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APPENDICE

ALLA PARTE PRIMA

SOPRA L'EPISODIO CONTENUTO NEGLI ULTIMI DUE CANTI

DEL PURGATORIO.

CAPITOLO I.

Esame delle opinioni di Dante sulla persona di alcuni papi e sul papato. Difesa del medesimo eome cattolico. Argomento di questo Episodio.

La cupidigia che i mortali affonda, simboleggiata nella maledetta lupa, cagione precipua di ogni disordine morale, religioso e civile, aveva colla sua rea influenza contaminato tutti quanti gli ordini sociali non esclusi gli ecclesiastici. E Dante, convinto che solo dall'esterminio di cotal peste ne potesse venire un principio di salute all'Italia ed al mondo, nella guerra da lui mossa contro di quella, era naturale che prendesse di mira anche il clero, e massime la corte di Roma a cui, qual era a' suoi tempi, attribuiva più che ad altro la colpa di quell'universale sconvolgimento. Ciò fa in molti luoghi del Poema; nè pago di questo, vi si ferma di proposito nei due ultimi Canti del Purgatorio, dove ne discorre con tale solenne apparato di figure che sembra aver egli per poco interrotto l'unità e il seguito del suo principale argomento. Tal

che noi, invece d'inserire a proprio luogo l'esposizione di un sì lungo brano (il che avrebbe distratto di soverchio l'attenzione del nostro lettore dalla morale allegoria del Poema), credemmo più spediente di darla a parte nella presente appendice.

Ma prima di entrare in materia sentiamo il debito di spendere alcune parole intorno ai gravi appunti che si fanno a Dante motivati da certe espressioni e figure di questi ultimi due Canti, e di altri luoghi paralleli della Commedia. Tre sono le accuse principali: le prime due di irriverenza e di esagerazione dove allude a Bonifacio VIII e ad altri papi de' suoi tempi, e dove accagiona dei mali, ond'era infetta la società, l'autorità e l'influenza grande che esercitavano questi nelle cose spettanti al governo civile de' popoli: la terza accusa è d'irreligione. Importa che le due prime siano ridotte al giusto valore, e che Dante sia giustificato sopra l'ultima.

Io non sarò di quelli che, divinizzando l'Alighieri anche ne' suoi eccessi, lo rappresentano quasi non fosse uomo di questo mondo nè soggetto, come tutti, ad essere traviato dalle passioni o tratto in inganno da false notizie, e si riportano ciecamente all'autorità di lui in ogni cosa. E a proposito di Bonifacio VIII non mi perito a dire col Muratori, che « non vi è obbligo di credere a "Dante troppo ghibellino che taglia da per tutto <i panni addosso al papa; ai giudizii del quale

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