34 NELLE NOZZE DELLA SOR. PAOL. Ch' oggi non fa, pur consolata e paga È quella tomba cui di pianto onora L'alma terra nativa. Ecco alla vaga Tua spoglia intorno la romulea prole Di nova ira sfavilla. Ecco di polve Lorda il tiranno i crini; E libertade avvampa Gli obbliviosi petti; e nella doma In duri ozi sepolta Femmineo fato ayviya un'altra volta. V. A UN VINCITORE NEL PALLONE. Di gloria il viso e la gioconda voce, Garzon bennato, apprendi, E quanto al femminile ozio sovrasti Gli antichi esempi a rinnovar prepara. Del barbarico sangue in Maratona Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, Nè la palma beata e la corona Tal che le greche insegne e il greco acciaro Guidò de' Medi fuggitivi e stanchi Nelle pallide torme onde sonaro Di sconsolato grido L'alto sen dell' Eufrate e il servo lido. Vano dirai quel che disserra e scote Le riposte faville? e che del fioco Negli ozi oscuri e nudi Mutò la gente i gloriosi studi. Tempo forse verrà ch' alle ruine Delle italiche moli Sentano i sette colli; e pochi Soli Dal rimembrar delle passate imprese. Alla patria infelice, o buon garzone, Sopravviver ti doglia. Chiaro per lei stato saresti allora Che del serto fulgea di ch'ella è spoglia, Ma per te stesso al polo ergi la mente. Nostra vita a che val? solo a spregiarla : Beata allor che ne' perigli avvolta, Se stessa obblia, nè delle putri e lente Ore il danno misura e il flutto ascolta; Beata allor che il piede Spinto al varco leteo, più grata riede. VI. BRUTO MINORE. Poi che divelta, nella tracia (5) polve Giacque ruina immensa L'italica virtute, onde alle valli Prepara il fato, e dalle selve ignude A spezzar le romane inclite mura Sudato, e molle di fraterno sangue, E di feroci note Invan la sonnolenta aura percote. Stolta virtù, le cave nebbie, i campi Dell' inquiete larve Son le tue scole e ti si volge a tergo Il pentimento. A voi, marmorei numi, |