Sayfadaki görseller
PDF
ePub

La perdita più grave fu quella dell'illustre filologo tedesco Federico Ritschl, di cui le recenti polemiche sostenute col nostro latinista Tommaso Vallauri, sopra il nome di Plauto, hanno reso anche più popolare il nome in Italia. Il Ritschl era nato nel 1806 a Grossvargula nella Turingia; studiò i classici a Lipsia sotto Hermann, ad Halle sotto Reisig. Nel 1833 egli succedeva al Passow come professore straordinario nell'Università di Breslau; l'anno seguente veniva eletto professore ordinario. Negli anni 1836-37 il Ritschl viaggiava in Italia, per far ricerche nelle nostre Biblioteche. Nel 1839 fu chiamato come professore di letteratura classica e di eloquenza a Bonn; nel 1854 vi ottenne pure la direzione della Biblioteca. Nel 1865 accettava la cattedra dell' Università di Lipsia, ch'egli conservò fino alla sua morte. La sua gloria filologica è specialmente fondata sopra i lavori Plautini e sopra la metrica di Plauto. Così egli ha il merito d'essere stato primo a pubblicare ed illustrare metodicamente le iscrizioni latine, come materiale per la storia della lingua. Le sue dissertazioni fiologiche sono numerosissime.

L'Athenaeum ci reca finalmente l'annunzio doloroso della morte di un suo distinto collaboratore, il dantista inglese Enrico Clark Barlow. Egli era nato nel 1806. Dal 1850 fino alla sua morte, egli s'occupava quasi esclusivamente della Divina Commedia, per la quale professava un vero e proprio culto. I Fiorentini ed i Ravennati non hanno di certo dimenticato la parte vivacissima che prese l'appassionato Dantista inglese alle feste centenarie in onore di Dante, che si celebrarono nell'anno 1865 in Firenze ed in Ravenna. Lo stesso Athenaeum ci annuncia la morte di una distinta cultrice di Dante, che portava un nome caro all'Italia, miss Maria Rossetti, la figlia di Gabriele, nata a Londra nell'anno 1827, autrice di un bel volume di versi, intitolato: A shadow of Dante. Dante Gabriele Rossetti, critico. e poeta, suo fratello, e Cristina Rossetti, Autrice di lodate poesie e novelle, sua sorella, superstiti, continuano in Londra il glorioso esempio di una famiglia, ove il culto di Dante è divenuto tradizionale, mescolandosi col culto della Bibbia.

ANGELO DE GUBERNATIS.

RASSEGNA DRAMMATICA.

MESSALINA, commedia in cinque atti, in versi, con prologo, di PIETRO COSSA.

[ocr errors]

Leggemmo la Messalina del signor Cossa, parecchi mesi or sono, avanti di conoscere alcune tra le critiche che in lode o in biasimo ne fossero state fatte; ed alla bella prima produsse su noi l'impressione d'un lavoro d'arte originale e drammaticamente efficace. Il medesimo sentimento provammo nell'udirla sulla scena; e non ostante i difetti che in essa ravvisiamo (diversi in parte da quelli che altri vi ha scorti), tuttavia ci appare opera d'un ingegno gagliardo che esca dal cerchio della comune mediocrità.

Incominciamo dal dare un cenno analitico dell' argomento e del modo con cui è svolto. Il Prologo, rapida e storica rappresentazione della morte di Caligola e dell'insediamento di Claudio, mentre bene introduce lo spettatore nella sanguinosa reggia dei Cesari, e gli mette innanzi alcuni tra i principali attori del dramma, serve pure a mostrare, colla vita della scena, quali fossero le condizioni di quei tristissimi tempi. Nell' andito sotterraneo conducente al vicino teatro, Cherea Cassio, Sabino e i loro compagni uccidono il matto Imperatore, che a ragione fu detto obbrobrio e rovina del genere umano. Si odono le parole: Ripetete i colpi ! segnale (secondo Svetonio) convenuto tra i congiurati; e sulla scena intanto Valerio Asiatico, cata l'anima di Bruto, a cui dice esser vendicata l'onta di Filippi, saluta rediviva l'antica Repubblica. Anzi emancipa, perchè siagli di lieto auspicio, il suo schiavo Bito, valoroso gladiatore. Nè pensa egli che la libertà aristocratica è morta per sempre, non ostante i voti ed i sogni di pochi cittadini, i quali hanno potuto uccidere un Imperato re, ma non l'Impero. Ecco infatti si odono strani clamori e accorrono i Germani della legione celtica con molti dei Pretoriani che portano il ca

invo

davere di Caligola; e agitando le daghe e le fiaccole, gridano vendetta contro gli assassini, i quali escono per non affrontar nel palazzo quella turba di forsennati. Viene poi un soldato che trascina seco a forza il povero Claudio, ritrovato da lui dietro la storica tenda, dove erasi appiattato. E stanno per scannarlo sul corpo di Caligola, quando riconosciuto in lui il pronipote di Augusto e il nipote di Tiberio, con subito mutamento lo acclamano Cesare; invano il dabbenuomo ricusa di sobbarcarsi, in età di cinquant'anni, al grave peso dell'Impero:

Omai son giunto

A mezzo del cammino della vita,

Ed i rari capelli sono bianchi:

Che più vado cercando? I miei sereni
Studii, la vaga moglie, i gladiatori,

E un cuoco che m'appresti dotta cena:
Ecco i miei desiderii.

Germani e Romani deridono le sue paure, lo accerchiano, gli dettano i patti del donativo, e riluttante lo portano in trionfo sui loro scudi alla volta del Castro pretorio. Così effettivamente andarono le cose, quando la soldatesca si arrogò per la prima volta il diritto di far mercato del trono imperiale, il 24 gennaio del 41 (E. V.).

Al cominciare del primo atto, sono trascorsi sette anni da quel giorno. Le Calende di febbraio, paragonate già dall' Asiatico agl' idi di marzo, hanno dato i medesimi frutti; e la uccisione di Caligola, al pari di quella di Giulio Cesare, è stata compiuta soltanto a pro del fortunato successore. Claudio governa in pace il mondo romano, o per dir meglio governano in nome di lui i liberti e la moglie che hanno introdotto nella reggia del Palatino i turpi costumi delle monarchie asiatiche. Fin dalle prime scene si manifestano le male arti con cui quelli e questa s'insidiano a vicenda, mentre ad un tempo tiranneggiano le vite e le sostanze dei cittadini. Pallante, antico schiavo di Antonia, e ora tesoriere di Claudio, favorisce segretamente le ambiziose speranze di Agrippina, la quale, nipote all' Imperatore, perchè figlia di Germanico, e da lui richiamata in Corte, mira ad assicurare la corona al suo Domizio (che sarà poi detto Nerone). Ma su loro vigila la superba Messalina, viepiù inferocita pel recente smacco toccato al figlio Britannico, dacchè nei giuochi Troiani, celebrati allora in occasione del Centenario di Roma, al solo Domizio, e non a lui, si sono rivolti i lunghi applausi del popolo, memore tuttavia delle virtù di Germanico. Costei, cacciato via con disprezzo il liberto (che pur vantavasi discendente dai re d'Arcadia) getta in faccia ad Agrippina rimproveri e mi

VOL. III, Serie II. Dicembre 1876.

57

[ocr errors]

nacce terribili. Se non che il suo animo è allora invasato da altra prepotente passione che le toglie il sonno e la pace; ama con furioso ardore (come comporta la sua natura violentissima) il giovane Silio, leggiadro cavaliere romano, e morsa da atroce gelosia sembra prossima a mutare il suo affetto in odio che non perdona:

Se non m'amasse più, s'altre dolcezze,
Altri baci, altre donne vagheggiasse!...

No ciò non è — non voglio che ciò sia:
Vivresti forse? Di tue care forme

Innamorata, t'ho creduto un Dio,

Ma sempre un Dio che ad un mio cenno è polve.

Nè il suo sospetto è al tutto vano: poichè Silio medesimo con involute parole glielo conferma, manifestandole le sue continue e intollerabili paure. Tutti i cortigiani fanno a gara ad onorarlo; ma tali dimostrazioni non lo ingannano:

[blocks in formation]
[ocr errors]

Ei dormirà.

Silio. Messalina.

Fidarsi troppo è male.
Il tremar sempre è peggio. Ogni codardo
Infingimento io sdegno, e sia qualunque
L'opera mia la vegga il mondo....

Preghiere, supplicazioni, minacce non valgono a rimuovere Silio dal fatto proponimento di sottrarsi all'altezza vertiginosa, ove lo ha collocato l'amore di Messalina; ma poi nell'atto di lasciar colei in preda all'ira, egli esclama seco stesso: Ed or tengo l'impero!... dando così a conoscere la segreta ragione della sua tortuosa condotta. Finalmente comparisce Claudio, accompagnato da Pallante, al quale tien dietro Narciso: e Messalina, per meglio celare il proprio turbamento, accoglie il marito con male parole, accennando all' insulto patito da Britannico e alle insidie dei Liberti e di Agrippina; esce quindi per correre sulle tracce di Silio, mentre il buon Imperatore attende alle cure dello Stato a quel modo che di lui narrano Tacito e Svetonio.

Un lupanare della Suburra è la scena del secondo atto; colà si ritrovano Silio e Pallante (che si finge un umile lettore); colà il gladiatore

Bito s'incontra con una povera fanciulla, la quale, sfuggita agl' inverecondi tripudii delle sue compagne, gli svela il suo disegno di andar là dove la chiama un intimo desiderio. Essa narra che nella festa dei Saturnali uscita soletta fuor della Porta Capena, in sul far della sera, udì l'eco di un canto lontano che pareva venir di sotterra: scesa nel luogo misterioso, vi trovò gente inginocchiata dinanzi ad una croce, e vi sentì parole che annunziavano la nuova legge di carità ed inni che istillavano la speranza di una patria immortale oltre il sepolcro.... Quivi si reca ora di soppiatto, sorretta dalla nuova sua fede. Ma Bito, rimasto solo a meditare sui corsi e ricorsi delle religioni e sulla corruzione della vecchia Roma, vede tosto entrare guardinga e paurosa una donna che cerca nascondere la faccia col manto, come ha già coperti, e non bene, i neri capelli sotto una parrucca bionda da prostituta. Alla voce il gladiatore riconosce l'Imperatrice, la quale invano tenta sfuggire alla mano che l'afferra ed ai ricordi che la funestano. Ma l'altro le richiama spietatamente alla memoria una scena del Circo, allorchè egli, rimasto vincitore dopo avere stramazzato l'ultimo avversario, volse lo sguardo al podio imperiale: Claudio dormiva!

[blocks in formation]
« ÖncekiDevam »