Sayfadaki görseller
PDF
ePub

più rispetto all' allegoria politica per la ragione già più volte indicata che questa non è la principale della Commedia.

CAPITOLO IV.

L'Inferno.

Il breve sunto da noi dato del prologo, o primo Canto, nel Capitolo precedente, fa palese essere questa la parte in cui l'allegoria politica spicca più evidentemente, siccome quella che venne dall'Autore congegnata con tanto artifizio da offerire due diverse interpretazioni in tutti i concetti, e direi quasi le parole, onde si compone. Circa questa parte importantissima del Poema noteremo altresì che ha luogo pur nel senso politico la massima da noi esplicata rispetto al morale; dove asserimmo che in essa parte sono prefigurati i tre regni e le cose più appariscenti ed essenziali che entrano nella composizione dell' Epopea; e di questo il lettore si persuaderà di leggieri applicando al politico tutto quanto si è detto in proposito ragionando del senso morale nel Capitolo VII, salvo alcune poche modificazioni che vengono suggerite dalle cose esposte nel Capitolo precedente. Noi dunque nella selva selvaggia ravviseremo l'Inferno, ossia l'Italia guelfa fatta indomita e selvaggia nelle tre fiere, i mo

[blocks in formation]

stri custodi dei cerchi infernali, od i tiranni che facevano dell' Italia il mal governo; nel colle, la montagna del Purgatorio, massime la sua vetta, ed anche il Paradiso, ossia l'Italia ghibellina; ed in Dante smarrito, le genti dolorose Ch' hanno perduto il ben dell' intelletto (cioè la ragione, che ciecamente sommettono al talento), le quali adombrano il partito guelfo. I vani tentativi di lui non per anco apparecchiato, e solo, per districarsi dagl' impedimenti della selva ed ascendere il colle, dinotano i travagli che sostenne dappoi nella discesa per l'Inferno e nella salita del Purgatorio, coronati di felice successo mediante gl'insegnamenti della filosofia ed il soccorso celeste; travagli che dovrà sostenere il popolo guelfo, e mezzi che saranno di aiuto al medesimo per risorgere da quello stato di morte a novella vita civile. Or passiamo a dire dell' Inferno, considerato prima nel suo complesso, poi nelle sue parti principali.

L'Inferno diviso e suddiviso in cerchi e fosse e bolge e sfere, dove non si trova che tenebre che dirupi che fetore che tormenti, dove non si odono che sospiri pianti e bestemmie, e non si vede che disordini e scompigli da medicare, che vizii e viziosi meritevoli di riprovazione, sotto la tirannia di demonii in forma di mostri schifosi, questo Inferno ci dà una immagine viva della serva Italia di dolore ostello, Nave senza nocchiero in gran tempesta, Non donna di provincie, ma bordello '; 1 Purg. VI, 76.

dell' Italia, dico, capovolta divisa e suddivisa in partiti innumerevoli che si rodevano l'un l'altro, e in piccoli stati di principati e di repubbliche; dove, quanti villani si ponevano a capo di un partito, tanti erano i tiranni che la straziavano; dove imperversavano tutti i vizii più nefandi e massime il più dannoso d'ogni altro, la cupidigia, che è quanto dire l'egoismo; senza un centro di unione, senza un'autorità suprema che vegliasse al mantenimento della pace ed alla osservanza delle leggi. Questo stato miserando dell'Italia guelfa e de'suoi abitatori bene è dipinto nelle parole di colore oscuro, che Dante vede scritte al sommo della porta dell' Inferno:

Per me si va nella città dolente,

Per me si va nell' eterno dolore,
Per me si va tra la perduta gente 1;

1

e in quelle altre che il Poeta aggiunge poco poi: Quivi sospiri, pianti ed alti guai

Risonavan per l'aer senza stelle,
Perch' io al cominciar ne lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle,
Parole di dolore, accenti d'ira,

Voci alte e fioche, e suon di man con elle,
Facevano un tumulto, il qual s'aggira
Sempre in quell'aria senza tempo tinta,
Come la rena quando il turbo spira".

Ma innumerevoli sono i brani di questa Cantica che dipingono al vivo l'Italia del tempo di Dante:

[blocks in formation]

io lascio il carico al lettore di appostarli e di farne l'applicazione.

La moltitudine dei reprobi appartenenti diverse parti d' Italia di cui Dante popola i cerchi infernali, e i tanti altri tuttor viventi quando egli finse il suo mistico viaggio, ai quali o apparecchia il posto laggiù conveniente alle lor colpe o designa alla pubblica esecrazione, italiani pur essi; e più ancora le pungenti satire e le amare invettive di cui fa segno così di frequente or questa or quella città d'Italia, sono altrettanti argomenti che concorrono a rendere vie più manifesto l'intendimento del Poeta nel senso da noi esplicato, cioè di offerirci nel suo Inferno delineata a grandi tratti una viva pittura dell'Italia del 1300, guelfa nella massima parte de' suoi cittadini e de' suoi governi. Questa pittura è la dimostrazione della sentenza contenuta nella seguente terzina:

Cerca, misera, intorno alle tue prode

Le tue marine, e poi ti guarda in seno
Se alcuna parte in te di pace gode 1.

Non si vuol inferire da ciò che nei singoli cerchi infernali abbia Dante voluto raffigurare i singoli stati d'Italia, o che ciascun tiranno di questi abbia il suo contrapposto in ciascun demonio di quei cerchi; perocchè, come già dicemmo e giova qui ripetere, l'allegoria politica,

1 Purg. VI, 85.

non essendo che secondaria, trova riscontro soltanto nelle parti essenziali dei tre regni, e non è necessario che vi sia rappresentata nei particolari. Ciò non pertanto Dante, che nel lungo vagare per le diverse parti della penisola ebbe occasione di conoscere appieno luoghi, genti e costumi, non potè a meno di alludere talvolta ad alcuni paesi o governi o personaggi dell'Italia viva e vera del 1300 nel descrivere che fece le varie parti del suo Inferno; il che giovò non poco a dare al suo poetico lavoro maggior vivezza e importanza di storia contemporanea. Citerò alcuni di questi raffronti per saggio e in via puramente d'ipotesi, lasciando al lettore libertà piena di ammetterli per veri o non, secondo che gli talenta, purchè ammetta che l'allegoria politica del poema nei limiti voluti dal suo autore non ha bisogno per reggersi di questi accidentali puntelli.

Dante, così ardente com'era di amor patrio e della brama di dare all' Italia un nuovo e miglior assetto politico, doveva di necessità riprovare l'infinita turba dei neghittosi, che, senza curarsi di partiti, di leggi, di ordinamenti civili, di pubblico bene hanno di mira soltanto i loro privati negozii, o circoscrivono la patria entro i brevi confini del loro dominio municipale. Chiama tutti costoro sciagurati che non fur mai vivi, e li danna nell'anti-inferno, mischiati a quel cattivo coro Degli angeli che non furon ribelli,

« ÖncekiDevam »