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PARTE SECONDA

DELL'ALLEGORIA POLITICA

NELLA DIVINA COMMEDIA.

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Dante ghibellino, tempi di Dante. tato De Monarchia.

I Guelfi e i Ghibellini.

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Doti precipue del monarca universale, e sua giurisdizione sopra i singoli stati e governi.

Alcuni fra i novissimi interpreti sostenitori del concetto morale, qual fu da noi esplicato nella prima Parte di quest'opera, non paghi di combattere le esorbitanze della moderna scuola che non seppe vedere nella Divina Commedia fuor che un concetto esclusivamente politico, pare che inclinino di soverchio dal lato opposto, disconoscendo nel Poema e rigettando come immaginaria ogni allusione politica sotto veste allegorica. Io sto con quelli che nel sistema della précitata scuola moderna ravvisano un fondo di verità, ed ammettono nella Commedia un senso politico, ma secondario, e in tutto conforme alle dottrine sulla stessa materia che l'Autore ha disseminate in linguaggio piano e fuor di figura qua

e là nel Poema, ed ha più ampiamente sviluppato nel libro De Monarchia.

Di quest' Allegoria ho già toccato per incidenza nella prima Parte: ora ne ragionerò di proposito, premesso un sunto delle opinioni politiche professate dall'Alighieri quali si raccolgono dal complesso delle sue opere; con che mi aprirò la via a dimostrare dove, in che modo e fino a qual punto abbia egli adombrato nella Commedia tali sue opinioni.

La credenza di alcuni moderni, fra i quali il chiar. prof. Domenico Bongiovanni ', e lo stesso Giuseppe Giusti, che, argomentando sopra alcuni luoghi della Commedia e sopra alcune circostanze della vita di Dante, riuscirono alla conclusione non essere stato nè guelfo nè ghibellino, contrasta allo spirito che emerge dal complesso delle sue opere e alla concorde testimonianza di tutti gli scrittori contemporanei, non che di quelli che vennero appresso, fino ai nostri tempi. Se i prementovati chiosatori si fossero limitati a dimostrare che l'Alighieri non ebbe mai nulla che fare con quelle sêtte eretiche che sotto nome di ghibellini insegnavano errori dogmatici condannati dalla Chiesa, quali erano i così detti Fraticelli, un Marsilio da Padova, un Gianduno ed altri infetti di manicheismo; e che ricusò di accomu

1 Prolegomeni del nuovo Commento ec., della Divina Commedia. Forlì, Bordandini.

2 Scritti inediti ec. Firenze, Le Monni er.

nare l'opera sua con certi de'suoi tempi che si velavano del nome onorato di ghibellino per dare più libero sfogo alle loro private ambizioni, dei quali anzi riprovò a viso coperto i pazzi disegni ed il contegno ambiguo; od anche, che le opinioni politiche del poeta si erano modificate notabilmente col volgere degli anni e dei vari accidenti onde fu amareggiata la sua vita, non si sarebbero, io dico, discostati dal vero. Certo è che Dante, mentre sosteneva la carica di Priore nella sua patria guelfa, e pugnava a Campaldino contro i ghibellini di Arezzo, era guelfo sincero come furono sempre i suoi antenati e prossimani; 0 era ghibellino solo speculativamente, quale sembra che fosse anche poco più tardi quando scrisse il libro De Monarchia, cioè circa il 1302 secondo Carlo Witte. Dopo l'esilio, e massime negli ultimi anni del viver suo, non lascia più dubbio alcuno sul partito a cui si era decisamente appigliato.

Di tale variazione cui soggiacquero col lasso del tempo le idee politiche del nostro Autore, ne è prova lampante la diversità di linguaggio che si scorge tra il precitato libro De Monarchia, ed il Poema. Il primo, tutto che sia consecrato allo svolgimento delle dottrine ghibelline ed a dimostrarle vere, utili, anzi necessarie, il fa però con grande riserbo, e si contiene entro i termini della moderazione la più esemplare, << usando (sono sue parole) quella riverenza la

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