poco era passato mezzodì a Gade, e mezza notte al Gange:

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