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di maniera che per tutte quelle doti che appartengono alla forma, quali sono: simmetrica distribuzione della materia, giusta proporzione delle parti, dolcezza ed armonia di verso, ricchezza di lingua, vaghezza, proprietà e potenza di stile maravigliosa e accomodata sempre alla natura del suggetto ec., pochissimi gli stanno al paro e non ha chi lo sorpassi. Sapeva ben egli che nessuno legge un poema disadorno di questi allettamenti, i quali costituiscono, secondo lui, la bellezza di un componimento, e che bastano già da soli a contentare la massima parte de' lettori aborrenti da soverchio travaglio ed applicazione di mente, i quali nella poesia cercano nulla più che il diletto. Codesto pregio della Commedia che diremo estrinseco, è sì cospicuo e di tanto momento che può ad essa convenire il bellissimo concetto espresso da Dante a proposito della sua Canzone allegorica: Voi che, intendendo, il terzo ciel movete; nell'ultima strofa della quale, che dicesi tornata, egli indirizza la parola alla Canzone, e ai lettori l'intenzione, nel seguente modo :

Canzone, io credo che saranno radi
Color che tua ragione intendan bene,
Tanto la parli faticosa e forte :
Onde se per ventura egli addiviene
Che tu dinanzi da persone vadi,

Che non ti paian d'essa bene accorte;
Allor ti prego che ti riconforte,
Dicendo lor, diletta mia novella;

Ponete mente almen com' io son bella.

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Ciò è quanto dire, come l'Autore stesso commenta: «O uomini che vedere non potete la sen❝ tenza (il senso allegorico) di questa Canzone u (e il discorso s'intenda rivolto a quei lettori « della Commedia mentovati qui sopra), non la « rifiutate però; ma ponete mente alla sua bel« lezza, che è grande, sì per costruzione, la « quale si pertiene alli grammatici; sì per l'ordine del sermone, che si pertiene alli rettorici; sì " per lo numero delle sue parti; che si pertiene แ « a' musici. Le quali cose in essa si possono belle ❝ vedere, per chi bene guarda » 1.

Ma sapeva altresì che il semplice diletto è mezzo e non fine della vera poesia, la quale deve essere fornita eziandio di bontà. « La bontà, dice ❝ nel Convito, e la bellezza di ciascuno sermo« ne sono intra loro partite e diverse, chè la bonu tà è nella sentenza, e la bellezza nell'ornamento « delle parole; e l'una e l'altra è con diletto, av

vegnachè la bontade sia massimamente diletto« sa » 2. Perciò attese in secondo luogo a condurre con grand'arte lo svolgimento dell'allegoria morale costituente la sostanza e la bontà vera e precipua del poema; allegoria che li lettori (al dire di lui) deono intentamente andare appostando per le scritture a utilità di loro, e di loro discenti 3 ; e come tale volle che procedesse disposata sempre al senso letterale, facendo servire questo di appoggio a

1 Conv. II,

12.

2 Ivi.

8 Conv. II,

1.

quella. Rimaneva il fine politico: fine secondario, di occasione, contenente una dottrina ravvolta nelle dubbiezze che sono comuni a tutte le umane speculazioni. Questo fine, per non distrarre di soverchio l'animo di chi legge dall'argomento primario, si tenne pago di adombrarlo nel Prologo e nelle parti più spiccate della storia letterale o favola, e di mantenerlo vivo con reminiscenze fuor di figura inserite qua e colà per incidenza; in guisa però che, anche prescindendo da esso, l'opera dovesse riescire ugualmente ordinata e completa, essendo la sostanza di questa diretta evidentemente a perfezionare nell'uomo i sentimenti religiosi e morali, scopo utilissimo rispetto a tutte le generazioni.

Ond'è che, dopo letto il divino Poema, se applichiamo la mente e considerarne da prima il tema importantissimo che è l'uomo, e il fine nobilissimo a cui tende che è Dio, e i mezzi altissimi indicati in esso per giungere più sicuramente a tal fine che è una vita privata e pubblica modellata su tutte sorta di virtù morali, religiose e cittadine; e ci facciam poscia ad ammirare l'insieme del quadro, e la gradazione dei colori proporzionata alla nobiltà delle figure che vi sono dipinte, ci par di udire nel segreto dell'animo la voce del Poeta che, quasi esprimendo il sugo del suo stupendo lavoro, intìmi a tutti quanti, presenti e posteri, infimi e supremi, benchè talvolta con linguaggio improntato dell' ira onde sentivasi

infiammato il petto generoso : « Tenetevi al certo: ❝ francatevi dalla schiavitù del vizio che vi abbru<< tisce: purificatevi dai perniciosi affetti che offu"scano l'intelletto: rendete libero, dritto e sano

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il vostro arbitrio coi mezzi che vi additano la « ragione e la religione. E quando, spenta in voi a la mala cupidigia che agogna a rapire l'altrui,

sarete informati alla carità verace che, pospo❝ sta ogni altra cosa, cerca soltanto Dio e il bene “ dell'uomo 1, vi appiglierete sempre al miglior « partito, eziandio nella scelta del civile reggi«mento da cui dipende la vostra felicità temแ porale, e in gran parte anche l'eterna ».

Sentenza, che consuona al dettato evangelico non mai posto in dimenticanza dai nostri antichi sommi che furono al dire ed al fare così interi: Cercate in prima il regno di Dio, e la sua giustizia, e tutto il rimanente vi sarù dato per giunta 2.

1 Mon. I.

2 S. Luca XII, 31.

FINE.

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VII.

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Pag. 3

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17

24

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35

Sui due sensi principali del Poe

ma, il letterale cioè e l'allego-
rico morale . . .

Concetto dell'allegoria morale.
II Prologo. - Significato delle tre
fiere della selva oscura.

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" 45

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55

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VIII. Configurazione dell' Inferno, e
suo significato giusta l'alle-
goria morale.

IX.

X.

Il gran Ve

" 77

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