Celestial, giacer dall' altra parte, Grave alla terra per lo mortal gelo. Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte, 31 Armati ancora, intorno al padre loro, Mirar le membra de' Giganti sparte. Vedea Nembrot appiè del gran lavoro, 34 Quasi smarrito, e riguardar le genti Che in Sennaar con lui superbi foro. O Niobè, con che occhi dolenti Vedeva io te segnata in sulla strada O Saul, come in sulla propria spada 37 40 73 79 82 Più era già per noi del monte volto, 85 97 A questo annunzio vengon molto radi. 94 103 106 109 112 Quivi ben ratta dall' altro girone : Ma quinci e quindi l' alta pietra rade. Noi volgendo ivi le nostre persone, Beati pauperes spiritu, voci Cantaron si che nol diria sermone. Ahi! quanto son diverse quelle foci Dalle infernali; chè quivi per canti S'entra, e laggiù per lamenti feroci. Già montavam su per li scaglion santi, 115 Ed esser mi parea troppo più lieve, Che per lo pian non mi parea davanti : Ond' io: 'Maestro, di', qual cosa greve 118 Levata s' è da me, che nulla quasi Per me fatica andando si riceve ?' Rispose: 'Quando i P che son rimasi Ancor nel volto tuo presso ch' estinti, Saranno, come l' un, del tutto rasi, 121 13 Fece del destro lato al mover centro, E la sinistra parte di sè torse. 'O dolce lume, a cui fidanza i' entro 16 Stanno ai perdoni a chieder lor bisogna, E l'uno il capo sopra l' altro avvalla, Perchè in altrui pietà tosto si pogna, Non pur per lo sonar delle parole, Ma per la vista che non meno agogna. E come agli orbi non approda il sole, Cosi all' ombre, là v' io parlav' ora, Luce del ciel di sè largir non vuole ; Chè a tutte un fil di ferro il ciglio fora, 70 E cuce si, come a sparvier selvaggio Si fa, però che queto non dimora. A me pareva andando fare oltraggio, Veggendo altrui, non essendo veduto: Perch'io mi volsi al mio consiglio saggio. Ben sapev' ei che volea dir lo muto; E però non attese mia domanda ; Ma disse: Parla, e sii breve ed arguto.' Virgilio mi venia da quella banda 64. 67 73 76 79 Della cornice, onde cader si puote, Perchè da nulla sponda s' inghirlanda 94 97 Più là alquanto che là dov' io stava; Ond' io mi feci ancor più là sentire. Tra l'altre vidi un'ombra che aspettava 100 In vista; e se volesse alcun dir: 'Come?' Lo mento, a guisa d' orbo, in su levava. 'Spirto,' diss' io, che per salir ti dome, 103 Se tu se' quelli che mi rispondesti, Fammiti conto o per loco o per nome.' 'I' fui Sanese,' rispose, 'e con questi 106 Altri rimondo qui la vita ria, Lagrimando a colui, che sè ne presti. Savia non fui, avvegna che Sapia 109 118 In campo giunti coi loro avversari, Ed io pregai Iddio di quel ch' ei volle. Rotti fur quivi, e volti negli amari Passi di fuga, e veggendo la caccia, Letizia presi a tutte altre dispari : Tanto ch' io volsi in su l' ardita faccia, 121 Gridando a Dio: "Omai più non ti temo;" Come fa il merlo per poca bonaccia. Pace volli con Dio in sull' estremo Della mia vita; ed ancor non sarebbe Lo mio dover per penitenza scemo, Se ciò non fosse che a memoria m' ebbe 127 Pier Pettinagno in sue sante orazioni, A cui di me per caritate increbbe. Ma tu chi se', che nostre condizioni 124 130 Vai domandando, e porti gli occhi sciolti, Si come io credo, e spirando ragioni?' E chieggioti per quel che tu più brami, 148 Che spera in Talamone, e perderagli Più di speranza, che a trovar la Diana; Ma più vi metteranno gli ammiragli.' 154 CANTO DECIMOQUARTO. 'Chi è costui che il nostro monte cerchia, Prima che morte gli abbia dato il volo, Ed apre gli occhi a sua voglia e coperchia ?' 7 ΙΟ 'Non so chi sia; ma so ch' ei non è solo : 4 16 19 'Se ben lo intendimento tuo accarno 22 E l'altro disse a lui: 'Perchè nascose 25 Infin là 've si rende per ristoro 34 70 73 Così vid' io l' altr' anima, che volta Tanta sua grazia, non ti sarò scarso: 79 82 85 La casa Traversara, e gli Anastagi (E l' una gente e l' altra è diretata), Le donne e i cavalier, gli affanni e gli 61 Poscia gli ancide come antica belva: Molti di vita, e sè di pregio priva. Sanguinoso esce della trista selva; 64 Lasciala tal, che di qui a mill' anni Nello stato primaio non si rinselva.' Come all' annunzio de' dogliosi danni 67 Si turba il viso di colui che ascolta, Da qualche parte il periglio lo assanni; 112 Che ne invogliava amore e cortesia, Là dove i cor son fatti sì malvagi. O Brettinoro, chè non fuggi via, Poichè gita se n'è la tua famiglia, E molta gente per non esser ria? Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia, 115 E mal fa Castrocaro, e peggio Conio, Che di figliar tai Conti più s' impiglia: 31 Tosto sarà che a veder queste cose Noi montavam, già partiti da linci, 37 Cantato retro, e : 'Godi tu che vinci.' Lo mio Maestro ed io soli ambo e due 40 Suso andavamo, ed io pensai, andando, Prode acquistar nelle parole sue ; E dirizza' mi a lui si domandando : 43 'Che volle dir lo spirto di Romagna, E"divieto" e "consorto"menzionando?' Perch'egli a me: 'Disua maggior magagna Conosce il danno; e però non s' ammiri 47 Se ne riprende perchè men sen piagna. Perchè s' appuntan li vostri disiri 49 Dove per compagnia parte si scema, Invidia move il mantaco ai sospiri. Ma se l'amor della spera suprema 52 55 Torcesse in suso il desiderio vostro, Non vi sarebbe al petto quella tema; Chè per quanti si dice più lì nostro, Tanto possiede più di ben ciascuno, E più di caritate arde in quel chiostro.' 'Io son d' esser contento più digiuno,' 58 Diss' io, che se mi fossi pria taciuto, E più di dubbio nella mente aduno. 60 |