Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Era già l'ora che volge il disío

Ai naviganti, e intenerisce il core
Lo dì che han detto ai dolci amici addio;
E che lo novo peregrin d'amore
Punge, se ode squilla di lontano

Che paia il giorno pianger che si more;
Quand' io incominciai a render vano
L'udire, ed a mirare una dell'alme
Surta, che l'ascoltar chiedea con mano.
Ella giunse e levò ambe le palme,
Ficcando gli occhi verso l'oriente,

Come dicesse a Dio: D'altro non calme.
Te lucis ante sì divotamente

Le uscì di bocca, e con sì dolci note,
Che fece me a me uscir di mente.
E l'altre poi dolcemente e divote
Seguitar lei per tutto l'inno intero,
Avendo gli occhi alle superne rote.
Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero,
Chè il velo è ora ben tanto sottile
Certo, che 'l trapassar dentro è leggero.
Io vidi quello esercito gentile

Tacito poscia riguardare in sue,
Quasi aspettando, pallido ed umile;
E vidi uscir dell'alto e scender giue
Due angeli con due spade affocate,
Tronche e private delle punte sue.
Verdi, come fogliette pur mo'nate,

Erano in veste, che da verdi penne Percosse traean dietro e ventilate. L'un poco sovra noi a star si venne,

E l'altro scese in l'opposita sponda, Sì che la gente in mezzo si contenne. Ben discerneva in lor la testa bionda; Ma nelle facce l'occhio si smarria, Come virtù che a troppo si confonda.

4

Ambo vegnon del grembo di Maria,
Disse Sordello, a guardia della valle,
Per lo serpente che verrà via via.
Ond' io, che non sapeva per qual calle,
Mi volsi intorno, e stretto mi accostai
Tutto gelato alle fidate spalle 1.

Poco poi Sordello interrompe Virgilio che mostrava a Dante le tre stelle, immagine come dicemmo, delle virtù teologali, dicendo:

Vedi là il nostro avversaro;

E drizzò il dito perchè in là guatasse.
Da quella parte, onde non ha riparo

La piccola vallea, era una biscia,

Forse qual diede ad Eva il cibo amaro.
Fra l'erba ei fior venia la mala striscia,
Volgendo ad or ad or la testa, e il dorso
Leccando, come bestia che si liscia.
Io nol vidi, e però dicer nol posso,
Come mosser gli astor celestiali;
Ma vidi bene e l'uno e l'altro mosso.

Sentendo fender l'aere alle verdi ali,

Fuggìo il serpente, e gli angeli dier volta,
Suso alle poste rivolando iguali,

Chi bada solo al senso letterale di tutto il citato luogo non vede soddisfacente ragione che giustifichi la preghiera di quelle anime, nè l'assalto mosso dal nemico infernale in quel luogo, nè la difesa impetrata dalla B. V., nè l' assembramento

1 VIII, 1.

di tutte quelle ombre nella stessa valle. Ma rimuovendo il velo della parola, secondo che ne ammonisce il Poeta, ogni cosa si spiega a meraviglia nel senso morale allegorico che vi sta sotto. Giusta il quale impariamo, che nessun penitente, come che già sulla via della espiazione, e per quantunque fermo nel proposito di mutar vita, non deve mai porre in oblio il gran precetto del Vangelo Vegliate ed orate affinchè non entriate nella tentazione 1; non potendo egli mai fidarsi alle sole proprie forze, nè credersi francato da ogni tentazione o pericolo di ricaduta, massime nel silenzio delle tenebre, quando il fascino delle passioni, latitanti piuttosto che estinte, diviene più pericoloso. Perciò vediamo il serpente che diede ed Eva il cibo amaro, simbolo della superbia donde ebbe origine tutta la caterva de'mali, venir via via tra l'erbe e tra li fiori insidiando alle ombre raccolte nella vallea, e queste invocare il soccorso celeste coll' inno della preghiera serotina usata nella chiesa Te lucis ante terminum, e raccomandarsi alla Regina del cielo Umile ed alta più che creatura, e al cenno di questa scendere due angeli che brandendo la spada fiammeggiante della carità rintuzzano l'assalto del nemico infernale.

Ma perchè mai Dante stanziò re e principi tutti quanti a scontarvi la pena dei loro falli in

1 Matt. XXVI, 41.

un sol luogo, medio tra il purgatorio e la spiaggia abitata da quelli che vissero impenitenti fino all'ultim'ora, e non piuttosto nei diversi gironi secondo la colpa di ciascuno? Dirò una mia opinione, pronto a disdirmi se altri ne pone in campo un'altra migliore. Forse il Poeta volle con questo fatto insinuare che chi tiene il sommo grado nella società non è bene che si accomuni agli altri peccatori nelle pubbliche esercitazioni di penitenza con detrimento dell'autorità suprema ond' è rivestito, alludendo al detto di S. Agostino: Ne dum nimium servatur humilitas, regendi amittatur auctoritas; ma vegliando ed orando ne' penetrali della sua reggia avvisi al modo di saldare il debito verso Dio e la propria coscienza, e di premunirsi contro la superbia e la libidine (che l'una e l'altra sono ugualmente adombrate dalla biscia insidiatrice), vizi propri delle corti voluttuose. Da queste norme il Poeta eccettua i Papi, due de'quali egli ne incontra nei gironi superiori; perocchè la pubblica osservanza delle più severe discipline evangeliche non disdice, anzi è ingiunta all'altezza della loro dignità di natura tutta diversa, dovendo il pastore farsi forma del gregge a lui soggetto in ogni specie di virtù cristiane 1.

Ep. I di S. Pietro v, 3.

CAPITOLO XII.

Lucia, l'Angelo vicario di San Pietro
e la porta del Purgatorio.

La bella dimora delle ombre principesche è l'estrema dell'antipurgatorio, da cui si spicca un'altissima grotta che circuisce la montagna e la rende inaccessibile da tutte bande senza l'aiuto di una virtù soprannaturale. Ma ecco Lucia soccorrere al grande uopo.

Lucia nemica di ciascun crudele, cui deve mostrarsi fedele ogni anima cristiana, chiesta, cioè, invocata da quella donna gentile che frange il duro giudizio di lassù nel cielo, ovvero da M. V., simbolo della divina misericordia; Lucia a cui si ricorre per la sanità della vista corporale, è senza dubbio figura sì della grazia chiamata dai teologi preveniente che rischiara di superno lume l'anima avvolta nella selva tenebrosa del peccato, onde conosca il suo stato miserando, e sì della grazia detta concomitante ed efficace che, rimuovendo ogni ostacolo, la conduce a salvamento. Conciossiachè l'uomo, scortato dalla ragione filosofica, possa bensì colla prima grazia, che d'ordinario viene concessa a tutti, concepire orrore pel vizio consideratane partitamente la intrinseca deformità e i tristi effetti che

« ÖncekiDevam »