Pien di dolcezza; indelibata, intera Il garzoncel, come inesperto amante, La sua vita ingannevole vagheggia, E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni Della mia prima età! sempre, parlando, Ritorno a voi; che per andar di tempo, Per variar d'affetti e di pensieri, Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo, Son la gloria e l'onor; diletti e beni Mero desio; non ha la vita un frutto, Inutile miseria. E sebben voti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro Il mio stato mortal, poco mi toglie La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta A voi ripenso, o mie speranze antiche, Ed a quel caro immaginar mio primo; Indi riguardo il viver mio sì vile
E si dolente, e che la morte è quello Che di cotanta speme oggi m' avanza ; Sento serrarmi il cor sento ch' al tutto Consolarmi non so del mio destino. E quando pur questa invocata morte Sarammi accanto e fia venuto il fine Della sventura mia; quando la terra Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo Risovverammi e quell' imago ancora Sospirar mi farà, farammi acerbo L'esser vissuto indarno e la dolcezza Del di fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto Di contenti, d'angosce e di desio, Morte chiamai più volte, e lungamente Mi sedetti colà su la fontana Pensoso di cessar dentro quell' acque La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco Malor, condotto della vita in forse, Piansi la bella giovanezza, e il fiore De' miei poveri di, che sì per tempo Cadeva e spesso all' ore tarde, assiso Sul conscio letto dolorosamente Alla fioca lucerna poetando, Lamentai co' silenzi e con la notte Il fuggitivo spirto, ed a me stesso In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri, O primo entrar di giovinezza, o giorni Vezzosi, inenarrabili, allor quando Al rapito mortal primieramente Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi (ILusitata maraviglia !) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l' accolga e chiami? Fugaci giorni! a somigliar d' un lampo Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa Quella vaga stagion, se il suo buon tempo, Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! e di te forse non odo Questi luoghi parlar? caduta forse Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita Che qui sola di te la ricordanza Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede Questa Terra natal : quella finestra Ond' eri usata favellarmi, ed onde Mesto riluce delle stelle il raggio, È deserta. Ove sei, che più non odo La tua voce sonar siccome un giorno, Quando soleva ogni lontano accento Del labbro tuo, ch' a me giungesse, Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno Fu la tua vita. Ivi danzando ; in fronte La gioia ti splendea, splendea negli occhi Quel confidente immaginar, quel lume Di gioventù, quando spegueali il fato E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna L'antico amor. Se a feste anco talvolta Se a radunanze io movo, infra me stesso Dico o Nerina a radunanze, a feste Tu non ti acconci più, tu più non movi. Se torna maggio, e ramoscelli e suoni Van gli amanti recando alle fanciulle, Dico Nerina mia , per te non torna Primavera giammai, non torna amore. Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch' io miro, ogni goder ch'io sento Dico Nerina or più non gode; i campi, L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno Sospiro mio passasti: e fia com pagna D'ogni mio vago immaginar, di tutti I miei teneri sensi, i tristi e cari
DI UN PASTORE ERRANTE DELL' ASIA (3).
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli ?
Ancor non prendi a schivo
Somiglia alla tua vita La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore
Move la greggia oltre pel campo, e vede Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera.
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna a che vale
Al pastor la sua vita,
La yostra vita a voi? dimmi: ove tende
« ÖncekiDevam » |