CANTO NOTTUR. DI UN PAST. ERR. Questo vagar mio breve, Il tuo corso immortale ? Vecchierel bianco, infermo, Con gravissimo fascio in su le spalle, Per sassi acuti, ed alta rena e fratte, 109 Al vento, alla tempesta, e quando avvampa e quando poi gela, L'ora, Corre via corre, anela, Varca torrenti e stagni Cade, risorge, e più e più s' affretta Senza posa o ristoro, Lacero, sanguinoso; infin ch' arriva E dove il tanto affaticar fu volto: Abisso orrido, immenso 2 Ov' ei precipitando, il tutto obblia. Vergine luna, tale È la vita mortale. Nasce l'uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento Per prima cosa; e in sul principio stesso Il prende a consolar dell' esser nato. L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre Studiasi fargli core, E consolarlo dell' umano stato : Altro officio più grato Non si fa da parenti alla lor prole. Perchè reggere in vita Chi poi di quella consolar convenga ? Se la vita è sventura, Perchè da noi si dura? È lo stato mortale. Ma tu mortal non sei, E forse del mio dir poco ti cale. Pur tu, solinga, eterna peregrina Che si pensosa sei tu forse intendi Questo viver terreno Il patir nostro, il sospirar, che sia ; E perir dalla terra e venir meno Il perchè delle cose e vedi il frutto della sera 9 Del mattin Del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo a qual suo dolce amore A chi giovi l' ardore, e che procacci Mille cose sai tu, mille discopri, Che son celate al semplice pastore. Star così muta in sul deserto piano, Seguirmi viaggiando a mano a mano; A che tante facelle? Che fa l'aria infinita, e quel profondo E dell' innumerabile famiglia; Per tornar sempre la donde son mosse ; Uso alcuno, alcun frutto Indovinar non so. Ma tu per certo, Che degli eterni giri Che dell' esser mio frale Avrà fors' altri; a me la vita è male. O greggia mia che posi, oh te beata, Che la miseria tua, credo, non sai ! Quanta invidia ti porto! Non sol perchè d'affanno Ch' ogni stento, ogni danno " Ma più perchè giammai tedio non provi. Tu se' queta e contenta; E gran parte dell' anno Senza noia consumi in quello stato. Ed io pur seggo sovra l'erbe, all' ombra, E un fastidio m'ingombra La mente ed uno spron quasi mi 9 punge Si che, sedendo, più che mai son lunge Da trovar pace o loco. E pur nulla non bramo E non ho fino a qui cagion di pianto. Non so già dir; ma fortunata sei, Ed io godo ancor poco, O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno. A bell' agio, ozioso, S'appaga ogni animale; Me, s' io giaccio in riposo, il tedio assale (10)? Forse s'avess' io l'ale Da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una, O come il tuono errar di giogo in giogo, Più felice sarei, candida luna. O forse erra dal vero , Mirando all' altrui sorte, il mio pensiero : Stato che sia, dentro covile o cuna, |