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nacciose. Ma la triste necessità che la spingeva per un' altra via, era pure per essa tanto chiara e tanto logica!

Era giunta al punto, nel quale il legame che la teneva unita a Flavio, cessando di essere veramente quello che dovrebbe, cangia indole e natura e diventa come una religione, della quale sia spenta la fede in chi deve professarla. Diviene un culto che vive non più di opere buone, ma di pratiche bugiarde, e serve di manto al peggiore degli ateismi, quello che ha vergogna di sè e chiede alla stessa religione che sprezza e deride, l'impunità delle sue miscredenze.

E cosi, mentre alle volte il matrimonio giunge a conseguire l'effettuazione di uno stato quasi ideale, se non vi riesce, cade per la sua indissolubilità tanto in basso che può accogliere e nascondere in sè le cose peggiori, delle quali è capace la natura nostra. Ma vi è una pietà generosa che protegge da secoli la piccola minoranza dei felici contro la maggioranza grandissima degli altri che nel matrimonio hanno trovato irrimediabili afflizioni, e sono gli stessi afflitti che difendono coloro che non lo sono, perchè nella coscienza umana v' ha la necessità di sapere che esiste uno stato privilegiato, per il quale la felicità è possibile e non solamente si afferma, ma è sanzionata, anzi imposta dalla legge.

Marcella pensava confusamente queste cose e pensava a Flavio, a questo Flavio d'oggi tanto differente da quello di una volta e col quale pure ella doveva ormai convivere per sempre. Sempre!

Non aveva mai pensato a quel sempre prima di sentire in sè, come sentiva adesso, che tutto era finito, che non poteva ridiventare mai più la moglie di Flavio qual' era stata una volta; e pensandovi le si affacciava con terrore irrimediabile l'indissolubilità di quel legame. Alla sua pura coscienza appariva come una colpa verso l'uomo stesso che ella aveva tanto amato, la convivenza con quest' altro che la vita e la gente avevano trasformato per modo, che pareva non avesse più di Flavio sennonchè una triste rassomiglianza fisica.

Ma come fare? Si sentiva stretta in una cerchia di ferro, e l'avvenire non le si presentava altrimenti che come una dura necessità del dover consumare quella triste vita che le rimaneva entro ad una cosa morta.

Marcella non aveva amiche intime, alle quali avesse potuto confidarsi. Le donne che vivono assorte nell' affetto di un uomo e nei doveri della famiglia, di rado ne hanno. Il più delle volte le

amiche sono complici o confessori laici e femminili per tutte quelle cose che, se non si dovrebbero fare, si dovrebbero ancor meno raccontare ad altri, quando si son fatte. Ma il male ha due forme di vita distinte, una negli atti, l'altra nella parola, e quest'ultima è talvolta la forma che alletta e piace di più.

Le mancava dunque il conforto di confidare ad altri la storia delle sue afflizioni. Ma al suo dolore al suo sdegno che cosa avrebbe potuto rispondere un' amica?

Certe nature semplici e vigorose, allorchè per la prima volta si trovano di fronte ad un problema che è stato argomento di studio e discussione per secoli, senza che per questo s'abbia potuto trovare il modo di risolverlo, portano sempre con sè l'intuizione vera di quello che in tal caso si dovrebbe fare, e un senso morale delicato e acuto che insegna loro quasi istintivamente la via migliore. Non la seguono per vaghezza di riformare, non per spacciare una nuova teoria mettendola in pratica con eccentricità, ma lo fanno per operare lealmente, senza badare se il loro esempio è imitato da altri.

Marcella non aveva mai pensato alla consuetudine e alle sue leggi. Essa aveva amato con tutte le forze dell'animo suo e aveva trovato una forma perfetta, nella quale il suo amore avea vissu. to; se quella perfezione fosse il matrimonio o fosse il suo amore stesso, ella non sapeva; l'uno e l'altro si erano intrecciati insieme intimamente; la sanzione legale aveva prestato indefessamente l'opera sua, affinchè il suo affetto fosse in ogni modo affermato e rispettato; aveva ribadito con legami stretti e venerabili tutto quello che esso creava o desiderava, e le era sempre parso di trarre solamente da se stessa le fila che tessevano intorno a Flavio e a lei nodi indissolubili; ma a un tratto, dopo un'agonia piena di angosce e di illusioni, quell' amore moriva, lasciando pur sempre intatto il legame che essa credeva tessuto soltanto col proprio affetto. Non aveva mai saputo che quel legame viveva di una vita sua propria, tenace, inesorabile sino alla tomba; che era cosa indifferente al suo amore, al suo sentimento, e che a caso si era prestato a servire la sua felicità, come ora serviva ad un fine precisamente contrario. E questo legame ormai non le imponeva più soltanto dei doveri, ma anche delle bugie. Un silenzio che era una menzogna! Mentire a Flavio!

Chi ha amato cosi poco da non sapere che cosa vuol dire una menzogna a chi ebbe un giorno la confidenza di tutti i nostri segreti? Chi ha tanta triste facoltà di oblio da negare senza angoscia

al culto degli affetti spenti un ultimo tributo, quello di dire il vero?

Pareva che tal pensiero scacciasse perfino lo sdegno dall' animo di Marcella e l'impietosisse per colui che non l'amava più. Quanto doveva egli essere ormai povero d' affetti, se anche Marcella giungeva al punto di non essergli più sincera!

Ma era proprio sicura che il suo amore fosse finito, finito per sempre? Finisce forse l'amore quando è vero? e il credere che sia finito basta per accertare che più non vi sia? Forse ne rinasce una parte inscientemente nell' animo nostro sotto altra forma, quella del dolore o di una partecipazione pietosa è nuova ai dolori altrui.

Marcella assorta in questa tormentosa meditazione non si scosse che quando la donna di servizio, dopo avere aspettato un gran pezzo e aver picchiato parecchie volte all' uscio, entrò in camera, dicendole che il pranzo era pronto e diventava freddo.

Marcella si alzò, la segui e andò a sedere a tavola di faccia al posto vuoto del marito.

E quel posto era vuoto davvero. Perchè i morti non lasciano dietro a sè il vuoto desolato che fanno i vivi quando mutano e si trasformano; e non v' ha assenza o separazione di persone care più dolorosa di quella che si piange nella presenza stessa di chi non è più con noi.

Sul finire del pranzo Edgardo venne a visitarla.

Egli entrò nel salotto coll'aspetto turbato come fosse sotto l'influenza di una forte commozione, e venisse per darle qualche triste o dolorosa notizia. Teneva fra le mani una lettera aperta, ma appena il suo sguardo si fissò nel volto di Marcella, si arrestò incerto, quasi confuso, e ripose in tasca la lettera.

Il viso pallido e abbattuto di Marcella rivelava un dolore così vivo e intenso, che Edgardo non ardi in quel momento di comunicarle ciò che era venuto a dirle.

Marcella non s'avvide di nulla, non pensò che a quell' ora Edgardo non soleva mai visitarla e che il suo contegno era differente assai dal solito.

Siedi, disse gentilmente; ma quando Edgardo stese la mano per prendere la seggiola di Flavio, aggiunse vivamente:No, non li, e gl' indicò un altro posto.

-Lo aspetti? domandò Edgardo.

No,

rispose con tuono imperioso, quasi volesse imporgli di non più interrogarla intorno a certi argomenti.

Edgardo tacque e la guardò. Essa non interruppe per un pezzo quel silenzio.

Non mangiava, non si muoveva, e dopo qualche minuto che egli le si era seduto accanto pareva avesse già dimenticato affatto la sua presenza. Egli non ardi interrogarla, ma l'osservava pensoso e perplesso.

Finito il pranzo ed uscita la donna di servizio, Marcella si alzò e si mise a camminare su e giù per la stanza.

- Edgardo,

domandò a un tratto, fermandosi dinanzi a

lui, la verità bisogna sempre dirla?

Questi la fissò meravigliato.

Marcella lo chiede?

rispose con un mesto sorriso.

- Si, lo chiedo a te, perchè ho fede nelle tue parole. Si deve dire in ogni caso? - ripete.

- Sempre!

replicò con fermezza Edgardo.

Sempre? anche quando offende la legge, le consuetudini, i legami di famiglia ?... domandò ancora Marcella.

Sempre! disse di nuovo Edgardo.

Essa chinò un poco il capo, e si rimise a camminare come prima.

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Grazie, disse dopo un momento, fermandosi e metten. dosi a sedere accanto a lui. Hai ragione, non si può fare altrimenti. Tacque, prese un fiore, lo sfogliò. Edgardo, ricominciò a dire con un tuono di voce mutato affatto, mesto e dolcissimo, ti vorrei pregare di un piacere.

- Chiedi,

-

disse egli premurosamente.

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- Vorrei.... replicò, e lo guardò incerta e confusa, come stesse per chiedere troppo vorrei che tu andassi a riprendere prima del tempo fissato il tuo bambino, e che tu mi concedessi qualche volta di tenerlo presso di me.

Negli occhi di Edgardo brillò un lampo di gioia e di gratitudine, ma quell'espressione di contento fu pur fugace come il lampo, e con tuono mesto e avvilito disse subito:

Gigino è malato,

aveva riposto poco prima.

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Malato? esclamò Marcella.

Me lo scrive mio zio; ebbi la lettera ora, e la porse a lei. Marcella la prese e la lesse. La prima volta non le riusci di intenderla; le pareva di svegliarsi da un lungo sonno e di non poter riprendere che a stento coscienza delle cose che non facevano parte del suo dolore e dei suoi angosciosi pensieri.

Dopo aver letto la seconda volta capi. Il bambino che era di costituzione delicata deperiva rapidamente; egli aveva un male che i medici non riuscivano a scoprire, e lo zio finiva la lettera pregando Edgardo di tornare.

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nassero.

Quando parti? - disse Marcella, ripiegando la lettera.
Stasera, rispose.

Stasera?

esclamò, e le parve che tutti l'abbando

Edgardo indovinò il pensiero di Marcella.

Lo debbo,

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disse piano, quasi cercasse di scusarsi. - Lo so, rispose prontamente Marcella, vergognandosi dell'egoismo dei suoi sentimenti, e fai bene a non indugiare. - Se lo salvo te lo riporto, - replicò Edgardo con tuono sicuro ed affettuoso.

Torna presto, disse Marcella, cercando di padroneggiare la sua commozione, - più presto che puoi.

Edgardo le stese la mano senza rispondere.

Che cosa ti è accaduto, Marcella? - domandò dopo un mo.

mento di silenzio prima di accomiatarsi.

Essa lo guardò, incerta se dovesse rispondere.

Edgardo era diventato ormai il suo unico amico, il solo che la sapesse confortare e consigliare; ma pure non poteva confidare nemmeno a lui tutto il segreto del suo dolore, e tacque.

Egli non volle insistere; però dopo un momento di riflessione disse:

E se quello che tu non vuoi dire io lo sapessi già? se ti avessi letto nel pensiero?...

Marcella lo guardò perplessa e turbata."

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Stasera riprese Edgardo con sicurezza hai risoluto quello che devi fare nell' avvenire.

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E come vuoi effettuare la tua risoluzione; quando?... Ma essa non lo lasciò finire. mente.

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Non lo so,

replicò breve

Passarono molti giorni e molte settimane dopo quella sera. La crudele certezza che aveva avuto Marcella che tutto fosse finito ormai tra Flavio e lei, la stessa certezza di non amarlo più, si dileguava a momenti, per tornare più viva dopo poco tempo; e così si erano alternati nell'animo suo il dubbio di non

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